Rapporto Undp sullo sviluppo umano: in Asia 844 milioni di poveri
Metà delle persone povere del pianeta (circa 844 milioni) vivono nell’Asia meridionale
ma è l’Africa sub-sahariana (con 458 milioni di persone) ad avere maggiori povertà
di diverso tipo. Sono i dati allarmanti che emergono nel Rapporto dell’ Undp- Il Programma
delle Nazioni Unite per lo Sviluppo - pubblicato ieri, che introduce quest’anno tre
nuove misurazioni: disuguaglianza complessiva, disuguaglianza di sesso e povertà multidimensionale,
per integrare il tradizione Indice di sviluppo umano (Isu), una misura nazionale di
salute, istruzione e reddito per 169 Paesi. Stando ai numeri i Paesi con il più basso
indice di sviluppo umano nel mondo sono il Niger, la Repubblica Democratica del Congo
e lo Zimbabwe, dove a fare da contraltare allo sviluppo, sono le costanti violazioni
dei diritti umani subiti dalla popolazione civile. Ai primi posti nella classifica
dell’Onu invece ancora la Norvegia, l’Australia e Nuova Zelanda. Negli ultimi 40 anni
– si legge nel rapporto - la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo ha realizzato
“progressi impressionanti”, anche se “sottostimati” nei campi della sanità, dell’istruzione
e degli standard di vita fondamentali. I miglioramenti più marcati sono avvenuti in
Oman, Cina, Nepal, Indonesia, Arabia Saudita, Laos, Tunisia, Sud Corea, Algeria e
Marocco. Tra le prime 10 nazioni per l’Isu 2010 vi sono: Stati Uniti, Irlanda, Liechtenstein,
Paesi Bassi, Canada, Svezia e Germania. In fondo alla graduatoria sono invece: Mali,
Burkina Faso, Liberia, Ciad, Guinea-Bissau, Mozambico Burundi. Dal Rapporto emergono
però “ampie disuguaglianze all’interno e fra le nazioni”, “profonde disparità tra
donne e uomini”, e la prevalenza di una “povertà multidimensionale estrema” in Asia
meridionale e Africa sub-sahariana. In particolare le 10 nazioni con la minore uguaglianza
tra i sessi in ordine discendente, sono Camerun, Costa d’Avorio, Liberia, Repubblica
Centrafricana, Papua Nuova Guinea, Afghanistan, Mali, Niger, la Repubblica Democratica
del Congo e lo Yemen. Le società che presentano, invece, un rapporto più equilibrato
fra i sessi sono nei Paesi Bassi, in Danimarca e Svezia. “Il rapporto mostra che complessivamente,
le persone oggi sono più sane, ricche, e istruite che in passato - nota Helen Clark,
amministratore dell’Undp -. I Paesi possono fare molto per migliorare le vite delle
persone anche in condizioni avverse. Ciò richiede delle coraggiose leadership locali,
come pure l’impegno continuativo della comunità internazionale”. Negli ultimi 40 anni,
ad esempio, l’aspettativa di vita è balzata dai 59 anni del 1970 ai 70 del 2010; le
iscrizioni scolastiche sono aumentate dal 55% per tutti i bambini in età di scuola
primaria e secondaria al 70%; e il Pil pro capite è raddoppiato a più di 10mila dollari
Usa. La regione che negli ultimi 40 anni, ha registrato il più rapido progresso in
termini di sviluppo, è stata l’Asia orientale, guidata da Cina e Indonesia. Anche
i Paesi arabi hanno segnato importanti progressi. Numerose nazioni dell’Africa sub-sahariana
e dell’ex Unione Sovietica sono invece rimaste indietro, a causa dell’impatto dell’Aids,
dei conflitti, degli sconvolgimenti economici. Nel corso degli ultimi 40 anni l’aspettativa
di vita è diminuita in Bielorussia, Ucraina e federazione Russa e in sei Paesi dell’Africa
sub-sahariana: Repubblica Democratica del Congo, Lesotho, Sud Africa, Swaziland, Zambia
e Zimbabwe. Le disuguaglianze di reddito più elevate al mondo sono in America Latina,
soprattutto in Argentina, Venezuela e Haiti. Migliorano, invece, in Brasile e Cile.
Nonostante le continue avversità anche molte nazioni africane hanno compiuto progressi:
tra queste, Etiopia, Botswana, Benin e Burkina Faso. (C.S.)