Colombia: migliaia di genitori, insegnanti e studenti contro la "cattedra di aborto"
Migliaia di colombiani, politici, insegnanti, genitori, ragazzi, sono scesi in piazza
a Medellín e a Bogotá per protestare contro la cosiddetta «cattedra di aborto», un
progetto che mira a insegnare ai bambini e ai giovani della Colombia che «l'aborto
è un diritto». La manifestazione, organizzata dalla Pro Antioquia Red Life, è stata
scandita dal «sì alla vita, no all'aborto» e da momenti di riflessione sulla «sacralità
della vita, dono meraviglioso e irrinunciabile che non può essere manipolato nè sopresso
in nome della libertà e dell'eugenetica». In particolare i manifestanti, nel riaffermare
il diritto alla vita e all'integrità di ogni essere umano dal concepimento alla morte,
hanno espresso dissenso su alcune proposte «ispirate a una prospettiva di genere
che attuano una presunta educazione sessuale che visibilmente sta portando ad abusi
per quanto riguarda la contraccezione, a un diffuso disordine sessuale tra gli adolescenti,
che ormai considerano la pratica dell'aborto come un evento normale, legato a scelte
personali, egoistiche e di comodo». I manifestanti hanno rivolto un appello agli operatori
sanitari che per la loro professione hanno la responsabilità di essere «custodi e
servitori della vita umana». A ogni medico - riferisce L'Osservatore Romano - è chiesto
di impegnarsi «per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità. Lo
scorso anno la Corte costituzionale colombiana ha dato il via libera a una sentenza
che permette l'adozione di nuove misure che promuovono la pratica dell'aborto, la
cui depenalizzazione è stata approvata nel 2006 per i casi di stupro, malformazione
genetica e incesto. Nella sentenza, i magistrati hanno dato un limite di tre mesi
ai ministeri dell'Istruzione e della Protezione Sociale perché includano nei programmi
educativi la promozione dei diritti sessuali e riproduttivi, tra cui l'aborto, che
devono essere presentati in «termini semplici e chiari». La sentenza indica anche
che la sovrintendenza per la Salute dovrà assicurare che tutte le entità che prestano
servizi sanitari «rispettino il diritto delle donne di abortire». Per questo, hanno
abolito il permesso giudiziario che finora era necessario per effettuare l'aborto
in qualunque struttura. Il segretario della Conferenza episcopale colombiana, monsignor
Juan Vicente Córdoba Villota, aveva respinto la nuova sentenza: «Noi educatori cattolici
non insegneremo questo. Insegneremo il rispetto della vita. Un popolo cattolico e
cristiano, un popolo che non accetta l'aborto, non può permettere che cinque persone,
sei persone decidano per 43 milioni di colombiani. Questa non è democrazia». (R.P.)