Intervento di Mons. Flavien Joseph MELKI, Vescovo titolare di Dara dei Siri, Vescovo
di Curia di Antiochia dei Siri (LIBANO), "in scriptis"
Il paragrafo 25 dell’Instrumentum Laboris invita i cristiani del Medio Oriente a dare
il proprio contributo, insieme ai musulmani moderati e illuminati, per riuscire a
instaurare negli Stati islamici in cui vivono, una “laicità positiva” che garantirebbe
l’uguaglianza di tutti i cittadini riconoscendo il ruolo benefico delle religioni.
Questa riforma del regime politico e teocratico dei nostri paesi favorirebbe “la promozione
di una democrazia sana”. Queste proposte, benché auspicabili e legittime, hanno
la possibilità di essere messe in pratica? È pensabile che i paesi arabi del Medio
Oriente, in cui il fondamentalismo continua a inasprirsi, accetteranno, in un futuro
prossimo, di abbandonare i loro regimi teocratici, fondati sul Corano e sulla Shari’a
che comportano una evidente discriminazione nei confronti dei non musulmani? Mi sembra
utopico per i secoli a venire. A eccezione del Libano, i circa 15.000.000 di cristiani
del Medio Oriente sono, sottoposti da 14 secoli a molteplici forme di persecuzione,
di massacro, di discriminazione, di sopruso e di umiliazione. Ancora oggi, nel III
millennio, assistiamo impotenti, con il cuore straziato, alla prova dei nostri fratelli
iracheni e al loro esodo di massa. Dovremo attendere la scomparsa dei cristiani
del Medio Oriente per alzare la voce e reclamare con forza libertà, uguaglianza e
giustizia per queste minoranze religiose minacciate nella loro sopravvivenza? Il mondo
civile assisterà con indifferenza alla loro estinzione? Occorre quindi agire,
senza tardare, per riformare questi regimi islamici. I cristiani del Medio Oriente
non saprebbero, da soli, raggiungere questo obiettivo. Devono essere aiutati dalla
Chiesa universale e dai paesi democratici. 1 - La Santa Sede potrebbe intervenire,
in questo senso, presso i paesi con i quali intrattiene relazioni diplomatiche. 2
- I paesi europei, gli Stati Uniti e i paesi rispettosi dei diritti umani dovrebbero
fare pressione, a tutti i livelli, sui regimi che ledono i diritti inalienabili della
persona umana, per spingerli a riformare le loro leggi, ispirate alla Shari’a islamica,
che considerano le minoranze religiose come cittadini di seconda classe. E perché
non chiedere alle istanze internazionali di perorare la causa dei cristiani, vittime
di discriminazione, ed esigere che i paesi islamici trattino i cristiani alla stregua
degli Stati europei, che conferiscono alle minoranze di musulmani, divenuti cittadini,
gli stessi diritti dei propri abitanti autoctoni. Mobilitando così l’opinione pubblica
internazionale, i cristiani avrebbero delle buone ragioni per sperare e ritroverebbero
la loro dignità di cittadini a pieno titolo, cosa che li spingerebbe a non espatriare. Dobbiamo
reclamare incessantemente i nostri diritti lesi e la nostra dignità calpestata e operare
instancabilmente per ricomporre questa situazione anormale, secondo la Parola di Cristo:
“Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7, 7). O ancora, seguire l’esempio
della vedova del Vangelo, senza mezzi di difesa, che insistendo ha potuto infine ottenere
da un giudice iniquo, senza fede e senza cuore, che venisse fatta giustizia.