Italia: cresce tra i giovanissimi la dipendenza dai social network
La dipendenza da “amici condivisi”, come su Facebook, può diventare una prigione e
cresce sempre di più tra i giovanissimi. E’ necessario che i genitori accorcino il
divario con i propri figli. Così in sintesi il dott. Federico Tonioni, direttore
del Centro di cura per psicopatologie derivate da Internet, dell’Università Cattolica
del Sacro Cuore di Roma. La struttura attiva da poco più di un anno ha in cura circa
150 pazienti. L’80 per cento è dipendente da social network e gioco d’azzardo ed ha
un’età compresa tra i 12 e i 21 anni. Massimiliano Menichetti ha intervistato
lo stesso dott. Tonioni.
R. – Ci
sono due fasce di pazienti: quelli cosiddetti più grandi dai 33-35 anni in su, dediti
soprattutto alla pornografia on-line e al gioco d’azzardo on-line, che hanno consapevolezza
di aver sviluppato una dipendenza. Poi c’è un gruppo molto più vasto – circa l’80
per cento – che sono adolescenti o pre-adolescenti, hanno un’età che va dagli 11
anni fino ai 21 anni e sono dediti soprattutto ai social network e ai giochi d’azzardo
on-line.
D. – In questa seconda fascia c’è la consapevolezza di aver
sviluppato dipendenza?
R. – Non hanno, a differenza dei primi, una consapevolezza
perché non hanno mai conosciuto un “prima” del computer, essendo nati in piena digitalizzazione.
D.
– Cosa succede, ad esempio, in un ragazzo che comincia a diventare schiavo del social
network, dell’incontro virtuale?
R. – Soprattutto un aumento dell’ideazione
paranoidea, ovvero della tendenza a controllare l’altro. Quando questo si verifica
è, francamente, patologico.
D. – Come si sviluppa la dipendenza da “amici
condivisi” su Internet, su Facebook e come si cura?
R. – La dipendenza
da amici condivisi può diventare una prigione perché, soprattutto negli adolescenti,
per il fatto di poter vivere un’amicizia senza presentare il proprio corpo, fisicamente
inteso - e questo è uno dei problemi degli adolescenti in toto, perché il corpo cambia
e molto spesso, in certi casi, è molto poco accettato - può subentrare una forma di
accettazione, un accontentarsi di vivere delle relazioni in maniera parziale: parlandosi
ma senza la possibilità di toccarsi e di viversi fisicamente. Questo noi lo curiamo
con la psicoterapia, quindi incontri individuali e poi di gruppo.
D.
– Quali sono le differenze tra l’incontro reale e l’incontro virtuale, per la persona?
R.
– La differenza è tanta, perché quando i corpi fisicamente intesi e non rappresentati
con una foto nel social network, sono vicini, anche a livello di distanza fisica,
si attiva quella che viene definita la comunicazione non verbale. Un rossore dice
molto di più di una frase. I nostri corpi comunicano in continuazione al di fuori
del nostro controllo cosciente, per cui la comunicazione non verbale non è un’alternativa
alla comunicazione verbale ma è l’essenza della comunicazione stessa. Questo, nei
social network, non si attiva.
D. – Poi la comunicazione diventa anche
frammentaria, si può anche mentire, essere altro…
R. – Assolutamente
sì e soprattutto quasi mai è intima, perché il comunicare non è introspettivo ma è
rappresentativo, ovvero si esplica soprattutto nel “fuori” e molto meno nel “dentro”.
D.
– Non bisogna demonizzare Internet ed i social network: ma quando è uno strumento
utile e quando invece diventa uno strumento negativo?
R. – Quando si
accompagna anche ad una vita “dal vivo” è sicuramente funzionale alla vita reale stessa.
Quando invece tende a sostituirla, ovviamente non è così. Per cui quando si nota una
sorta di estraniamento dalla realtà, mancanza di piacere nelle attività fatte extra-web
e, in ogni caso, una sorta di distacco progressivo, di disinvestimento dalla realtà
autenticamente vissuta, siamo in presenza di un caso preoccupante.
D.
– Lei ribadisce: “l’80 per cento dei nostri utenti sono anche bambini”. Quale consiglio
si può dare ai genitori per cercare di non innescare queste patologie?
R.
– Essere presenti, vicini ai figli, senza controllarli a loro insaputa. Provare con
loro a re-innescare una relazione d’intimità di prossimità, perché ricordiamoci che
una delle manifestazioni di questo fenomeno è proprio l’evidenza di una distanza aumentata
rispetto a quanto di solito ci aspettavamo. (vv)