La guerra della droga in Messico ad un punto di non ritorno: violenze inaudite contro
i civili
La guerra della droga continua a far scorrere sangue nel nord del Messico. Due le
stragi tra sabato e domenica: esecuzioni collettive e di inaudita violenza secondo
la prassi voluta dai trafficanti. A Tijuana 13 ospiti di una struttura per la disintossicazione
sono stati messi al muro e uccisi, mentre a Ciudad Juarez, la città più violenta del
Paese, un commando armato ha fatto irruzione in una festa sparando all’impazzata su
donne, uomini e bambini. 14 i morti ed una ventina i feriti. Gabriella Ceraso
ne ha parlato con Alessandro Grandi esperto dell’area latino-americana per
l'associazione Peace reporter:
R. – E’ assolutamente
un messaggio che la criminalità organizzata sta lanciando al governo centrale messicano
e ai governi dell’area. Questi commando armati, che sono dei veri gruppi paramilitari,
vogliono dimostrare una volta per tutte la loro potenza di fuoco, la loro determinazione
e non hanno problemi – come abbiamo visto – a commettere omicidi di ragazzini di 13-14
anni. Sono metodi molto forti che danno segnali ovviamente anche alla popolazione,
che si spaventa molto e diventa quasi schiava di questo sistema.
D.
– Dunque, un messaggio chiaro; ma sotto c’è una lotta di 'cartelli' che si contendono
un territorio?
R. – Può esserci una vendetta trasversale tra bande,
ma non credo che sia più una questione di divisione del mercato, perché – e lo dico
con amarezza – il mercato della droga è talmente vasto che credo che ce ne sia un
po’ per tutti. Più che altro, io lo vedo come un segnale forte di gruppi che dicono:
noi ci siamo, non abbiamo paura. E purtroppo, sembra che oggi stiano vincendo loro.
I governatori degli Stati della zona hanno alzato quasi le mani: non sono in grado
di porre un limite alla situazione di violenza.
D. – Non sta facendo
passi avanti la politica del presidente Calderón nel contrasto al narcotraffico? Ultimamente
sono stati compiuti degli arresti eccellenti …
R. - A mio avviso la
linea adottata fino ad ora ha fallito da tutti i lati, anche la militarizzazione dell’area,
fondamentalmente, non ha portato a nessun risultato. Ecco, vogliamo dire che è positivo
l’arresto di qualche super boss, però sappiamo benissimo che l’organizzazione è in
grado subito di sostituirlo, forse non è quello il punto principale, sono ben altri
- secondo me - i metodi che devono essere utilizzati. Innanzi tutto sono metodi che
devono arrivare dalla politica centrale, sembra anche che si siano un po’ dimenticati
del nord del Messico, perché – diciamo che in questo momento – in quell’area del Paese,
comanda la criminalità organizzata, che – attenzione – non è solo ed esclusivamente
quella che porta marijuana negli Stati Uniti. E’ la stessa criminalità che poi dà
le coperture ai grandi latitanti mondiali, che gestisce anche il traffico di esseri
umani..
D. - Quindi servono nuove leggi, nuove misure preventive …
R.
- Ma, assolutamente sì, quella è una zona di frontiera, è molto particolare. Ci vorrebbe
molta più cooperazione con il Governo degli Stati Uniti.