Il Papa alla Messa dei cardinali e vescovi defunti: Dio non si manifesta all’uomo
nel castigo ma in una misericordia "senza misura"
Il cristianesimo è una “scelta di campo”: la predilezione delle cose di Dio, senza
alcun disprezzo per quelle umane. Ed è fonte di una consapevolezza: che Dio non “spadroneggia”
sull’uomo, ma lo ama di una misericordia “senza misura”. Con questi pensieri Benedetto
XVI ha accompagnato questa mattina la celebrazione della Messa nella Basilica di San
Pietro in suffragio dei cardinali e dei vescovi morti nel corso dell’anno. Il servizio
di Alessandro De Carolis:
(canto)
L’eco
con le parole pronunciate spontaneamente ieri alla fine della catechesi in Aula Paolo
VI è forte e immediato: ciò che sporca l’anima va rigettato, senza che questo sia
un pretesto per chiamarsi fuori dagli impegni “terreni”. Benedetto XVI ritorna con
un concetto simile sul tema, all’inizio dell’omelia dedicata alle figure dei cardinali
e dei presuli scomparsi nel corso dell'anno. Lo spunto è liturgico: l’insegnamento
di San Paolo che invita a chi è risorto con Cristo “a cercare le cose di lassù” rispetto
alle “cose della terra”. Un’antitesi che Benedetto XVI spiega così:
“La
vita in Cristo comporta una ‘scelta di campo’, una radicale rinuncia a tutto ciò che
– come zavorra – tiene l’uomo legato alla terra, corrompendo la sua anima. La ricerca
delle ‘cose di lassù’ non vuol dire che il cristiano debba trascurare i propri obblighi
e compiti terreni, soltanto non deve smarrirsi in essi, come se avessero un valore
definitivo. Il richiamo alle realtà del Cielo è un invito a riconoscere la relatività
di ciò che è destinato a passare, a fronte di quei valori che non conoscono l'usura
del tempo”.
Il Papa indaga una volta di più sulla visione cristiana
della morte e sul mistero della Risurrezione, sulla condizione itinerante dell’uomo
di fede, che è – dice – come “uno straniero verso l’eternità”. Un traguardo, ricorda,
raggiunto anche quest’anno da “numerosi arcivescovi e vescovi” e in particolare da
sei cardinali: Peter Seiichi Shirayanagi, Cahal Brendan Daly, Armand Gaétan Razafindratandra,
Thomáš Špidlik, Paul Augustin Mayer, Luigi Poggi. “Pastori zelanti”, afferma il Pontefice,
che grazie al loro “vivo desiderio di conformarsi a Gesù” hanno “potuto pregustare”
la vita eterna promessa da Cristo:
“L’espressione ‘vita eterna’,
infatti, designa il dono divino concesso all’umanità: la comunione con Dio in questo
mondo e la sua pienezza in quello futuro. La vita eterna ci è stata aperta dal Mistero
Pasquale di Cristo e la fede è la via per raggiungerla”.
Una delle
“parole centrali del Vangelo”, osserva Benedetto XVI, è la spiegazione che Gesù stesso
offre a Nicodemo di quanto grande sia l’amore di Dio per il mondo, grande al punto
“da dare il suo Figlio unigenito”. Siamo di fronte, ha scandito il Papa, a un “atto
decisivo e definitivo”, col quale Dio varca “la soglia della nostra ultima solitudine”,
la morte, e si cala “nell’abisso del nostro estremo abbandono”:
“E’
una parola che cancella completamente l’idea di un Dio lontano ed estraneo al cammino
dell’uomo, e svela, piuttosto, il suo vero volto: Egli ci ha donato il suo Figlio
per amore, per essere il Dio vicino, per farci sentire la sua presenza, per venirci
incontro e portarci nel suo amore, in modo che tutta la vita sia animata da questo
amore divino (...) Dio non spadroneggia, ma ama senza misura. Non manifesta la sua
onnipotenza nel castigo, ma nella misericordia e nel perdono”.
Capire
tutto questo, prosegue il Pontefice, “significa entrare nel mistero della salvezza:
Gesù è venuto per salvare e non per condannare; con il Sacrificio della Croce egli
rivela il volto di amore di Dio":
“E proprio per la fede nell’amore
sovrabbondante donatoci in Cristo Gesù, noi sappiamo che anche la più piccola forza
di amore è più grande della massima forza distruttrice e può trasformare il mondo,
e per questa stessa fede noi possiamo avere una ‘speranza affidabile’, quella nella
vita eterna e nella risurrezione della carne”.