Salvare Asia Bibi: cresce la mobilitazione contro la legge sulla blasfemia in Pakistan
In Pakistan prosegue la protesta della società civile contro la condanna a morte per
blasfemia di Asia Bibi, la donna cristiana di 45 anni e madre di 5 figli. Intanto
nel Paese sono molteplici le richieste di abolizione della legge sulla blasfemia.
Ce ne parla Marco Guerra:
Appelli,
pressioni, raccolte di firme e offerte di assistenza giuridica. In Pakistan si allarga
il fronte trasversale di protesta contro la condanna a morte di Asia Bibi. La mobilitazione
vede l’impegno di organizzazioni umanitarie, attivisti per i diritti umani, movimenti
religiosi cattolici e protestanti e di moltissimi esponenti di spicco del mondo musulmano.
Il coro che sale da più parti è unanime: “Cancellare la condanna e abrogare la controversa
legge sulla blasfemia che incoraggia l’estremismo islamico e costringe le minoranze
a vivere sotto una costante minaccia”. I rappresentati pachistani di Human Rights
Watch e di Life for All sottolineano che le condanne per blasfemia quasi sempre vengono
cancellate in appello dalle Corti più alte. Questo perché la norma è spesso utilizzata
come uno strumento per risolvere questioni personali. Il vescovo cattolico di Islamabad
- Rawalpindi, mons. Rufin Anthony, afferma che la legge è abusata e manipolata con
motivazioni grette e che è tempo di eliminarla per rendere il Pakistan un Paese moderno.
Già da un anno la Commissione Giustizia e pace in Pakistan ha chiesto l’abolizione
della legge sulla blasfemia, raccogliendo oltre 75 mila firme di cristiani e musulmani.
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha lanciato una raccolta di firme in Francia e in Italia.
Altre associazioni hanno varato campagne in India e negli Stati Uniti e Alexander
John Malik, vescovo anglicano di Lahore, assicura il sostegno della sua comunità per
la raccolta delle adesioni. Critiche alla sentenza contro Asia Bibi e alla legge sulla
blasfemia si diffondono anche nel mondo musulmano. Muhammad Hafiz, accademico musulmano
ribadisce che “l’islam insegna a proteggere le minoranze religiose”. Non meno significativa
la manifestazione delle organizzazioni delle donne pakistane tenutasi ieri davanti
ai palazzi delle istituzioni governative a Nankana. “Pakistan Catholic Women Organization”
ha denunciato la mancanza di una seria indagine sia della polizia sia del tribunale
che ha emesso la sentenza. Intanto i legali di Life for All hanno incontrato ieri
Asia Bibi in carcere per stilare la richiesta di appello contro la sentenza. Prima
di essere eseguita, la condanna ha bisogno di essere confermata dall’Alta corte di
Lahore. Gli avvocati confidano sul fatto questo tipo di crimini difficilmente riescono
ad essere provati davanti alle corti federali.
Ma perchè si assiste in
Pakistan ad un aumento di violenze e discriminazioni contro le minoranze religiose?
Emanuela Campanile ne ha parlato con Paolo Affatato, dell’agenzia Fides:
R. – Secondo
un recente rapporto della Commissione giustizia e pace dei vescovi pakistani, il trend
delle violenze ai danni delle minoranze religiose, fra i quali i cristiani, è in netta
crescita. Questo dà un quadro della situazione. Uno degli elementi che più danneggiano
le minoranze religiose è la cosiddetta legge sulla blasfemia, che prevede l’ergastolo
o anche la pena capitale per tutti coloro che dissacrano il nome di Maometto o il
libro sacro dell’Islam, che è il Corano. Il punto è che questa legge viene abusata
e costituisce uno strumento per colpire i più deboli, anche - e soprattutto - i cristiani
e le minoranze religiose.
D. - Perché questo accanimento nei confronti
di minoranze religiose, che, oltre ad essere indifese, non rappresentano nemmeno una
minaccia dal punto di vista politico?
R. - Le minoranze sono discriminate.
Questa è una prassi sociale che avviene fin dalla prima infanzia, nelle scuole, laddove
i cristiani - per esempio - non possono accedere ad alcuni servizi, non possono addirittura
bere allo stesso rubinetto o andare allo stesso negozio, dove possono invece accedere
i musulmani: sono casi di vera e propria apartheid quelli si registrano. I cristiani
- ma anche le minoranze indù sono spesso emarginate - appartengono, tra l'altro, alle
fasce più deboli e non hanno spesso accesso all’istruzione. In questo quadro c’è anche,
appunto, una volontà di sopraffazione.
D. - Dal sito della vostra agenzia
spesso arriva la denuncia di violenze inaudite contro i cristiani nel silenzio generale.
Il silenzio di chi?
R. – Prima di tutto c’è un silenzio delle istituzioni.
Per questo la comunità cristiana si rivolge spesso alla Comunità internazionale o
fa appello alla Chiesa universale, al Santo Padre, a tutti coloro che possono alzare
la voce e fare pressione a tutti i livelli per tutelare e difendere i diritti dei
cristiani.
D. – La Comunità internazionale come risponde?
R.
– Devo dire che ultimamente c’è stata una mobilitazione a partire da quest’ultimo
caso di questa donna, Asia Bibi, ma anche in passato, riguardo altri casi che hanno
visto i cristiani vittime di violenze, anche atroci. Ci sono stati governi europei
che hanno alzato la voce e hanno cercato di tutelare e di compiere anche passi politici.
Il Parlamento europeo ha approvato una Risoluzione per la tutela delle minoranze religiose
in Pakistan e di recente anche le Nazioni Unite. Il punto è che a queste voci bisognerà
poi unire dei passi concreti e far sì che il governo pachistano possa cambiare strategia
e fare dei passi avanti per la difesa della libertà e dei diritti delle minoranze.
D.
– Per quanto riguarda Asia Bibi, ci sono stati anche dei musulmani che hanno preso
le sue difese?
R. – Questa legge antiblasfemia colpisce anche i musulmani.
Fra i mille casi che negli ultimi vent’anni sono stati ufficialmente registrati, la
maggior parte riguarda musulmani. Questa legge viene utilizzata per colpire un avversario,
chiunque esso sia: basta una testimonianza e si può registrare una denuncia. Questa
legge non prevede l’onere della prova a carico dell’accusa. Ci sono larghi settori
della società civile musulmana che oggi sono contrari a questa legge e chiedono che
la legge venga abrogata. Questo a testimonianza che c’è anche una ‘intellighenzia’
musulmana nel Paese, che è illuminata e moderata che difende i diritti anche delle
minoranze. (bf)