2010-11-10 14:54:01

A Nairobi la Conferenza dei teologi in Africa


“Re-inventare l’Africa”: è stato questo il filo conduttore degli interventi della terza giornata di lavori della Conferenza panafricana dei teologi del continente che prosegue a Nairobi, in Kenya. A 50 anni dall’indipendenza di molti Stati che la compongono e dalla fine del colonialismo, il tema dello sviluppo della Chiesa d’Africa è ancora attuale e su questo ha centrato il suo intervento il vescovo di Grand-Bassam, in Costa d’Avorio, mons. Raymond Ahua. Secondo il presule, infatti, l’impegno ecclesiale deve partire dalla concezione del ruolo della Chiesa stessa e dagli insegnamenti della Chiesa universale, contenuti in documenti come la “Popolorum progressio” o la “Sollecitudo rei socialis”. Fondamentali, a tal proposito, i missionari e la loro attività in favore della promozione umana, della libertà della donna, della lotta alla povertà e della difesa della giustizia. Sulla necessità di salvaguardare l’ecumenismo si è concentrato, invece, il professor Jeissy Mugambi, che ha invitato i cristiani a un’unità che miri allo sviluppo dei vari Paesi. Hariette Danet, docente dell’Istituto san Cipriano di Yaoundé, in Camerun, ha condotto per mano i partecipanti alla riscoperta di due figure fondamentali: san Cipriano, appunto, che ha lottato per l’unità della Chiesa, ed il beato John Henry Newman che ha dimostrato come la Chiesa, quando è legata un’entità territoriale, sia prigioniera. Entrambi costituiscono due modelli di unità per le Chiese d’Africa. Raymond Goudjo, professore del Benin, ha esortato a guardare al futuro e ha evidenziato la necessità di educare i giovani africani alla responsabilità e all’autogestione. Della sfida dell’evangelizzazione ha invece parlato Victor Onwukeme dalla Nigeria, invitando a rivolgere lo sguardo verso le città, che anche il prof. Alain Dosseh del Benin, nel suo intervento, ha definito fondamentali nell’opera di evangelizzazione dei popoli, in quanto qui vengono prese le decisioni politiche e perché spesso i loro abitanti hanno perso il contatto con le proprie radici più profonde. (Da Nairobi, padre Joseph Ballong)







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