Usa, midterm: maggioranza per i repubblicani alla Camera ma non al Senato
I repubblicani conquistano negli Stati Uniti la maggioranza alla Camera dei rappresentanti,
ma non al Senato, che rimane di misura in mano ai democratici di Barack Obama. Sono
i primi risultati delle elezioni di medio termine, svoltesi ieri. Bene per il Partito
conservatore anche sul fronte dei Governatori: sui 37 da eleggere, almeno 10 Stati
in mano ai democratici sono stati conquistati dal Gop. E tra le novità spicca l'ingresso
in Senato e alla Camera dei Tea Party antitasse, che conquistano anche la South Carolina,
dove e' stata eletta governatore Nikki Haley, appoggiata dall'ex candidata vicepresidente
Sarah Palin. Per un commento su questa importante tornata elettorale, Salvatore
Sabatino ha raggiunto telefonicamente a Washington il collega Alessandro Gisotti:
R. – Sicuramente,
possiamo dire che ha votato un’America arrabbiata e delusa: questo è il dato che gli
osservatori, le televisioni e anche i giornali danno come elemento significativo.
L’America è delusa dopo due anni di amministrazione Obama. Tante erano le aspettative
e le speranze portate avanti nella campagna elettorale trionfale di Barack Obama nel
2008, tante oggi sono le delusioni e, appunto, anche la rabbia. Si parla anche di
un voto di protesta da parte di molti elettori che forse hanno scelto sostanzialmente
questo messaggio, cioè dire al presidente che la politica che sta perseguendo non
è quella giusta, piuttosto che premiare la proposta politica dei repubblicani.
D.
– Ora Obama si troverà di fronte due anni complicati, in cui sarà costretto a confrontarsi
in maniera più intensa con i suoi avversari politici. Cosa possiamo attenderci?
R.
– Intanto, abbiamo avuto subito un segnale di come questa strategia potrebbe cambiare:
il presidente ha chiamato John Beiner, nuovo speaker della Camera – quindi, da leader
dell’opposizione dei repubblicani, ora diventa leader della maggioranza – e Mitch
McConnell, il leader dei repubblicani al Senato; li ha chiamati entrambi, subito dopo
che i risultati davano un’idea di una solidità della vittoria dei repubblicani e,
secondo quanto informa un comunicato della Casa Bianca, il presidente ha chiesto ad
entrambi di lavorare per cercare un terreno comune per risolvere i problemi più urgenti
e in particolare quelli dell’economia. Infatti, il dato fondamentale, poi, è questo:
il voto di protesta, la disillusione deriva dal fatto che l’economia non va in America,
nonostante le promesse anche da parte dell’amministrazione Obama di portare la disoccupazione
sotto l’8 per cento, oggi, invece, siamo quasi al 10 per cento. Ed è questo l’elemento
più significativo. Potremmo dire con una battuta, con una formula che se nel 2008
gli americani avevano votato tenendo la mano sul cuore, questa volta decisamente hanno
tenuto la mano sul portafogli e quindi hanno lanciato questo messaggio ad Obama di
cambiare direzione.
D. – Ovviamente, è una tornata importantissima anche
perché ci sono state le elezioni per i governatori di 37 Stati. Quali i risultati
emersi su questo fronte?
R. – Anche qui, vediamo una netta affermazione
del partito repubblicano, e questo è un dato molto importante che, magari, può sfuggire
ad un’analisi di carattere internazionale rispetto alle votazioni per il Congresso.
Però, i governatori e le legislazioni parlamentari dei diversi Stati hanno il mandato
di ridisegnare i collegi elettorali. Questo cosa significa? Che avere tanti governatori
e legislature repubblicane potrebbe determinare anche una ridistribuzione dei seggi
elettorali in vista delle elezioni presidenziali del 2012; quindi, oltre al significato
puntuale di una vittoria anche a livello “locale”, degli Stati da parte dei repubblicani,
potrebbe esserci anche una nuova spinta verso una vittoria repubblicana o, comunque,
come speranza di una vittoria repubblicana tra due anni. Un ultimo dato significativo
a proposito delle elezioni. Sono emerse alcune figure, molte spontaneamente lanciate
dal movimento Tea party. Una su tutte forse va segnalata: Marco Rubio, un 39.enne
che ha vinto in Florida e diventa dunque senatore, è un ispanoamericano che ricorda,
per molti aspetti, il presidente Obama. Questo è un nome: Marco Rubio, di cui sentiremo
molto parlare nei prossimi anni. (gf)