Dedicata a Santa Francesca Cabrini, patrona dei migranti, la Stazione centrale di
Milano. Il cardinale Bertone: non c'è progresso senza accoglienza
“Una grande donna lombarda che con la sua profonda fede e instancabile attività può
costituire un’icona del nostro tempo, una testimonianza coerente dei contenuti della
Dottrina sociale della Chiesa”: così il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone,
nel suo discorso per la Dedicazione della Stazione Centrale di Milano a Santa Francesca
Saverio Cabrini, patrona dei migranti. Presenti all’evento anche l’arcivescovo del
capoluogo lombardo, Dionigi Tettamanzi, mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio
Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, e il sindaco della città
Letizia Moratti. Il servizio di Cecilia Seppia:
Una ragazza
come tante, figlia di agricoltori, una “maestrina” di Sant’Angelo Lodigiano, che un
giorno, fu chiamata dal suo parroco per dirigere una scuola a Codogno, scuola che
poco dopo, il 10 novembre del 1880 diventava l’Istituto delle Missionarie del Sacro
Cuore. Santa Francesca Saverio Cabrini, dice il cardinale Bertone, può essere considerata
“un’icona dei nostri tempi, la testimonianza vivente della Dottrina sociale della
Chiesa”. Voleva essere missionaria in Cina, spiega il porporato, poi l’incontro con
Leone XIII, le cambiò la vita. Il Papa le disse: “La tua Cina sono gli Stati Uniti,
lì vi sono tanti italiani emigrati che hanno bisogno di assistenza”. Ancora una voltà
obbedì, lasciò tutto e partì alla volta degli Usa, sostenuta da una fede incrollabile.
Qui accade qualcosa di sorprendente. Nel giro di poco tempo fondò scuole, ospedali,
orfanatrofi, si dedicò alla cura dei carcerati, poi si spese incessantemente perché
i tanti immigrati in quelle terre, poveri ed emarginati, potessero esprimere al meglio
la ricchezza di patrimonio culturale e religioso che portavano dall'Italia. Coniugando
integrazione e accoglienza afferma il cardinale Bertone - si faceva così ogni giorno
“migrante con i migranti”.
Istancabile viaggiatrice, Francesca, non
conosceva sosta né riposo e tante volte, sottolinea il segretario di Stato, questa
stazione la vide con le sue valige prendere il treno: da New York a Boston, da Chicago
a New Orleans, da Managua e Buenos Aires, poi di nuovo a Codogno. Dovunque c'era bisogno
di una testimonianza cristiana, là c’era lei con le sue suore. Dedicarle questo luogo,
punto di arrivo e di partenza di correnti migratorie, vuol dire ricordare a quanti
si addentreranno tra queste mura e tra questi binari- afferma il porporato - che “non
c’è progresso senza accoglienza generosa e disinteressata”. Quindi l'invito a non
dimenticare, come ha scritto Benedetto XVI nella sua Caritas in Veritate, la sofferenza
vissuta da quanti sono stati costretti a trovare una nuova Patria: quel carico immenso
di disagio e aspirazioni che accompagna le migrazioni. Infine, il monito a rispettare
i diritti fondamentali del migrante per giungere insieme allo sviluppo dei popoli.