Giornate dell'interdipendenza a Firenze per un mondo più unito
“L’interdipendenza a casa nostra”, su questo tema si sono confrontate ieri e oggi
a Firenze associazioni e organizzazioni di volontariato, insieme a sindaci, giornalisti
ed esperti, nell’edizione di quest’anno delle “Giornate dell’Interdipendenza: le persone,
i popoli, gli Stati per un mondo più unito”. Dopo aver esaminato il rapporto con la
Cina, l’Africa e l’Islam, questa volta è stato dunque il fenomeno dell’immigrazione
in Italia al centro del dibattito e delle testimonianze. Adriana Masotti ha
sentito Marco Fatuzzo del Movimento politico per l’unità.
R. – L’obiettivo
è quello di tenere desta l’attenzione, soprattutto della società civile, su questo
tema dell’interdipendenza, di cui si parla poco, proprio perché si tratta di un tema
che non è ancora entrato nella cultura e neanche nelle categorie mentali di cui il
cittadino medio è in possesso.
D. – Si parla di “Interdipendenza a
casa nostra”, questo il titolo della manifestazione di quest’anno. Che cosa vuol dire?
R.
– Le iniziative a cui abbiamo dato vita sono partite già nel 2004 e avevano cominciato
ad affrontare il tema dell’interdipendenza, per esempio nel rapporto con l’islam,
un altro anno nel rapporto con la Cina, poi con l’Africa. Il tema di quest’anno lo
chiamiamo “Interdipendenza a casa nostra”, perché si tratta di esaminare come le nostre
città, come il mondo del lavoro, insomma come il nostro Paese venga interrogato e
messo alla prova in rapporto al tema dell’immigrazione.
D. – Un tema
molto importante, una sfida anche per le politiche, per i governi, che si trovano
spesso impreparati. In questo senso, qual è il contributo che possono offrire le associazioni,
i movimenti?
R. – Quello che sta emergendo è che esiste già una miriade
di buone pratiche, che cominciano a porre il problema di una nuova esistenza da condurre
insieme in una città. E’ chiaro che i problemi rimangono e sono tanti.
D.
– Quindi, anche voi non negate che ci siano dei problemi da risolvere. Ma qual è il
pensiero, l'atteggiamento di fondo che vi accomuna, voi che vi siete confrontati in
questi giorni a Firenze, proprio guardando all’immigrazione?
R. – Ryszard
Kapuscinski, giornalista e scrittore polacco, diceva che l’uomo, quando incontra
un altro uomo, diverso da sé, ha tre possibilità davanti: fargli la guerra, isolarsi
– magari dietro ad un muro, eretto tra i due – oppure tentare di stabilire un contatto,
un dialogo. Ebbene, l’esperienza ci sta dimostrando che la soluzione giusta è la terza
che indicava Kapuscinski, cioè che i conflitti vanno gestiti, andando oltre
alla mera tolleranza e arrivando al rispetto, a riconoscere l’altro, la sua identità,
diversa dalla mia, e ad accoglierlo, per condividere le gioie, i dolori, i problemi
che sono comuni, le preoccupazioni che sono comuni. Credo che questa sia l’unica strada
possibile, che questo sia il disegno sull’umanità.