La denuncia di una Ong: domani l'esecuzione capitale di Sakineh
Le autorità iraniane potrebbero a breve autorizzare la lapidazione di Sakineh Mohammadi
Ashtiani, la donna condannata a morte sotto l'accusa di adulterio e partecipazione
all’assassinio del marito. L’esecuzione dovrebbe avvenire domani nel carcere di Tabriz.
A riferirlo è un comunicato dell’organizzazione non governativa denominata Comitato
internazionale contro la lapidazione. Immediati da tutto il mondo gli appelli per
salvare la donna. Su questa svolta nella vicenda, che ha sin dall’inizio coinvolto
l’intera comunità internazionale, Giancarlo La Vella ha raccolto il parere
del portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury:
R. - Non
vi è dubbio che il caso di Sakineh sia diventato il caso di una donna ostaggio di
relazioni internazionali tese. Certamente siamo in grande allarme … E’ una vita in
bilico! Sul sito amnesty.it continuiamo veramente fino all’ultimo minuto a raccogliere
appelli e a mandarli alle autorità giudiziarie iraniane.
D. - Perché
improvvisamente l’Iran ha deciso di proseguire su questa linea dura?
R.
- In realtà non si tratta di una cosa improvvisa. Probabilmente, se questa notizia
è vera, giocano due fattori: anzitutto i contrasti che ci sono anche all’interno dello
stesso apparato giudiziario iraniano; e poi, probabilmente, il fatto che la vita di
Sakineh è diventata ancora più a rischio proprio quando l’attenzione sul suo caso
è diminuita. Noi sappiamo che quando c’è una grande mobilitazione che, però, non è
continua, chi sta dall’altra parte - e in questo caso il governo di Teheran - aspetta
proprio che cali l’attenzione. E questo dobbiamo continuare ad impedirlo! La stessa
Assemblea generale dell’Onu in corso dovrebbe far sentire la propria voce…
D.
- Dal punto di vista del diritto iraniano, esistono delle vie che consentano ancora
di salvare questa donna?
R. - Teoricamente sì. Ma questa è una vicenda
che ha assunto, sin dall’inizio, dei connotati extragiudiziali, per cui - per quanto
riguarda l’imputazione per la quale rischia di essere messa a morte - cioè l’assassinio
del marito - in teoria i familiari del marito di Sakineh Mohammadi Ashtiani potrebbero
avere una voce in capitolo: il paradosso è che chi dovrebbe intervenire per salvare
la vita di Sakineh è lo stesso figlio, colui che sarebbe stato reso orfano, il quale
sta conducendo una battaglia veramente straordinaria in favore della vita di sua mamma.
Il diritto prevede questo, ma in Iran poi le cose vanno spesso in un altro modo!
D.
- Una vicenda che mostra ancora una volta come il mondo sia spaccato in due su quello
che è il principio della salvaguardia dei diritti umani fondamentali della persona...
R.
- Che sulla pena di morte il mondo sia spaccato in due, sì è vero, ma nel senso che
ci sono una piccola manciata di Stati - Cina, Iran, Iraq, Stati Uniti, Arabia Saudita
ed altri ancora - che continuano ad applicare la pena capitale. Certo, questo caso
di una donna che subisce in pieno la discriminazione e l’iniquità di un sistema giudiziario
è un caso se non più grave di altri, certamente più particolare di altri … Forse è
anche per questo che è diventato un caso emblematico della lotta contro la pena capitale!
Io penso che Sakineh possa ancora essere salvata e se sarà salvata, sarà stato grazie
alle centinaia di migliaia di persone che, in ogni parte del mondo, hanno dedicato
un attimo della loro vita a salvare la vita di Sakineh. (mg)