Il cardinale Farina sulla Biblioteca Vaticana "tra presente e futuro"
Una duplice missione: “raccogliere e custodire nel migliore dei modi il patrimonio
ricevuto per trasmetterlo alle generazioni future” e “mettere, attualmente, tale patrimonio
a disposizione della comunità scientifica di tutto il mondo”. Questo il compito della
Biblioteca Apostolica Vaticana, definita da Benedetto XVI nella sua visita del 25
giugno 2007 la “Biblioteca del Papa” e che ha riaperto i battenti lo scorso 20 settembre
dopo tre anni di lavori di ristrutturazione e restauro. A parlarne - riporta l'agenzia
Sir - è il cardinale Raffaele Farina, da 13 anni prefetto della stessa e archivista
e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Nella prolusione tenuta ieri pomeriggio a
Venezia per il Dies academicus dello Studium Generale Marcianum su “Manoscritti e
stampati tra conservazione e fruizione. La Biblioteca Apostolica Vaticana tra presente
e futuro”, il card. Farina spiega: “Questi due compiti sono spesso in contraddizione
tra loro. La sfida con cui dobbiamo confrontarci è proprio questa, utilizzando saggiamente
le tecnologie avanzate che ci vengono messe e disposizione”. Il patrimonio dell’istituzione
è suddiviso in tre “dipartimenti”: i manoscritti, gli stampati (inclusi disegni, incisioni
e assimilati), le monete e le medaglie. “Il dipartimento dei manoscritti – prosegue
il cardinale Farina - ne costituisce per così dire il cuore”. Circa 130 i fondi, che
a loro volta si distinguono in “aperti”, ossia “Vaticani”, che “continuano ad accrescersi”,
e in “chiusi”, costituiti dalle biblioteche storiche, principesche o private acquisite
nei secoli. “Escludendo i codici di carattere archivistico, sono oltre 80mila i manoscritti”
che coprono “tutti i campi dello scibile umano”, per la maggior parte dei periodi
medievale e umanistico, tra cui circa 5mila in greco, 800 in ebraico e oltre 9mila
in lingue orientali (arabo, copto, siriaco, armeno, etiope). Tra questi alcune delle
più antiche copie delle opere di Omero, Euclide, Cicerone, Virgilio e Dante, ma anche
i più antichi codici della Bibbia quali il Codex Vaticanus e il Vat.Gr. 1209 dell’inizio
del IV secolo. Sono circa 8.300 gli incunaboli, numerosissime le cinquecentine; un
milione e 650 mila i volumi a stampa. (R.P.)