2010-10-22 14:54:06

Intervento di S.E. Emmanuel ADAMAKIS, Metropolita di Francia (FRANCIA), Delegato Fraterno


Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo mi ha pregato di porgervi, a nome del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e Chiesa sorella, tutti i suoi auguri di felice esito in occasione dello svolgimento, in questi giorni, del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente.
Il Medio Oriente attira e affascina. È proprietà di tutti e non soffre di esclusività. Terra sacra, è anche santa per noi cristiani, perché è in questa regione del mondo che è piaciuto a Dio offrirci la più incredibile delle promesse, quella della risurrezione. Questa terra, primo testimone attraverso le epoche dell’opera salvifica di Cristo, partecipa tuttavia di ciò che il filosofo Pascal descriveva come la sua agonia attraverso le epoche. Infatti, l’attualità non cessa di ricordarci le divisioni, le separazioni, le sofferenze quotidiane alle quali alcune frange della popolazione sono sottoposte, al primo posto i cristiani della regione.
Non possiamo che felicitarci per lo svolgimento di questa Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Medio Oriente. Il mondo attende da questa riunione un messaggio forte, che siano proposti dei gesti concreti. Ne va non solo della responsabilità della Chiesa Cattolica in quanto organizzatrice di questo Sinodo, ma anche di ognuna delle Chiese che partecipano a titolo di “Delegati fraterni”, al di là delle nostre differenze, che sono stati semplicemente invitati a prendere parte attiva alla discussione.

Perciò, desidereremmo sottolineare due fatti che ci sembrano essenziali.
Il primo riguarda la scomparsa progressiva del cristianesimo in Medio Oriente. Come far permanere la presenza dei cristiani nella regione tenendo conto dei nostri dialoghi bilaterali? Il documento di lavoro del Sinodo, l’Instrumentum laboris, ricordiamolo, è stato reso pubblico da Papa Benedetto XVI in occasione del sua viaggio ufficiale a Cipro, nel giugno 2010. Si tratta dunque di un segno rivolto non solo agli orientali cattolici, ma anche alla Chiesa Ortodossa e ai suoi fedeli. A questo proposito, è opportuno ricordare l’importanza della presenza ortodossa all’interno delle società orientali. Così, il pluralismo locale deve essere in grado di far progredire le nostre varie iniziative di dialogo e di concretizzarsi in altrettante cooperazioni necessarie e utili per il bene di un numero crescente e la trasmissione efficace della testimonianza evangelica. In effetti, sottolineando le buone relazioni che le nostre Chiese mantengono attualmente, la speranza tangibile di una prossima unione avrà un effetto catalizzatore. Un’unione garantirebbe il permanere della presenza cristiana localmente.
In un secondo tempo, vorremmo offrire un chiarimento particolare sulle nostre capacità di dialogare con le altre componenti religiose della regione e in particolare con i nostri fratelli musulmani ed ebrei. L’accumulo di iniziative che, al giorno d’oggi, il dialogo interreligioso conosce non deve farci perdere di vista il fatto che le iniziative istituzionali non sono pertinenti se non quando l’insieme delle società viene ad essere investito della necessità di un vivere insieme nella pace. Il Medio Oriente, infatti, deve abbandonare la tesi dello scontro di civiltà. Perché sì, un vivere insieme è realizzabile, secondo modalità che non saranno dettate da terzi, ma da quanti vi vivono giorno dopo giorno. Sono essi “il sale della terra”. Ora, la prima condizione inalienabile per qualsiasi coesistenza rimane la garanzia della libertà religiosa per tutti. Solo su questa base i rapporti fra le religioni, i popoli e le culture saranno in grado di favorire l’emergenza di ciò che Lévi-Strauss chiamava “la coesistenza di culture che presentano fra di loro la più grande diversità”.
Infine, auspichiamo che questo Sinodo rafforzi i legami che uniscono tutti i cristiani della regione, con chiarezza, coraggio e amore. Ma anche che, evitando qualsiasi paternalismo eccessivo nei confronti dei cristiani d’Oriente, sappiamo anche noi metterci alla scuola della loro realtà. È dunque nostro dovere, per non dire nostra responsabilità, che questo Sinodo non si aggiunga alla lunga lista degli incontri senza domani, quanto meno per rispetto verso coloro che soffrono e per impegno verso la nostra fede.
Preghiamo perché il Signore ispiri tutti i partecipanti di questo incontro e che, nella pace, conceda di avere alla “moltitudine dei credenti un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32).

[00205-01.05] [DF011] [Testo originale: francese]







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