Guerra in Iraq: 100mila le vittime, 60mila sono civili
“Nessuna sorpresa” nei documenti sulla guerra in Iraq pubblicati da Wikileaks. La
prima reazione ufficiale del governo di Baghdad, affidata al Ministero dei diritti
umani dopo la pubblicazione, ieri, da parte del sito americano di 400 mila documenti
ritenuti segreti sulla guerra in Iraq. In una conferenza stampa stamani a Londra,
il capo di Wikileaks, Julian Assange, ha detto di voler "correggere gli attacchi alla
verità", dopo che già in passato aveva rivelato informazioni sul conflitto afghano.
Il servizio di Elena Molinari:
Sono morti
almeno 109 mila iracheni, di cui oltre 60 mila civili, in Iraq, tra l’inizio tra dell’invasione
statunitense nel 2003 e il 2009. Il dato è emerso da una montagna di file militari
segreti statunitensi ottenuti da Wikileaks. I documenti rivelano anche agghiaccianti
torture nelle prigioni irachene da parte di militari iracheni, con il benestare delle
autorità locali ma con anche, e spesso, la conoscenza degli americani. I quasi 400
mila rapporti dell’esercito Usa sembrano essere stati passati a Wikileaks dallo stesso
analista militare, Manning, che avrebbe già dato al sito 90 mila documenti sull’Afghanistan.
Degli oltre 60 mila civili rimasti uccisi nel conflitto, dunque, oltre 15 mila hanno
perso la vita in incidenti che finora non si conoscevano: i civili iracheni – si apprende
– furono mandati avanti su strade minate da almeno un capo di un plotone americano.
I documenti gettano luce anche sul coinvolgimento dell’Iran nel conflitto, in particolare
per quanto riguarda il supporto fornito alle milizie sciite. Si scopre, inoltre, che
i tre giovani americani finiti nelle carceri iraniane perché accusati di avere sconfinato,
sarebbero stati invece rapiti in territorio iracheno. Il Pentagono e il Dipartimento
di Stato Usa hanno condannato la pubblicazione dei documenti, perché metterebbero
a rischio la vita dei soldati sul campo.
Scontri in Pakistan: distrutte
due basi terroristiche Continuano le offensive in Pakistan. Nella notte soldati
dell’esercito regolare pakistano hanno distrutto alcune basi dei ribelli, uccidendo
almeno 10 militanti. L’offensiva èavvenuta a Orakazai, nel nord ovest del Paese. Dagli
Stati Uniti, è arrivato intanto l’impegno ufficiale a donare due miliardi di dollari
al governo di Islamabad per rafforzare la lotta al terrorismo. Hillary Clinton, segretario
di Stato americano, impegnata a Washington in un incontro con una delegazione di Islamabad,
ha pubblicamente ringraziato le autorità pakistane definendo il Paese il più solido
degli alleati alla lotta al terrorismo.
L’azione dei maoisti insanguina
le elezioni in India Tensioni e scontri armati nello Stato di Bihar, nell’India
del nord, dove in questi giorni si stanno svolgendo le elezioni per il rinnovo del
parlamento. Sei poliziotti sono stati uccisi in un agguato teso dai ribelli maoisti:
una mina è stata fatta esplodere al passaggio del convoglio militare impegnato in
un’operazione di pattugliamento. L’accaduto ha fatto innalzare la soglia di guardia
nel distretto di Sheohar, nello Stato di Bihar, roccaforte dei ribelli, dove oggi
si tiene la seconda fase elettorale delle sei previste. Il primo ministro indiano,
Manmohan Singh, ha definito la guerriglia naxalita, nome del gruppo maoista, la più
grande minaccia interna alla sicurezza del Paese. Grande preoccupazione desta, inoltre,
la visita ufficiale del presidente americano, Barack Obama, prevista per il 6 novembre.
Si temono, infatti, attacchi terroristici in Kashmir ad opera di ribelli islamici
infiltrati dal Pakistan. Tre sospetti militanti del gruppo islamico estremista Jaish-e-Mohammed
sono stati uccisi ieri dalle forze dell'ordine dopo una lunga battaglia. Facevano
parte di un commando pronto a lanciare attacchi suicidi contro diversi obiettivi militari
della regione.
Approvata la ristrutturazione del Fondo monetario internazionale Al
via un cambiamento decisivo nelle strutture del Fondo monetario internazionale (Fmi).
I ministri finanziari del G20, riuniti in Corea del sud, hanno dato il loro assenso
a riformare la governance e l’assetto dell’organizzazione. Tra le decisioni
più importanti, quella del trasferimento del 6 per cento delle quote di capitale dei
Paesi sviluppati ai Paesi emergenti, la diminuzione di alcune quote da parte di Paesi
storici quali l’Italia in favore della Cina - che diventa così il terzo azionista
del Fondo - e la decisione di far sedere nel Consiglio Brasile, Russia, India e Cina.
L’Europa ha ceduto due seggi, garantendo in questo modo una maggior rappresentazione
dei reali protagonisti economici. Grande entusiasmo del direttore esecutivo, Strauss-Kahn,
che ha definito l’accordo “storico e il più importante dalla nascita del Fmi”.
La
Banca centrale europea frena il Patto di stabilità "No" della Banca centrale
europea alla revisione del Patto di stabilità proposta dal cancelliere tedesco, Angela
Merkel, e dal presidente francese, Nicolas Sarkozy. Sulle riserve e sulle difficili
prospettive di accordo, il servizio di Marco Onali:
Dopo il "no"
di ieri del presidente Trichet, oggi Lorenzo Bini Smaghi, del comitato esecutivo,ha ribadito le critiche al testo proposto per rivedere i criteri vincolanti
in materia di deficit. “Non siamo d'accordo su alcuni punti che riteniamo troppo deboli”,
ha affermato, riferendosi soprattutto a quel sistema di sanzioni che la banca avrebbe
voluto molto più automatiche e immediate nei confronti dei Paesi non virtuosi. L’attenzione
si sposta quindi sul vertice dei capi di Stato che si terrà la prossima settimana
e che discuterà del progetto di revisione del Trattato di Lisbona. “E' per noi un
obiettivo molto importante”, ha ribadito oggi Merkel, che pretende dal Consiglio Ue
un “mandato chiaro” per cambiare le regole entro la prossima primavera, per arrivare
alla ratifica delle modifiche entro il 2013. Ma su questo i 27 rischiano di spaccarsi
e al tavolo dei leader si preannuncia una trattativa difficile. Due gli obiettivi
della Germania, condivisi dalla Francia: arrivare a sanzioni anche politiche nei confronti
dei Paesi recidivi nel violare i parametri del deficit e del debito - come la sospensione
temporanea del diritto di voto nel Consiglio Ue - e mettere a punto un Fondo permanente
anticrisi, per il salvataggio dei Paesi dell'euro in difficoltà finanziarie. L’accordo
Sarkozy-Merkel, però, suscita molte preoccupazioni nelle istituzioni comunitarie e
non è affatto piaciuto in molte capitali, che di modifiche del Trattato non vogliono
sentir parlare. Possibile, dunque, che al tavolo dei leader europei si faccia avanti
anche l'idea si sondare strade alternative, per vedere se l'obiettivo di un rafforzamento
ulteriore, sia del Patto Ue sia della rete di sicurezza per i Paesi della zona euro,
sia possibile anche senza toccare il Trattato.
Il Senato francese ha
approvato la riforma delle pensioni: continuano gli scioperi È stata votata
dal Senato francese la riforma delle pensioni con la quale sarà innalzata l’età minima
pensionabile da 60 a 62 anni. Con 177 voti a favore, 153 contrari e 9 astenuti il
provvedimento, contro cui si era mobilitata gran parte della popolazione, è stato
approvato. Al voto si è arrivati, nonostante le proteste e gli scioperi che stavano
paralizzando il Paese, prima della procedura d'urgenza chiesta dal governo. L’iter
si concluderà la prossima settimana, con il passaggio in Commissione paritaria per
l'allineamento del testo, che sarà poi sottoposto al Consiglio costituzionale. Ma
nel Paese continuano i disagi, a partire dalla penuria di benzina in molte stazioni
di servizio, dovuta allo sciopero delle raffinerie e al blocco di alcune riserve di
carburante. Il governo spera oggi che, con l’inizio delle vacanze di Ognissanti, la
protesta si indebolirà ma il Sindacato ha già annunciato il proseguimento delle proteste,
con due nuovi scioperi indetti per il 28 ottobre e il 6 novembre. In settimana, sciopereranno
anche gli studenti e grande è l’attesa per il voto della Commissione che lunedì prossimo
analizzerà e voterà il provvedimento.
La Serbia dice "no" alla Nato Il
presidente del parlamento serbo, Slavica Djukic-Dejanovic, a margine di un incontro
a Belgrado con una delegazione dell'Assemblea parlamentare della Nato, ha annunciato
che la popolazione serba è decisamente contraria all’ingresso del Paese nell’Alleanza
atlantica. “Sull’adesione della Serbia alla Nato non vi è eccessivo appoggio, cosa
questa abbastanza logica se si considera che il ricordo e le ferite dei bombardamenti
Nato del 1999 sono ancora presenti”, sono state le sue parole. Il capo di Stato ha
tuttavia ricordato che c’è largo favore per un eventuale ingresso nell’Unione Europea.
La delegazione Nato, guidata da Enzo Bianco, vicepresidente della Commissione sulla
dimensione civile della sicurezza dell'Assemblea parlamentare, è stata inoltre messa
al corrente delle strategie difensive del Paese, delle sue politiche cooperative,
delle sue relazioni con Nato e Ue, della situazione in Kosovo e nel resto dei Balcani
occidentali.
Emergenza colera ad Haiti, salgono a 200 i morti e oltre 2000
i contagiati Nuova emergenza umanitaria ad Haiti: sarebbero oltre 200 le vittime
dell’epidemia di colera che ha già contagiato più di 2000 persone. I primi dati, destinati
tuttavia a salire, sono stati confermati dall’Organizzazione Mondiale della sanità.
La zona colpita è quella delle campagne della capitale, Port-Au Prince, mentre non
sono stati rivelati casi di contagio in città, dove vivono accampati e privi di servizi
sanitari di base oltre 1,5 milioni di senzatetto, rifugiati nei campi dopo il terremoto
dello scorso anno. Il ministro della Sanità, Alex Larsen, in accordo con il presidente,
Renè Preval, hanno invitato tutti gli ospedali privati ad accettare i pazienti e invocato
l’aiuto delle organizzazioni non governative. Il rischio è quello che l’epidemia possa
dilagare anche nella vicina Santo Domingo, dove si sta preparando un piano di contenimento.
A
Pechino giovani tibetani protestano contro il governo Nuova manifestazione
contro il governo in Cina, dove centinaia di giovani tibetani stanno manifestando
contro le nuove limitazioni imposte all'uso della lingua tibetana. L'ondata di proteste,
che sembra essere la più vasta dopo quella del 2008, è iniziata martedì scorso a Tongren,
nel Qinghai, una provincia che confina con la Regione Autonoma del Tibet con una forte
presenza di tibetani, ed è arrivata nella notte a Pechino. Gli studenti, tutti compresi
tra i 12 e i 18 anni, chiedono l’uguaglianza di tutte le etnie e la possibilità di
esprimersi nella loro lingua. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza
e Marco Onali)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana
Anno LIV no. 296
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