Urgente la formazione di laici cattolici impegnati con coerenza in politica per il
bene comune: così il Papa alla plenaria di Giustizia e Pace
E’ particolarmente urgente la formazione di laici cattolici impegnati con coerenza
nella vita sociale e politica a favore del bene comune: è quanto scrive in sintesi
il Papa nel suo Messaggio al card. Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, letto questa mattina in apertura dell’Assemblea
Plenaria del Dicastero, in corso fino a domani a Roma. “La dottrina sociale della
Chiesa – afferma il Papa - rappresenta il riferimento essenziale per la progettualità
e la azione sociale dei fedeli laici, nonché per una loro spiritualità vissuta, che
si nutra e s'inquadri nella comunione ecclesiale: comunione di amore e di verità,
comunione nella missione. I christifideles laici, però, proprio perché traggono energie
ed ispirazione dalla comunione con Gesù Cristo, vivendo integrati con le altre componenti
ecclesiali, debbono trovare al loro fianco sacerdoti e Vescovi capaci di offrire un’instancabile
opera di purificazione delle coscienze, insieme con un indispensabile sostegno e aiuto
spirituale alla coerente testimonianza laicale nel sociale”. Il Papa poi sottolinea
che nell'attuale contesto di globalizzazione, gli squilibri socio-economici “non sono
affatto scomparsi. Sono mutati i soggetti, le dimensioni delle problematiche, ma il
coordinamento tra gli Stati – spesso inadeguato, perché orientato alla ricerca di
un equilibrio di potere, piuttosto che alla solidarietà - lascia spazio a rinnovate
disuguaglianze, al pericolo del predominio di gruppi economici e finanziari che dettano
- ed intendono continuare a farlo - l'agenda della politica, a danno del bene comune
universale”. Per questo, diventa sempre più necessario “preparare fedeli laici capaci
di dedicarsi al bene comune, specie negli ambiti più complessi come il mondo della
politica”. Ecco il testo del Messaggio:
Al Venerato Fratello il
Cardinale PETER KODWO APPIAH TURKSON Presidente del Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace
1. In occasione dell'Assemblea Plenaria,
desidero anzitutto ringraziare il Dicastero per il suo molteplice impegno nell'aiutare
tutta la Chiesa, particolarmente questa Sede Apostolica, in una rinnovata evangelizzazione
del sociale, agli inizi del terzo millennio. Non solo le singole persone, ma i popoli
e la grande famiglia umana attendono - a fronte di ingiustizie e forti diseguaglianze
- parole di speranza, pienezza di vita, l'indicazione di Colui che può salvare l'umanità
dai suoi mali radicali.
2. Come ricordavo nella mia Enciclica Caritas
in veritate - seguendo le orme del Servo di Dio Paolo VI - l'annuncio di Gesù Cristo
è “il primo e principale fattore di sviluppo” (n. 8). Grazie ad esso, infatti, si
può camminare sulla strada della crescita umana integrale con l'ardore della carità
e la sapienza della verità in un mondo in cui, sovente, la menzogna insidia l'uomo,
la società, la condivisione. E' vivendo la “carità nella verità” che possiamo offrire
uno sguardo più profondo per comprendere le grandi questioni sociali e indicare alcune
prospettive essenziali per la loro soluzione in senso pienamente umano. Solo con la
carità, sostenuta dalla speranza e illuminata dalla luce della fede e della ragione,
è possibile conseguire obiettivi di liberazione integrale dell'uomo e di giustizia
universale. La vita delle comunità e dei singoli credenti, alimentata dall'assidua
meditazione della Parola di Dio, dalla regolare partecipazione ai Sacramenti e dalla
comunione con la Sapienza che viene dall'alto, cresce nella sua capacità di profezia
e di rinnovamento delle culture e delle istituzioni pubbliche. Gli ethos dei popoli
possono così godere di un fondamento veramente solido, che rafforza il consenso sociale
e sostanzia le regole procedurali. L'impegno di costruzione della città poggia su
coscienze guidate dall'amore a Dio e, per questo, naturalmente orientate verso l'obiettivo
di una vita buona, strutturata sul primato della trascendenza. “Caritas in veritate
in re sociali”: così mi è parso opportuno descrivere la dottrina sociale della Chiesa
(cfr. ibid., n. 5), secondo il suo radicamento più autentico - Gesù Cristo, la vita
trinitaria che Egli ci dona - e secondo tutta la sua forza capace di trasfigurare
la realtà. Abbiamo bisogno di questo insegnamento sociale, per aiutare le nostre civiltà
e la nostra stessa ragione umana a cogliere tutta la complessità del reale e la grandezza
della dignità di ogni persona. Il Compendio della dottrina sociale della Chiesa aiuta,
proprio in questo senso, a intravedere la ricchezza della sapienza che viene dall'esperienza
di comunione con lo Spirito di Dio e di Cristo e dall'accoglienza sincera del Vangelo.
3.
Nell'Enciclica Caritas in veritate ho accennato a problemi fondamentali che toccano
il destino dei popoli e delle istituzioni mondiali, nonché della famiglia umana. L'ormai
prossimo anniversario dell'Enciclica Mater et magistra del Beato Giovanni XXIII ci
sollecita a considerare con costante attenzione gli squilibri sociali, settoriali,
nazionali, quelli tra risorse e popolazioni povere, tra tecnica ed etica. Nell'attuale
contesto di globalizzazione, tali squilibri non sono affatto scomparsi. Sono mutati
i soggetti, le dimensioni delle problematiche, ma il coordinamento tra gli Stati –
spesso inadeguato, perché orientato alla ricerca di un equilibrio di potere, piuttosto
che alla solidarietà - lascia spazio a rinnovate disuguaglianze, al pericolo del predominio
di gruppi economici e finanziari che dettano - ed intendono continuare a farlo - l'agenda
della politica, a danno del bene comune universale.
4. Rispetto ad una
questione sociale sempre più interconnessa nei suoi svariati ambiti, appare di particolare
urgenza l'impegno nella formazione del laicato cattolico alla dottrina sociale della
Chiesa. Infatti è proprio dei fedeli laici il dovere immediato di lavorare per un
ordine sociale giusto. Essi, quali cittadini liberi e responsabili, debbono impegnarsi
per promuovere una retta configurazione della vita sociale, nel rispetto della legittima
autonomia delle realtà terrene. La dottrina sociale della Chiesa rappresenta così
il riferimento essenziale per la progettualità e la azione sociale dei fedeli laici,
nonché per una loro spiritualità vissuta, che si nutra e s'inquadri nella comunione
ecclesiale: comunione di amore e di verità, comunione nella missione.
5.
I christifideles laici, però, proprio perché traggono energie ed ispirazione dalla
comunione con Gesù Cristo, vivendo integrati con le altre componenti ecclesiali, debbono
trovare al loro fianco sacerdoti e Vescovi capaci di offrire un’instancabile opera
di purificazione delle coscienze, insieme con un indispensabile sostegno e aiuto spirituale
alla coerente testimonianza laicale nel sociale. Perciò, è di fondamentale importanza
una comprensione profonda della dottrina sociale della Chiesa, in armonia con tutto
il suo patrimonio teologico e fortemente radicata nell’affermazione della dignità
trascendente dell’uomo, nella difesa della vita umana sin dal suo concepimento fino
alla morte naturale e della libertà religiosa. Così compresa, la dottrina sociale
deve essere inserita anche nella preparazione pastorale e culturale di coloro che,
nella comunità ecclesiale, sono chiamati al sacerdozio. E' necessario preparare fedeli
laici capaci di dedicarsi al bene comune, specie negli ambiti più complessi come il
mondo della politica, ma è urgente anche avere Pastori che, con il loro ministero
e carisma, sappiano contribuire all’animazione e all’irradiazione, nella società e
nelle istituzioni, di una vita buona secondo il Vangelo, nel rispetto della libertà
responsabile dei fedeli e del loro proprio ruolo di Pastori, che in questi ambiti
hanno una responsabilità mediata. La già citata Mater et magistra proponeva, circa
50 anni fa, una vera e propria mobilitazione, secondo carità e verità, da parte di
tutte le associazioni, i movimenti, le organizzazioni cattoliche e d'ispirazione cristiana,
affinché tutti i fedeli, con impegno, libertà e responsabilità, studiassero, diffondessero
e attuassero la dottrina sociale della Chiesa.
6. Il mio augurio, pertanto,
è che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace continui nella sua opera
di aiuto alla comunità ecclesiale e a tutte le sue componenti. Il Dicastero continui
dunque quest'opera non solo nell'elaborazione di sempre nuovi aggiornamenti della
dottrina sociale della Chiesa, ma anche nella loro sperimentazione, con quel metodo
di discernimento che ho indicato nella Caritas in veritate, secondo la quale, vivendo
nella comunione di Gesù Cristo e tra noi, siamo “trovati” sia dalla Verità della salvezza,
sia dalla verità di un mondo che non è creato da noi, ma è stato dato a tutti come
casa da condividere nella fraternità. Al fine di globalizzare la dottrina sociale
della Chiesa sembra opportuno che crescano Centri e Istituti per lo studio, la diffusione
e l'attuazione di essa in tutto il mondo.
7. Dopo la promulgazione del
Compendio e dell’Enciclica Caritas in veritate, è naturale che il Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace sia dedito all'approfondimento degli elementi di novità
e, in collaborazione con altri soggetti, alla ricerca delle vie più adatte alla veicolazione
dei contenuti della dottrina sociale, non solo nei tradizionali itinerari formativi
ed educativi cristiani di ogni ordine e grado, ma anche nei grandi centri di formazione
del pensiero mondiale - quali i grandi organi della stampa laica, le università e
i numerosi centri di riflessione economica e sociale - che negli ultimi tempi si sono
sviluppati in ogni angolo del mondo.
8. La Vergine Maria, onorata dal
popolo cristiano come Speculum iustitiae e Regina pacis, ci protegga e ci ottenga
con la sua celeste intercessione la forza, la speranza e la gioia necessarie perché
continuiamo a dedicarci con generosità alla realizzazione di una nuova evangelizzazione
del sociale. Nell’esprimere ancora una volta il mio ringraziamento per l'opera che
svolge il Dicastero in tutte le sue componenti, auspico un fruttuoso lavoro e ben
volentieri imparto la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano,
3 novembre 2010