A Milano ieri sera la Veglia per la vita nascente in occasione della vigilia dell’Avvento
Per la vigilia della prima domenica d’Avvento secondo il rito ambrosiano, l’arcivescovo
di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha presieduto ieri sera in Duomo una solenne
Eucaristia. Il porporato, raccogliendo l’invito di Papa Benedetto XVI, in occasione
dell’inizio del nuovo Anno Liturgico ha guidato una Veglia per la vita nascente per
ringraziare il Signore e invocarne la protezione “su ogni essere umano chiamato all’esistenza”.
È stata la celebrazione di un nuovo inizio, dunque, e “ogni inizio porta con sé una
grazia particolare – ha esordito l’arcivescovo - il mistero grande e affascinante
del Dio che si fa uno di noi”. “È proprio l’Incarnazione a rivelarci con luce intensissima
e in modo sorprendente che ogni vita ha una dignità altissima, incomparabile, quasi
infinita”, ha detto ancora, mettendo in relazione l’inizio dell’Anno Liturgico e la
celebrazione, prossima, della nascita di Gesù, con il tema voluto dal Pontefice. “Tutto
ciò che è contrario alla vita sarà sconfitto; a esistere e a rimanere per sempre,
sarà soltanto la vita”. Il cardinale, arrivando alla gioia della Resurrezione di Cristo,
ricorda, quindi, qual è il destino di ogni vita umana, cioè essere chiamata non a
morire, ma a risorgere: “Ogni momento della nostra vicenda personale, come pure della
storia dell’umanità, può diventare o momento di morte, ossia chiusura egoistica verso
gli altri e verso Dio, o momento di vita, se vissuto per amore, come dono di sé a
Dio e ai fratelli”. La Resurrezione di Cristo, dunque, non è solo “speranza nel domani
meraviglioso” che Dio ha preparato per noi dopo la morte, ma è “presenza, perché nella
fede e nella vita stessa vi è anticipazione invisibile, ma reale di quel domani”.
La pagina del Vangelo di Marco, poi, ha dato lo spunto al porporato per parlare della
seconda venuta di Gesù alla fine dei tempi, sottolineandone il messaggio di speranza:
“Il Vangelo ci chiede di guardare oltre le fatiche e le nebbie della storia, oltre
il crollare delle nostre fragili certezze, oltre gli insuccessi delle nostre iniziative
– ha evidenziato – ci chiede di guardare con decisione a un futuro che è edificato
da Dio stesso, l’unico vero e grande protagonista”. Un pensiero che contemporaneamente
consola ed esorta “alla vigilanza e alla prontezza”, con la coscienza che “il futuro
lo si costruisce pazientemente nella storia”. Tornando alla vita, il cardinale, riferendosi
alle minacce contro di essa del mondo di oggi, ne ha parlato in termini di “problema
culturale, che può sciogliersi solo con una vera e propria conversione della mente
e del cuore”. Se viene meno la cura per la vita, infatti, è perché viene meno anzitutto
la fede. Sulla Terra, quindi, la vita ha bisogno di essere “apprezzata con sincerità,
ammirata con stupore”, ma anche “accolta dentro uno sguardo di fede e servita in un
contesto d’amore”, “onorata e trattata come vita della persona che è unità di corpo
e anima, incontro con gli altri e con Dio”. Da qui, un ringraziamento a tutti coloro
che si dedicano in modo specifico “ad accogliere e custodire la vita umana nelle diverse
situazioni di fragilità, in particolare agli inizi, quando la vita muove i suoi primi
passi”. “Siamo il Popolo della vita e per la vita – il cardinale Tettamanzi ha ricordato
le parole di Giovanni Paolo II – siamo mandati come popolo: l’impegno a servizio della
vita grava su tutti e su ciascuno”. (A cura di Roberta Barbi)