Epidemia di colera ad Haiti: a rischio gli sfollati del post-terremoto
Ad Haiti il dramma del colera, che ha provocato finora oltre 270 morti e più di 3600
contagiati, desta grande preoccupazione per la possibile diffusione del virus nei
campi allestiti dopo il terremoto dello scorso 12 gennaio. Le organizzazioni umanitarie
presenti nel Paese affrontano questa nuova emergenza ricordando che l’epidemia peggiore
è quella di dimenticare la solitudine degli sfollati che vivono in condizioni di grande
miseria. Sulla situazione ad Haiti ascoltiamo al microfono di Federico Piana
il responsabile nel Paese caraibico dell’Agenzia italiana per la risposta alle emergenze
(Agire), Stefano Ellero:
R. - In questo
momento il timore è quello che questa situazione - ancora di altissima vulnerabilità
- possa essere terreno fertile per un’estensione dell’epidemia a qualche decina di
migliaia di persone. Il direttore dell’Ufficio di coordinamento degli aiuti umanitari
delle Nazioni Unite non esclude, anzi teme e paventa, che si possa verificare una
diffusione ancora più ampia, dovuta appunto ancora all’estrema precarietà in cui vivono
almeno un milione di persone ad Haiti. Con il coordinamento delle Nazioni Unite si
sta cercando di contenere l’epidemia nelle zone in cui è esplosa ed evitare la sua
propagazione alla capitale, Port-au-Prince, dove è concentrato il gran numero degli
sfollati. Si sta facendo un’azione di cura per coloro che sono stati colpiti e di
distribuzione di materiale igienico e informativo per quanti vivono ancora nei campi.
Se l'epidemia dovesse propagarsi, sarebbe arduo poi far fronte a questa emergenza!
D.
- Paradossalmente questo colera ha riacceso i riflettori proprio su Haiti, Paese un
po’ dimenticato…
R. - Dopo la reazione notevolissima che c’è stata a
gennaio scorso in termini di finanziamenti e di aiuti per affrontare l’emergenza,
il problema adesso è per le persone sono ancora nei campi. C’è uno stallo politico
a livello locale perché ci sono delle elezioni presidenziali incombenti e la Comunità
internazionale sta un po’ alla finestra. Ha promesso molti soldi, ma ancora non sono
arrivati. Sarebbe necessaria un’azione di pressione internazionale più efficace nei
confronti del governo haitiano o comunque una strategia più chiara di ricostruzione
che permetta in tempi più rapidi di quelli che invece si paventano adesso, di passare
alla fase due del post-emergenza, ovvero ad una vera soluzione abitativa per questo
numero altissimo di persone che vive ancora nelle tende.
D. - Come mai
non è stata fatta quest’operazione di pressione?
R. - Chiaramente è
un gioco delle parti molto delicato. La commissione incaricata per la ricostruzione
è co-presieduta dall’ex presidente americano Bill Clinton e dal primo ministro haitiano
Jean-Max Bellerive. Di fatto c’è solo la bozza di strategia per la ricostruzione
abitativa che, però, non ha un piano applicativo al momento. Il grossissimo problema
della proprietà della terra, che non è stato ancora chiarificato, non permette una
rapida implementazione di una strategia di ricostruzione abitativa.