Proclamato Beato in Romania il vescovo Szilárd Bogdánffy, martire del comunismo
Un martire del comunismo che insegna la fedeltà a Dio e alla Chiesa e la perseveranza
nella carità: così è stato ricordato stamane il vescovo martire Szilárd Bogdánffy
nella cerimonia della sua Beatificazione. Nato a Kálmánd, in Ungheria, il 29 ottobre
1911 e morto nel carcere rumeno di Nagyenyed il 2 ottobre 1953, il vescovo è stato
proclamato Beato a Oradea, in Romania, la cittadina che dopo la sua ordinazione vescovile
lo attendeva come suo pastore. Ma dopo appena un mese e mezzo che era vescovo, venne
rinchiuso in carcere da dove non uscì più fino alla morte per stenti e malattia. Il
servizio di Fausta Speranza:
La terribile
persecuzione comunista non cambiò la capacità di amare del vescovo martire Szilárd
Bogdánffy. Questo il suo insegnamento. Un insegnamento prezioso in particolare nella
nostra epoca sottolinea il cardinale Erdö, definendola un’epoca “così stanca e in
fondo disgustata e delusa”. “Gli uomini non possono sottrarci la vita nella sua interezza,
perché non possono uccidere l’anima, sottolinea il cardinale. Solo Dio è padrone della
sorte dell’anima umana”. E il vescovo proclamato Beato ha vissuto la persecuzione,
il carcere senza mai rinnegare la propria fede in Dio, nella sua misericordia, nella
Chiesa: “attraverso la sua sofferenza e la sua morte ha dimostrato – dice il cardinale
Erdö - che siamo stati chiamati a una tale gioia, a una tale felicità, che è più grande
di questa vita terrena”. Per questo è esempio e motivo per noi di speranza. Lui che,
come altri, è vissuto “durante gli anni pesanti e bui della guerra e del fanatismo
comunista”. Il cardinale Erdö sottolinea che “la beatificazione del vescovo martire
Szilárd Bogdánffy rompe il silenzio di molti decenni e inaugura con la maestà e la
forza misteriosa della liturgia il culto pubblico di quei numerosi testimoni, che
hanno sofferto come martiri o confessori per la verità di Cristo e della Chiesa”.
E ricorda che “anche in Ungheria, appena un anno fa è stato elevato all’onore degli
altari il Beato vescovo martire Zoltán Meszlényi, primo martire cattolico riconosciuto
di quell'epoca”. E poi sottolinea: “La fedeltà e la perseveranza eroica di tanti vescovi,
sacerdoti e fedeli cattolici latini ed orientali scaturiva dalla fede sincera. Nelle
carceri si sono incontrati anziani e giovani, romeni e ungheresi. A loro erano sufficienti
poche parole per capirsi, perché avevano in comune la fede e la speranza.” Tornando
all’oggi il cardinale afferma che “è come se una certa malinconia opprimesse i cuori”
e dunque “la testimonianza dei martiri risuona e risplende di nuovo dal silenzio e
dal buio della paura: è con noi anche quella forza della fede, che può darci speranza
e avvenire". “La distrazione e una certa misteriosa stanchezza interiore” sono gli
ostacoli che impediscono slanci d’amore, avverte il cardinale. La capacità di amare
invece non è mai venuta meno al vescovo martire. Al termine della celebrazione, mons.
Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e tra
i prossimi cardinali nel Concistoro del 20 novembre, ha ricordato così il nuovo Beato:
“Chi arrestò il Servo di Dio era spinto non da motivi oggettivi,
ma dall’odium fidei. Si voleva costringerlo con ogni mezzo ad abiurare dalla sua fede
cattolica. La gente diceva che nel campo di lavori forzati di Capul Midia c’era un’unica
porta, quella d’entrata. Era un vero inferno. Cibo scarso, maltrattamenti continui,
mancanza di riposo (non si poteva dormire sdraiati, ma solo appoggiati ai bordi del
letto), interrogatori sfiancanti (spesso duravano ininterrottamente fino a 82 ore),
freddo, sporcizia. Tutto era programmato con l’intento di annientare psicologicamente
e fisicamente i detenuti. Ovviamente l’accusa di alto tradimento o di spionaggio rivolta
al vescovo Bogdánffy non aveva nessun riscontro concreto. Mesi dopo, fu trasferito
nella prigione di Nagyenyed, nella cella n. 120. Ormai il suo fisico era troppo indebolito
da anni di sofferenze e torture. Ammalatosi di polmonite, gli furono rifiutate le
cure. Morì il 2 ottobre 1953".
“Anche in un simile contesto – sono
parole di mons. Amato – padre Szilárd cercò sempre la via della carità e della fratellanza,
manifestando una cura particolare per i poveri e gli oppressi”:
“Nel
suo apostolato, il Servo di Dio esercitò coraggiosamente il suo ministero. Ad esempio,
durante il regime nazista, rischiando la vita, nascose molti cittadini ebrei nella
sede della Scuola di Teologia. Inoltre, i testimoni affermano, che, nonostante la
situazione disumana del carcere, il vescovo Bogdánffy non fece mai mancare i suoi
generosissimi atti di carità verso gli altri detenuti. I martiri continuano ancora
oggi a spargere il loro sangue benedetto per testimoniare la buona notizia del Vangelo
di Gesù Cristo, che è un annuncio di fratellanza, di carità verso tutti, di pace.
Il sacrificio del vescovo Bogdánffy è la testimonianza concreta della vitalità della
chiesa cattolica romena, della sua fedeltà all’unità della Chiesa e del suo amore
al Santo Padre.”
Mons. Amato ricorda qualcosa di più della vicenda
umana del nuovo Beato:
“Szilárd Bogdánffy, nato nel 1911, era un
apprezzato professore di teologia e fecondo giornalista. Nel 1939 fu arrestato dalla
Gendarmeria rumena ed espulso dalla nazione. Trasferitosi a Budapest e completati
gli studi all’Università, nel 1940 ritornò a Nagyvárad dove insegnò teologia e dove
fu anche direttore spirituale. Conosciuta la figura e la spiritualità di sant’Angela
Merici, fondò il Terz’Ordine che si ispirava alla Santa. Negli anni, si guadagnò la
stima del Servo di Dio, Mons. Giovanni Scheffler, Vescovo diocesano di Szatmár e amministratore
apostolico di Nagyvárad, il quale lo nominò segretario della cancelleria vescovile
e consigliere episcopale di entrambe le diocesi, affidandogli anche l’amministrazione
del seminario di Szatmárnémeti, autorizzandolo a trattare a Bucarest gli affari delle
diocesi. Il Servo di Dio visse durante gli anni della feroce dittatura comunista,
che si accaniva contro la Chiesa cattolica con l’intenzione di annientarla. In questo
clima anticlericale, don Szilárd Bogdánffy fu ordinato clandestinamente Vescovo, presso
la nunziatura di Bucarest, dall’Arcivescovo Patricius O’Hara. Era il 14 febbraio 1949.
Subito dopo, nell’aprile del 1949 fu arrestato con l’accusa di alto tradimento e di
spionaggio e trasferito in varie prigioni. Nel 1953 lo troviamo nella prigione di
Capul Midia sul Mar Nero, che era un vero e proprio campo di sterminio”.
Nella
giornata di oggi – sono parole del cardinale Erdö - “risplende il raggio di sole dal
profondo pozzo della storia, e la verità e l’amore a lungo sepolti ci illuminano di
nuovo come esempi di forza che crea pace e coraggio per la riconciliazione”.