Pakistan. La denuncia della società civile: "Gli aiuti non arrivano agli alluvionati"
Gli aiuti umanitari e i contributi donati dagli Stati esteri per la ricostruzione
post-alluvioni si perdono nei rivoli della corruzione e non arrivano agli sfollati.
È la denuncia che giunge all’agenzia Fides da organizzazioni della società civile
pakistana. Secondo stime ufficiali, il governo degli Stati Uniti ha contribuito per
oltre 463 milioni di dollari all’emergenza. Alcuni giorni fa è giunta in Pakistan
anche una delegazione del governo cinese, che si è impegnato per la ricostruzione
di ponti, strade, aree agricole, infrastrutture, scuole per un importo globale di
250 milioni di dollari: è il maggior contributo di sempre dato da Pechino per motivi
umanitari a un paese estero. Ma, secondo le denunce delle Ong, ben pochi di questi
fondi, che passano attraverso diversi enti governativi, arrivano agli alluvionati,
che in molte aree affrontano un severo problema di sicurezza alimentare. Per questo
un cartello di Ong ha proposto al governo di erogare prestiti a interessi zero ai
piccoli contadini che, avendo perso raccolti e bestiame, sono al limite della sopravvivenza.
“Il 50% delle aree colpite dalle inondazioni è ancora impossibile da coltivare e deve
essere bonificato: questa situazione avrà un impatto grave sull’agricoltura e sulla
produzione di cibo: per questo il governo deve prorogare il sostegno alimentare per
sei mesi, o la fame è dietro l’angolo”, notano le Ong. Posizione, questa, condivisa
anche dal “World Food Programme” dell’Onu. Intanto in numerosi villaggi nel Sindh
e nel Punjab mancano acqua, elettricità, gas, cibo, “ma anche istruzione, servizi
sociali e speranza per il futuro”, dicono fonti di Fides. “Il benessere e la vita
normale sono ancora un miraggio e questa situazione persistente può essere terreno
di coltura per l’estremismo islamico”. La gente dice che “il governo pensa solo ai
ricchi e non si occupa della massa di poveri, colpiti dal disastro”. La protesta dei
profughi percorre anche vie legali: tre denunce ufficiali sono state presentate all’Alta
Corte contro il District Coordination Officer (Dco) della città di Larkana, nella
provincia del Sindh, accusato di “corruzione e di discriminazione nella distribuzione
di beni e servizi, che sono condizionati da influenze politiche”. Secondo centinaia
di sfollati che hanno sottoscritto le denunce, alcune aree alluvionate sono state
completamente ignorate dalla autorità, come i villaggi di Taluka Warrah, Mirpur e
Khandoo, sommersi ma esclusi dalla lista dei beneficiari. In tale situazione di pena
e sconforto, i cristiani continuano a dare prova di carità, sacrificio e servizio
all’umanità sofferente. Nei giorni scorsi il vescovo di Karachi, mons. Evarist Pinto,
a capo di una équipe della Caritas diocesana, si è recato in visita nelle zone più
povere del Sindh, dove stazionano molte famiglie di alluvionati abbandonate a se stesse.
“E’ stato scioccante vedere le condizioni di vita di questi disperati, la stanchezza
e la sofferenza dipinta sui loro volti. E’ stato particolarmente triste vedere le
donne e i bambini: molti di loro sono malati per mancanza di cibo, di medicine e per
le condizioni igieniche. Bambini e ragazzi sono stati costretti a interrompere la
scuola”, ha raccontato a Fides un membro della delegazione. Il vescovo ha detto agli
sfollati, in maggioranza musulmani. “Siamo vostri fratelli e sorelle. Vi assicuriamo
che non siete soli. Preghiamo per voi e cercheremo di assistervi tramite la Caritas
in questo momento difficile. L’umanità è una sola famiglia: cercheremo di mantenere
con voi un legame di amore e di armonia”. (R.P.)