Mons. Vegliò: maggiore impegno per fermare la fuga dei cristiani dal Medio Oriente
“L’avvenire dei cristiani nei Paesi a maggioranza musulmana è diventato aleatorio”
e anche se la Santa Sede “si è impegnata e non cesserà di impegnarsi affinché i cristiani
restino sulle loro terre, ormai il movimento emigratorio appare irreversibile”. Suona
come un ultimo appello alla comunità internazionale l’intervento che mons. Antonio
Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e
gli Itineranti, pronuncerà a Sofia, in Bulgaria, il 5 novembre, durante l'Incontro
dei Gerarchi cattolici orientali d'Europa. “Le Chiese orientali, cattoliche e ortodosse,
tuttora versano in situazioni di diffusa difficoltà, come d’altronde il cristianesimo
intero nel Vicino e Medio Oriente”, afferma ancora mons. Vegliò. Il presule ricorda
poi le migrazioni dei cristiani verso l’Europa ed altri continenti: “I cristiani,
e particolarmente i giovani, in molti Paesi dell’area (Libano, Siria, Iraq, Iran,
Egitto, Libia, Israele, Palestina, ecc.) in questi ultimi decenni abbandonano la loro
patria in gran numero. I tragici eventi di guerra e la situazione sociale, economica
e politica in Oriente li spingono alla ricerca altrove di un migliore destino per
sé e per i propri cari”. “Si verifica, dunque, ogni giorno – osserva mons. Vegliò
- una progressiva diminuzione della presenza cristiana in tutti questi Paesi.
La
precarietà consiglia i giovani cristiani ad emigrare e ad inserirsi in differenti
contesti culturali e sociali con tutti i vantaggi e, purtroppo, gli svantaggi che
ciò comporta”. In questo scenario, prosegue, “la Chiesa cattolica vede con preoccupazione
i problemi sociali emergenti, come la disoccupazione e , l’invecchiamento della popolazione
nei Paesi di partenza”. Anche se “l’attività caritativa delle comunità cristiane è
una risposta immediata a tali sfide”, secondo il presidente del dicastero vaticano
“è decisivo, ovviamente, un impegno politico anche a livello mondiale che affronti
le cause ultime della migrazione, soprattutto povertà, violenza, persecuzione, ingiustizia,
sottosviluppo e disoccupazione”. “Altrettanto decisivo – sottolinea - è l’impegno
culturale, cioè la formazione alla centralità della persona, la opposizione alla xenofobia,
talvolta favorita dai mezzi di comunicazione, il sostegno all’integrazione che salvi
l’identità delle persone”. (A cura di Marco Guerra)