A Seoul, in Corea del Sud, dove si svolge il G20, si profila non un accordo ma un
semplice compromesso. Il vertice sembra destinato a non registrare passi avanti sui
nodi chiave della vigilia. Molte delle parentesi e dei punti in sospeso della bozza
del comunicato finale sembrano essere state 'riempite'. Ma sugli squilibri commerciali
e la cosiddetta 'guerra dei cambi', al momento, non vi sarebbero - secondo quanto
si apprende da fonti che seguono i lavori - significativi progressi rispetto alle
divisioni della vigilia. Dopo la cena di apertura dei leader gli sherpa sono tornati
al lavoro per un nuovo round di negoziati, ma la sensazione è che alcuni nodi saranno
rimandati alla presidenza francese di Nicolas Sarkozy che dopo Seoul assumerà la guida
del G20. In definitiva i punti-chiave, sui quali si cerca un compromesso, sono i rapporti
valutari e gli squilibri delle bilance commerciali. Ma da questo incontro possono
uscire risposte concrete alla crisi mondiale? Giancarlo La Vella lo ha chiesto
a Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna.
R. – Sarebbe
veramente un peccato sprecare un’opportunità del genere in questo preciso momento
storico. I temi in agenda sono di centrale importanza; pensiamo al concetto di dignità
del lavoro, un lavoro cioè che non debba umiliare la persona umana nelle sue fondamentali
prerogative. In secondo luogo è necessario affrontare il tema dei beni comuni globali:
aria, acqua, foreste, ecc. Si tratta di beni che non sono né privati né pubblici,
ma sono di uso comune. Per risolvere problemi di questo tipo è necessaria una strategia
di cooperazione. Al contrario, mettere i Paesi ricchi contro i Paesi poveri provocherebbe
veramente un disastro.
D. - Come gli auspici del Papa possono inserirsi
nel dibattito in corso al G20 di Seul?
R. – Giustamente il Papa afferma
l’urgenza di arrivare ad una qualche “governance”, cioè un’autorità mondiale – non
intesa come gestione globale – che abbia regole condivise, valevoli a livello transnazionale
e basate su due principi: i centri di potere devono essere equamente distribuiti e
non essere nelle mani di pochi Paesi e l’affermazione del principio di sussidiarietà
a livello transnazionale. Ma tutto questo bisogna volerlo! Ecco, perché questo summit
del G20 potrebbe costituire – se i capi di Stato e di governo lo volessero – un punto
di svolta radicale.
D. – La crisi economica è ancora una volta al centro
di un importante vertice internazionale: se ne sta parlando ormai da oltre un anno
senza risultati concreti. Secondo lei, professor Zamagni, questa crisi è stata sottovalutata?
R.
– Non è stata sottovalutata, ma è stata male valutata, perché si continua a pensare
che questa crisi sia come quella del ’29, causata dall’errore umano. Questa, invece,
è una crisi strutturale, poiché è dovuta al fatto che l’area della finanza speculativa
ha finito col sommergere l’area reale dell’economia. Se non si interviene sulla struttura,
il rischio è che qualche anno un’altra crisi potrebbe ripetersi. Questa crisi non
è figlia di errori umani; è figlia di un’errata concezione dell’economia, e in particolare
della finanza, che è stata indirizzata ad un fine malvagio. Direi che l’intervento
del Papa va proprio in questa direzione.(bf)