Allarme terrorismo: vasta operazione militare e di intelligence nello Yemen
Dopo il ritrovamento dei pacchi bomba su due aerei diretti negli Stati Uniti, nuovi
sviluppi nelle indagini nello Yemen, Paese da cui provenivano gli ordigni. Il servizio
di Fausta Speranza:
Vasta operazione
militare e di intelligence nello Yemen per trovare Ibrahim al-Asiri, l'attentatore
saudita legato ad al Qaeda e considerato il sospetto-chiave nel fallito attentato
dei pacchi bomba diretti agli Stati Uniti. Ma l’obiettivo è anche catturare l'imam
radicale americano-yemenita, Anwar al-Awlaki, ricercato negli Usa per legami con al
Qaeda. È considerato da Washington l'ideatore di un fallito attentato su un aereo
Usa del dicembre del 2009, e proprio oggi il tribunale yemenita che ha dato il via
al processo contro di lui in contumacia lo ha accusato per la prima volta di essere
l'istigatore degli omicidi contro gli occidentali in nome di al Qaeda. Con molta probabilità
è nascosto in territorio yemenita. Intanto, il ministro della Difesa yemenita fa sapere
di arresti importanti: si tratta di quattordici sospetti terroristi di al Qaeda che
si sono arresi alle autorità. Cinque di loro sarebbero capi locali della rete di al
Qaeda. In definitiva, dalle autorità dello Yemen viene un segnale forte di impegno
contro il terrorismo, ma ci si chiede quali siano le effettive forze: è un Paese che
si fa trova a far fronte a una situazione di guerra continua nel nord e a un movimento
sempre più secessionista al sud. Ed è, inoltre, sull’orlo di un disastro economico.
Il Financial Times riporta opinioni di analisti, che chiedono all’Occidente di supportare
le autorità nella lotta contro il terrorismo. Intanto, dopo l’annuncio della Germania
di vietare ogni volo dallo Yemen, anche il Canada annuncia blocchi: non sospende voli
perché non ce ne erano, ma sospende la spedizione di pacchi. Finora due sono stati
i pacchi bomba ritrovati a Dubai e in Gran Bretagna, spediti in tutti e due
i casi dallo Yemen.
Elezioni Mid-term in Usa: i sondaggi prevedono un’ondata
repubblicana L’ombra del terrorismo si è allungata sulle elezioni di medio
termine, che oggi si svolgono negli Stati Uniti. Una prova per il presidente, Barack
Obama, che gli analisti considerano un referendum sulla sua amministrazione, dopo
le dure contestazioni per il piano anticrisi e per la riforma sanitaria. I sondaggi
prevedono una vittoria schiacciante per i repubblicani. Da New York, ci riferisce
Elena Molinari:
L’ondata
repubblicana è certa, resta solo da vedere se sarà o no una marea. Il partito conservatore
si aspetta una vittoria significativa alle elezioni politiche di metà mandato di oggi
negli Stati Uniti, i cui risultati non si sapranno fino alla notte fonda italiana.
Gli ultimi sondaggi indicano, infatti, che i repubblicani strapperanno ai democratici
di Obama la maggioranza alla Camera, conquistando fino a 70 deputati, un numero mai
visto dalla fine degli anni Trenta. È una misura dell’insoddisfazione degli americani
per il cattivo stato dell’economia, che attribuiscono all’operato del presidente.
Obama viene, infatti, giudicato negativamente dal 52 per cento degli americani. I
repubblicani non prevedono, invece, di conquistare il Senato e questo porterà ad una
condizione di scarsa governabilità a Washington per i prossimi due anni. La Casa Bianca,
di qui al 2012, starà dunque sulla difensiva, anche se i repubblicani sanno di non
avere abbastanza potere per fare abrogare come vorrebbero la riforma della sanità
e quella della finanza di Obama. Sarà interessante vedere oggi anche quanti esponenti
del movimento populista del Tea Party verranno eletti e se i referendum presenti in
molti Stati premieranno i gruppi antiambientalisti e antitasse.
Dilma
Roussef, neopresidente del Brasile, dichiara guerra alla povertà “Sradicherò
la povertà”. Parola di Dilma Roussef, vincitrice nelle presidenziali brasiliane. Economista,
62 anni, era quasi sconosciuta nel Paese prima di iniziare l'avventura elettorale.
Grazie al supporto di Lula, di cui era capo di gabinetto, è riuscita a diventare subito
la favorita nella corsa contro Josè Serra, l'ex governatore dello Stato di San Paolo.
Francesca Ambrogetti:
Il giorno
dopo le elezioni era già a lavoro, Dilma Rousseff, la prima donna eletta presidente
in Brasile, nel ballottaggio di domenica. Ha iniziato a fianco di Lula il periodo
di due mesi di transizione. Dal prossimo primo gennaio, dovrà affrontare da sola la
responsabilità di governare il gigante sudamericano, ottava potenza economica al mondo.
Il risultato era stato annunciato dai sondaggi. Gli elettori hanno votato la
continuità del progetto di Lula da Silva, il carismatico presidente che nei suoi otto
anni di governo ha trasformato il Brasile. Dilma Roussef eredita un Paese in crescita
continua e sostenuta, ma con ancora tanti problemi strutturali da risolvere. La “dama
di ferro”, come la chiamano molti in Brasile, è convinta di farcela. Ha annunciato
che approfondirà l’impegno per l’inclusione sociale: “Nessuno di noi può stare tranquillo
– ha detto con enfasi, nel primo discorso – finché ci saranno poveri nel nostro Paese”.
Ha garantito la libertà di stampa e di religione, ha promesso che farà spazio alle
donne e ha teso la mano all’opposizione. Avrà la maggioranza in parlamento e governerà
con gli alleati della coalizione vincente. Tra le tante altre sfide, la preparazione
dei mondiali e delle Olimpiadi.
Esplosione davanti all’Ambasciata svizzera
ad Atene In Grecia, in prima mattinata davanti alla sede dell’ambasciata svizzera
si è verificata un’esplosione. Più tardi, gli artificieri hanno fatto esplodere un
pacco-bomba indirizzato all'ambasciata russa ad Atene. Oggi, altri due pacchi simili
sono stati intercettati: erano inviati ad altre ambasciate straniere. Ieri, erano
stati ritrovati quattro plichi, diretti ad altre sedi diplomatiche della capitale.
La polizia segue la pista anarco-insurrezionalista.
Accordo senza precedenti
su difesa e nucleare tra Gran Bretagna e Francia “La relazione tra Francia
e Gran Bretagna è eccezionale”. Lo ha detto il presidente francese, Nicolas Sarkozy,
a Londra dopo la firma dei trattati di cooperazione sulla difesa e sul nucleare. ''Oggi
è una giornata storica - ha proseguito - questa è una decisione senza precedenti''.
Il trattato prevede la condivisione delle portaerei e lo sviluppo di una procedura
di deterrenza nucleare comune.
Operazioni di polizia in Serbia alla ricerca
di Ratko Mladic L'operazione di polizia e le perquisizioni di oggi a Belgrado
e Arandjelovac alla ricerca di Ratko Mladic sembrano essersi concentrate su immobili
e locali tutti appartenenti a una stessa persona, Goran Radivojevic, 40.enne un uomo
d'affari dal passato controverso, già noto alla polizia. Secondo l'agenzia Tanjug,
Radivojevic è il proprietario sia del ristorante Bajka di Belgrado, sia del complesso
turistico di Arandjelovac, che porta anch'esso lo stesso nome Bajka, dove oggi le
forze di polizia hanno effettuato controlli e perquisizioni. L'emittente tv B92 ha
riferito che la casa privata di Belgrado, sottoposta anch'essa a perquisizioni, apparterrebbe
allo stesso Radivojevic. L'uomo d'affari, che era presente all'operazione di polizia
nel suo ristorante, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione ai media. Businessman
belgradese controverso, Goran Radivojevic è noto per aver aiutato a traslocare nei
mesi scorsi la moglie di Milorad Lukovic, principale responsabile dell'uccisione nel
marzo 2003 del premier riformista, Zoran Djindjic, attualmente in carcere. La moglie
di Lukovic doveva lasciare la sua casa in base alla nuova legge varata in Serbia,
che consente il sequestro di beni ottenuti con attività criminali.
Tanzania,
proteste per la lentezza nello scrutinio dopo il voto di domenica scorsa Proteste
in Tanzania per i ritardi nello scrutinio del voto delle presidenziali e legislative
che si è tenuto domenica scorsa. Lo scrivono i quotidiani locali. A Dar es Salaam,
capitale economica del Paese, la polizia ha usato gas lacrimogeni per disperdere alcuni
sostenitori dell'opposizione che lamentavano i ritardi, soprattutto nei distretti
dove prevedono che possano vincere i loro candidati. A Mwanza e in altre città della
regione dei laghi, due automobili sono state date alle fiamme e altre dieci vetture
sono state bersagliate da pietre. Anche qui, la polizia è intervenuta con gas lacrimogeni
ingaggiando una vera e propria caccia all'uomo. Fonti locali attribuiscono i ritardi
ad alcuni errori commessi nei seggi, ma la notizia è tutta da verificare. I primi
risultati dovrebbero essere comunicati oggi. Secondo i pronostici, le elezioni di
domenica scorsa dovrebbero consegnare al presidente uscente, Jakaya Kikwete, un altro
mandato di cinque anni con una vittoria sul filo di lana rispetto al suo antagonista,
Willibrod Slaa.
In Indonesia è ancora allerta per il vulcano Merapi L'Indonesia
è ancora alle prese con l’eruzione del vulcano Merapi e con il disastro dello tsunami
che ha distrutto la costa delle isole Mentawai. L’aggiornamento della situazione,
nel servizio di Maria Grazia Coggiola:
Secondo
gli esperti, altre eruzioni di bassa intensità potrebbero continuare per alcune settimane
e servirebbero per allentare la pressione della faglia sismica, che è la stessa del
catastrofico tsunami del 2004. Un aumento dell’attività è stata osservata anche negli
altri 21 vulcani attivi dell’Indonesia, che ora sono sotto osservazione. L’eruzione
del Merapi ha finora causato 38 vittime e costretto circa 70 mila persone a lasciare
le case, per rifugiarsi nei campi di accoglienza preparati dall’Esercito. Mente il
Merapi continua a vomitare cenere e lapilli, a centinaia di chilometri di distanza
continuano i soccorsi per le popolazioni colpite dalla doppia tragedia dello tsunami
e del terremoto. Le vittime sono salite a 430, secondo l’Agenzia nazionale di gestione
dei disastri, ma ci sono molte polemiche sulla mancanza di coordinazione nelle operazioni
di soccorso, condotte da Esercito, Croce Rossa e organizzazioni non governative. La
gigantesca onda causata da un sisma di magnitudo 7.7 ha distrutto completamente la
costa delle isole Mentawai, che sono una delle zone più arretrate del
Paese.
Tokyo richiama l’ambasciatore a Mosca dopo la visita di Medvedev
alle Curili Il ministro degli Esteri giapponese, Seiji Maehara, ha richiamato,
sia pure “in temporanea”, l'ambasciatore nipponico a Mosca. La decisione è giunta
all'indomani della contestata visita del presidente russo, Dmitri Medvedev, alle Curili
del Sud, le quattro isole a nord di Hokkaido occupate dall'ex Urss nel 1945 e rivendicate
da Tokyo con il nome di Territori del Nord. L'annuncio è stato dato dallo stesso Maehara
in una conferenza stampa al Ministero degli esteri. “Ho deciso di richiamare temporaneamente
l'ambasciatore inRussia, Masaharu Kono”, ha spiegato il ministro. Il richiamo dell'ambasciatore
era un'opzione circolata già ieri sera a Tokyo - dopo che il premier Naoto Kan aveva
detto che il governo valutava “contromisure” - ma ritenuta “improbabile” a seguito
della forte natura dell'iniziativa destinata a far salire la tensione tra i due Paesi.
Il 13 e 14 novembre prossimi, è in programma il vertice Apec (la cooperazione economica
nell'area asiatico-pacifica), che sarà ospitato dal Giappone a Yokohama e al quale
prenderanno parte, salvo sorprese, Medvedev e il presidente cinese, Hu Jintao. (Panoramica
internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LIV no. 306
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