2010-11-16 15:54:07

Il Concilio Vaticano II, bussola del Terzo millennio


Nella nostra rubrica dedicata al Concilio Vaticano II oggi parliamo della questione della riforma della Chiesa. Un argomento che continua a suscitare vivaci dibattiti. Benedetto XVI afferma che il “sempre necessario rinnovamento della Chiesa” deve avvenire nella continuità: la Chiesa “è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino”. Ascoltiamo in proposito la riflessione del padre gesuita Dariusz Kowalczyk, docente di Teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana:RealAudioMP3

Dopo che Papa Giovanni XXIII aveva convocato il Concilio e lo aveva spinto al famoso “aggiornamento” della fede, tra i Padri conciliari “era maturata – come ha detto Joseph Ratzinger – una forte volontà di rischiare qualcosa di nuovo, uscendo dagli schemi scolastici già avviati, rischiando anche una nuova libertà”. Si sentiva la speranza e il desiderio di rinnovare la Chiesa, di fare una riforma secondo la locuzione latina “Ecclesia semper reformanda”, cioè la Chiesa è sempre bisognosa di riforme. Ma in che cosa consiste la riforma della Chiesa? Il padre Yves Congar pubblicò nel 1950 il famoso testo: “Vera e falsa riforma nella Chiesa”. Dunque, non ogni riforma porta frutti buoni. Non ogni cambiamento (o novità) è per il bene della Chiesa. Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Vaticano II ricordò che “altra è la sostanza dell’antica dottrina del depositum fidei e altra è la formulazione del suo rivestimento”. Le parole del Papa fanno pensare a quel detto evangelico “il padrone di casa estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). Ogni vera riforma della Chiesa consiste nel ritrovare un equilibrio tra ciò che si può e dovrebbe cambiare e ciò che è inalterabile, tra novità e ciò che va ripreso e continuato. Congar nel suo testo sulla riforma della Chiesa, ri-edito nel 1968, scrisse: Si richiede che l'aggiornamento conciliare [...] si spinga fino ad un totale radicalismo evangelico e all'invenzione, ad opera della Chiesa, d'un modo d'essere, di parlare d'impegnarsi, che risponda alle esigenze di un totale servizio evangelico al mondo”. Ecco, la riforma consiste – e così la comprendevano i Padri conciliari – in una radicalizzazione della fede nel servizio al mondo che cambia. Purtroppo in alcuni ambienti della Chiesa la riforma è stata compresa in maniera sbagliata, cioè limitata semplicemente alle facilitazioni e agli adattamenti. Joseph Ratzinger parlava addirittura di un “annacquamento della fede”. Allora, se torniamo al Vaticano II e ci interroghiamo sulla riforma iniziata dal Concilio, la questione non è come mettersi comodi e rendere il cattolicesimo più facile, ma come vivere ancor di più la fede cattolica.







All the contents on this site are copyrighted ©.