L'Europa non abbia paura, si apra a Dio! Così il Papa nella Messa a Santiago de Compostela
“L’Europa deve aprirsi a Dio, uscire all’incontro con Lui senza paura, lavorare con
la sua grazia per quella dignità dell’uomo che avevano scoperto le migliori tradizioni:
oltre a quella biblica, fondamentale a tale riguardo, quelle dell’epoca classica,
medievale e moderna, dalle quali nacquero le grandi creazioni filosofiche e letterarie,
culturali e sociali dell’Europa”: così il Papa, nell’omelia della Santa Messa da lui
presieduta nella Plaza del Obradoiro di Santiago di Compostela. Benedetto XVI ha affermato
che “Croce e amore, croce e luce sono stati sinonimi nella nostra storia, perché Cristo
si lasciò inchiodare in essa per darci la suprema testimonianza del suo amore, per
invitarci al perdono e alla riconciliazione, per insegnarci a vincere il male con
il bene. Non smettete di imparare – è l’esortazione del Pontefice - le lezioni di
questo Cristo dei crocicchi dei cammini e della vita, in lui ci viene incontro Dio
come amico, padre e guida. O Croce benedetta, brilla sempre nelle terre dell’Europa!
Lasciate che proclami da qui – ha proseguito il Papa - la gloria dell’uomo, che avverta
delle minacce alla sua dignità per la privazione dei suoi valori e ricchezze originari,
l’emarginazione o la morte inflitte ai più deboli e poveri. Non si può dar culto a
Dio senza proteggere l’uomo suo figlio e non si serve l’uomo senza chiedersi chi è
suo Padre e rispondere alla domanda su di lui. L’Europa della scienza e delle tecnologie,
l’Europa della civilizzazione e della cultura, deve essere allo stesso tempo l’Europa
aperta alla trascendenza e alla fraternità con altri continenti, al Dio vivo e vero
a partire dall’uomo vivo e vero. Questo è ciò che la Chiesa desidera apportare all’Europa:
avere cura di Dio e avere cura dell’uomo, a partire dalla comprensione che di entrambi
ci viene offerta in Gesù Cristo”. “È una tragedia – ha quindi osservato - che in Europa,
soprattutto nel XIX secolo, si affermasse e diffondesse la convinzione che Dio è l’antagonista
dell’uomo e il nemico della sua libertà. Con questo si voleva mettere in ombra la
vera fede biblica in Dio, che mandò nel mondo suo Figlio Gesù Cristo perché nessuno
muoia, ma tutti abbiano la vita eterna”. E’ invece “necessario che Dio torni a risuonare
gioiosamente sotto i cieli dell’Europa; che questa parola santa non si pronunci mai
invano; che non venga stravolta facendola servire a fini che non le sono propri. Occorre
che venga proferita santamente. È necessario che la percepiamo così nella vita di
ogni giorno, nel silenzio del lavoro, nell’amore fraterno e nelle difficoltà che gli
anni portano con sé”. Ecco il testo integrale dell’omelia del Papa:
Amatissimi
fratelli in Gesù Cristo.
Rendo grazie a Dio per il dono di poter essere
qui, in questa splendida piazza ricolma di arte, cultura e significato spirituale.
In questo Anno Santo, giungo come pellegrino tra i pellegrini, accompagnando tanti
che vengono fin qui assetati della fede in Cristo risorto. Fede annunciata e trasmessa
fedelmente dagli Apostoli, come san Giacomo il Maggiore, che si venera a Compostela
da tempo immemorabile.
Sono grato per le gentili parole di benvenuto
di Monsignor Julián Barrio Barrio, Arcivescovo di questa Chiesa particolare, e per
la cortese presenza delle Loro Altezze Reali i Principi delle Asturie, dei Signori
Cardinali, così come dei numerosi Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio. Il mio
saluto cordiale giunga anche ai Parlamentari Europei, membri dell’intergruppo “Camino
de Santiago”, come pure alle Autorità Nazionali, Regionali e Locali che hanno voluto
essere presenti a questa celebrazione. Tutto ciò è segno di deferenza verso il Successore
di Pietro e anche del profondo sentimento che san Giacomo di Compostela risveglia
in Galizia e negli altri luoghi della Spagna, la quale riconosce l’Apostolo come suo
Patrono e protettore. Un caloroso saluto anche alle persone consacrate, seminaristi
e fedeli che partecipano a questa Eucaristia e, con un’emozione particolare, ai pellegrini,
costruttori del genuino spirito giacobeo, senza il quale si capirebbe poco o nulla
di quello che qui si svolge.
Una frase della prima lettura afferma
con ammirevole semplicità: “Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della
risurrezione del Signore Gesù” (At 4,33). In effetti, al punto di partenza di tutto
ciò che il cristianesimo è stato e continua ad essere non si trova un’iniziativa o
un progetto umano, ma Dio, che dichiara Gesù giusto e santo di fronte alla sentenza
del tribunale umano che lo condannò come blasfemo e sovversivo; Dio, che ha strappato
Gesù Cristo dalla morte; Dio, che farà giustizia a tutti quelli che sono ingiustamente
gli umiliati della storia.
“Di questi fatti siamo testimoni noi e lo
Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono” (At 5,32), dicono gli
apostoli. Così infatti essi diedero testimonianza della vita, morte e resurrezione
di Cristo Gesù, che conobbero mentre predicava e compiva miracoli. A noi, cari fratelli,
spetta oggi seguire l’esempio degli apostoli, conoscendo il Signore ogni giorno di
più e dando una testimonianza chiara e valida del suo Vangelo. Non vi è maggior tesoro
che possiamo offrire ai nostri contemporanei. Così imiteremo anche san Paolo che,
in mezzo a tante tribolazioni, naufragi e solitudini, proclamava esultante: “Noi […]
abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza
appartiene a Dio, e non viene da noi” (2Cor 4,7).
Insieme a queste
parole dell’Apostolo dei gentili, vi sono le parole stesse del Vangelo che abbiamo
appena ascoltato, e che invitano a vivere secondo l’umiltà di Cristo, il quale, seguendo
in tutto la volontà del Padre, è venuto per servire, “e dare la propria vita in riscatto
per molti” (Mt 20, 28). Per i discepoli che vogliono seguire e imitare Cristo, servire
il fratello non è più una mera opzione, ma parte essenziale del proprio essere. Un
servizio che non si misura in base ai criteri mondani dell’immediato, del materiale
e dell’apparente, ma perché rende presente l’amore di Dio per tutti gli uomini e in
tutte le loro dimensioni, e dà testimonianza di Lui, anche con i gesti più semplici.
Nel proporre questo nuovo modo di relazionarsi nella comunità, basato sulla logica
dell’amore e del servizio, Gesù si rivolge anche ai “capi dei popoli”, perché dove
non vi è impegno per gli altri sorgono forme di prepotenza e sfruttamento che non
lasciano spazio a un’autentica promozione umana integrale. E vorrei che questo messaggio
giungesse soprattutto ai giovani: proprio a voi, questo contenuto essenziale del Vangelo
indica la via perché, rinunciando a un modo di pensare egoistico, di breve portata,
come tante volte vi si propone, e assumendo quello di Gesù, possiate realizzarvi pienamente
ed essere seme di speranza.
Questo è ciò che ci ricorda anche la celebrazione
di questo Anno Santo Compostelano. E questo è quello che nel segreto del cuore, sapendolo
esplicitamente o sentendolo senza saperlo esprimere a parole, vivono tanti pellegrini
che camminano fino a Santiago di Compostela per abbracciare l’Apostolo. La stanchezza
dell’andare, la varietà dei paesaggi, l’incontro con persone di altra nazionalità,
li aprono a ciò che di più profondo e comune ci unisce agli uomini: esseri in ricerca,
esseri che hanno bisogno di verità e di bellezza, di un’esperienza di grazia, di carità
e di pace, di perdono e di redenzione. E nel più nascosto di tutti questi uomini risuona
la presenza di Dio e l’azione dello Spirito Santo. Sì, ogni uomo che fa silenzio dentro
di sé e prende le distanze dalle brame, desideri e faccende immediati, l’uomo che
prega, Dio lo illumina affinché lo incontri e riconosca Cristo. Chi compie il pellegrinaggio
a Santiago, in fondo, lo fa per incontrarsi soprattutto con Dio, che, riflesso nella
maestà di Cristo, lo accoglie e benedice nell’arrivare al Portico della Gloria.
Da
qui, come messaggero del Vangelo che Pietro e Giacomo firmarono con il proprio sangue,
desidero volgere lo sguardo all’Europa che andò in pellegrinaggio a Compostela. Quali
sono le sue grandi necessità, timori e speranze? Qual è il contributo specifico e
fondamentale della Chiesa a questa Europa, che ha percorso nell’ultimo mezzo secolo
un cammino verso nuove configurazioni e progetti? Il suo apporto è centrato in una
realtà così semplice e decisiva come questa: che Dio esiste e che è Lui che ci ha
dato la vita. Solo Lui è assoluto, amore fedele e immutabile, meta infinita che traspare
dietro tutti i beni, verità e bellezze meravigliose di questo mondo; meravigliose
ma insufficienti per il cuore dell’uomo. Lo comprese bene santa Teresa di Gesù quando
scrisse: “Solo Dio basta”.
È una tragedia che in Europa, soprattutto
nel XIX secolo, si affermasse e diffondesse la convinzione che Dio è l’antagonista
dell’uomo e il nemico della sua liberà. Con questo si voleva mettere in ombra la vera
fede biblica in Dio, che mandò nel mondo suo Figlio Gesù Cristo perché nessuno muoia,
ma tutti abbiano la vita eterna (cfr Gv 3,16).
L’autore sacro afferma
perentorio davanti a un paganesimo per il quale Dio è invidioso dell’uomo o lo disprezza:
come Dio avrebbe creato tutte le cose se non le avesse amate, Lui che nella sua infinita
pienezza non ha bisogno di nulla? (cfr Sap 11,24-26). Come si sarebbe rivelato agli
uomini se non avesse voluto proteggerli? Dio è l’origine del nostro essere e il fondamento
e culmine della nostra libertà, non il suo oppositore. Come l’uomo mortale si può
fondare su se stesso e come l’uomo peccatore si può riconciliare con se stesso? Come
è possibile che si sia fatto pubblico silenzio sulla realtà prima ed essenziale della
vita umana? Come ciò che è più determinante in essa può essere rinchiuso nella mera
intimità o relegato nella penombra? Noi uomini non possiamo vivere nelle tenebre,
senza vedere la luce del sole. E, allora, com’è possibile che si neghi a Dio, sole
delle intelligenze, forza delle volontà e calamita dei nostri cuori, il diritto di
proporre questa luce che dissipa ogni tenebra? Perciò, è necessario che Dio torni
a risuonare gioiosamente sotto i cieli dell’Europa; che questa parola santa non si
pronunci mai invano; che non venga stravolta facendola servire a fini che non le sono
propri. Occorre che venga proferita santamente. È necessario che la percepiamo così
nella vita di ogni giorno, nel silenzio del lavoro, nell’amore fraterno e nelle difficoltà
che gli anni portano con sé.
L’Europa deve aprirsi a Dio, uscire all’incontro
con Lui senza paura, lavorare con la sua grazia per quella dignità dell’uomo che avevano
scoperto le migliori tradizioni: oltre a quella biblica, fondamentale a tale riguardo,
quelle dell’epoca classica, medievale e moderna, dalle quali nacquero le grandi creazioni
filosofiche e letterarie, culturali e sociali dell’Europa.
Questo Dio
e questo uomo sono quelli che si sono manifestati concretamente e storicamente in
Cristo. Cristo che possiamo trovare nei cammini che conducono a Compostela, dato che
in essi vi è una croce che accoglie e orienta ai crocicchi. Questa croce, segno supremo
dell’amore portato fino all’estremo, e perciò dono e perdono allo stesso tempo, dev’essere
la nostra stella polare nella notte del tempo. Croce e amore, croce e luce sono stati
sinonimi nella nostra storia, perché Cristo si lasciò inchiodare in essa per darci
la suprema testimonianza del suo amore, per invitarci al perdono e alla riconciliazione,
per insegnarci a vincere il male con il bene. Non smettete di imparare le lezioni
di questo Cristo dei crocicchi dei cammini e della vita, in lui ci viene incontro
Dio come amico, padre e guida. O Croce benedetta, brilla sempre nelle terre dell’Europa!
Lasciate
che proclami da qui la gloria dell’uomo, che avverta delle minacce alla sua dignità
per la privazione dei suoi valori e ricchezze originari, l’emarginazione o la morte
inflitte ai più deboli e poveri. Non si può dar culto a Dio senza proteggere l’uomo
suo figlio e non si serve l’uomo senza chiedersi chi è suo Padre e rispondere alla
domanda su di lui. L’Europa della scienza e delle tecnologie, l’Europa della civilizzazione
e della cultura, deve essere allo stesso tempo l’Europa aperta alla trascendenza e
alla fraternità con altri continenti, al Dio vivo e vero a partire dall’uomo vivo
e vero. Questo è ciò che la Chiesa desidera apportare all’Europa: avere cura di Dio
e avere cura dell’uomo, a partire dalla comprensione che di entrambi ci viene offerta
in Gesù Cristo.
Cari amici, eleviamo uno sguardo di speranza a tutto
ciò che Dio ci ha promesso e ci offre. Che Egli ci doni la sua forza, rinvigorisca
quest’Arcidiocesi compostelana, vivifichi la fede dei suoi figli e li aiuti a mantenersi
fedeli alla loro vocazione di seminare e dare vigore al Vangelo, anche in altre terre.
Che san Giacomo, l’amico del Signore, ottenga abbondanti benedizioni per la Galizia,
per le altre genti della Spagna, dell’Europa e di tanti altri luoghi al di là dei
mari, dove l’Apostolo è segno di identità cristiana e promotore dell’annuncio di Cristo.