2010-10-28 19:18:59

"Educare alla vita buona del Vangelo": pubblicati gli Orientamenti pastorali della Cei per il prossimo decennio


“Educare alla vita buona del Vangelo”: è il titolo scelto dalla Chiesa italiana per gli Orientamenti pastorali riferiti al decennio 2010-2020, pubblicati oggi. Diversi i temi trattati nel documento: dalla formazione di una nuova generazione di laici cristiani impegnati in politica, alla famiglia, destabilizzata da fisco, divorzi e unioni gay. Si parla inoltre di scuola cattolica, tutela dell’infanzia, giovani e immigrazione. Priorità per il prossimo decennio resta poi la sfida educativa. Linda Giannattasio RealAudioMP3

Roberta Gisotti ha intervistato mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per comunicazioni sociali della Cei: RealAudioMP3
“Educare in un mondo che cambia”, titola il primo capitolo del documento. Si parte dai “nodi della cultura contemporanea”, che “vanno compresi e affrontati senza paura”, per arrivare “alle radici dell’emergenza educativa”. Mons. Pompili, quali sono questi nodi e come fare per capirli e non temerli?

R. – Direi che il nodo fondamentale è proprio quello di reagire ad una diffusa tristezza che sembra tagliare le gambe a qualsiasi proposta educativa. Si tratta per l’appunto di reagire a questa sorta di fatalismo, che sembra una riedizione del paganesimo e di comprendere che al contrario è possibile con la nostra libertà e con la nostra volontà crescere e realizzare compiutamente la vocazione di ciascuno.

D. - Il cardinale Bagnasco esorta le Chiese in Italia a crescere “nell’arte delicata e sublime dell’educazione”. Forse c’è stata da parte della Chiesa arrendevolezza, rispetto per esempio ai media, che quando non educano - e capita ormai raramente – diseducano, vanificando gli insegnamenti di famiglia e scuola?

R. – Credo che l’esortazione di cui parla il cardinale Bagnasco nella sua prefazione di orientamenti è giustificata dal fatto che siamo dentro ad un momento di profonda trasformazione e che, dunque, anche per la Chiesa è necessario riprendere consapevolezza della propria missione che ha una cifra esplicitamente educativa. Credo che, certamente, l’attenzione della Chiesa, al mondo dei media, oggi della post-medialità, sia sempre stata alta e credo che continuerà ad esserlo, tenendo conto del fatto che ormai è l’ambiente nel quale siamo immersi e col quale fare i conti.

D. – Ecco, il documento non parla espressamente in generale di media ma parla di "cultura digitale"?

R. - Per l’appunto. Perché - è ben noto ormai a tutti - non si tratta di trovarsi di fronte a degli strumenti o a dei semplici mezzi che potremmo padroneggiare più o meno bene ma di capire esattamente come questo ambiente, così profondamente connotato dai nuovi linguaggi, plasma la nostra coscienza, la nostra intelligenza, la nostra volontà e da questo punto di vista chiama in causa l’esercizio della nostra responsabilità. Come dice Benedetto XVI, dalle nuove tecnologie devono venir fuori delle nuove relazioni.

D. - L’ultimo capitolo del documento offre obiettivi e scelte prioritarie per una "vita buona". Che cosa si intende oggi per “vita buona”?

R. – Direi così, con una battuta, che la vita buona è l’esatto contrario della “dolce vita”. Sono passati 50 anni da quel film che, tra l’altro, causò un ampio dibattito anche all’interno della Chiesa e che intendeva presentare in maniera cifrata una sorta di china scivolosa verso cui la società italiana andava a collocarsi. La vita buona è precisamente l’assunzione di una percezione e cioè si tratta di vivere compiendo quel dono che è un progetto che c’è stato dato da Dio e che chiama in causa tutta la nostra persona, cuore e intelligenza, affettività e razionalità










All the contents on this site are copyrighted ©.