“Il beato Carlo Gnocchi ha mostrato il volto materno della Chiesa soprattutto sotto
un duplice aspetto: quello della Chiesa madre impegnata nell'educazione dei suoi figli
e della Chiesa madre al servizio dei suoi figli più fragili, provati e sofferenti”.
Lo ha sottolineato, sabato scorso, il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di
Milano, durante la celebrazione eucaristica di dedicazione al beato, nel capoluogo
lombardo, della nuova chiesa del Centro Santa Maria Nascente. Don Gnocchi, il “padre
dei mutilatini”, è stato proclamato beato il 25 ottobre 2009 in piazza Duomo. “In
particolare come Chiesa ambrosiana — ha detto il porporato durante l'omelia — dobbiamo
rendere grazie a Dio, lodarlo e invocarlo perché ci ha regalato, anche solo in quest'ultimo
secolo, santa Gianna Beretta Molla e diversi beati, ultimo dei quali è, per ora, il
beato Carlo Gnocchi”. “Don Carlo – ha aggiunto - ci è vicino nel tempo e anche per
questo si fa più forte e persuasivo il suo richiamo alla vocazione a quella santità
che costituisce il vero grande e unico destino che Dio assegna a tutti e a ciascuno
di noi”. La maternità della Chiesa trova come suo referente privilegiato — ha continuato
il cardinale — “l'uomo provato, malato, sofferente, disperato al quale rivelare e
donare l'amore compassionevole e operoso di Gesù, il buon Samaritano”. È l'aspetto
più noto dell'opera caritatevole e santa di don Gnocchi: “il suo prendersi cura dei
mutilatini, dei poliomielitici, dei portatori di disabilità, dei malati, dei sofferenti
d'ogni genere”. Proprio in questo ambito così delicato e misterioso del dolore umano
— ha evidenziato l'arcivescovo di Milano le cui parole sono state riprese dall’Osservatore
Romano — “è brillata la maternità della Chiesa attraverso l'intelligenza e il cuore
del beato Carlo, la sua lungimiranza, l'audacia e la tenacia delle iniziative concrete
da lui intraprese, la convinta valorizzazione dei dati delle scienze e delle tecniche,
le più moderne per il recupero e lo sviluppo della piena umanità del sofferente, sino
a giungere al segreto evangelico che trova nel dolore — in specie nel dolore innocente
— un formidabile valore di salvezza e di redenzione per il mondo”. È questo — secondo
il cardinale Tettamanzi — un aspetto essenziale del carisma di don Gnocchi che ci
interpella oggi “in modo quanto mai esigente in un contesto sociale e culturale fortemente
secolarizzato, che fatica o si rifiuta ad aprirsi all'interpretazione religiosa e
spirituale della sofferenza umana”. (A.L.)