2010-10-21 15:16:42

Francia paralizzata dalle agitazioni. L'austerity arriva in Spagna, Regno Unito e Portogallo


Non accenna a calmarsi la protesta sociale in Francia contro la riforma delle pensioni che innalza l’età pensionabile da 60 a 62 anni. Il testo stasera potrebbe essere adottato in Senato, mentre in tutta Europa i governi si apprestano a varare nuove misure antideficit. Il servizio è di Marco Guerra:RealAudioMP3

Un Paese paralizzato: dai trasporti alla scuola, passando per le pompe di benzina. Per il sesto giorno consecutivo migliaia di manifestanti sono scesi in piazza contro la riforma del settore pensionistico. Stasera il testo potrebbe essere approvato al Senato, ma i sindacati oggi pomeriggio decideranno probabilmente di proseguire la mobilitazione anche la prossima settimana, perché la legge dovrà essere poi convalidata dalla commissione paritaria Assemblea-Senato. Intanto, le 12 raffinerie del Paese continuano ad essere paralizzate, così come decine di depositi di carburante. Anche oggi 5.000 pompe di benzina sono chiuse al pubblico su un totale di 12.300. A Marsiglia per cinque ore è stato bloccato l'aeroporto, e continua lo sciopero della nettezza urbana, così come a Tolosa. Sulle strade, i camion hanno imposto stamattina almeno 12 posti di blocco provocando maxi ingorghi un po' ovunque. Il governo, dal canto suo, si mostra fermo: il presidente Sarkozy ha definito “scandalose” le violenze registrate a Lione, dove in due giorni sono state fermate circa 120 persone, ed ha garantito che “i violenti non avranno l'ultima parola”. L’inquilino dell’Eliseo sa di avere l’appoggio di tutti i governi europei che in queste settimane si apprestano a varare durissime misure anti deficit. Ieri il premier Brown ha presentato le ricette salva bilancio fra cui l’innalzamento dell’età pensionabile a 66 anni. Sempre ieri il primo via libera alla finanziaria anti-crisi spagnola che prevede tagli dell’8% al bilancio. Rinviato invece il voto sulla manovra portoghese per consentire al governo socialista di trovare un accordo con l’opposizione sull’aumento delle tasse.

Dunque sono diversi i governi, che, nel tentativo di fronteggiare la crisi, incontrano il malcontento popolare. Sulle conseguenze sociali di questo momento a livello europeo Eugenio Bonanata ha intervistato Domenico De Masi, docente di Sociologia del Lavoro presso L’università La Sapienza di Roma:RealAudioMP3

R. - Intanto, per capire le conseguenze, bisogna forse risalire alle cause. Noi abbiamo alcuni fattori che stanno modificando completamente il sistema socio-economico mondiale: da una parte il progresso scientifico-tecnologico e dall’altra la globalizzazione, la diffusione dei mezzi di comunicazioni di massa, la scolarizzazione diffusa. Sono tutti elementi, questi, che ci stanno facendo passare da una società ad assetto industriale ad una società in assetto post-industriale. Una società cioè in cui prevale la produzione di beni immateriali: servizi, informazioni, simboli, valori ed estetica. In questa situazione ci sono praticamente Paesi che stanno conservando il monopolio della produzione di idee e stanno spostando nei Paesi emergenti le loro fabbriche, perché vendono poco ed inquinano molto, e conviene farle lì anche perché c’è manodopera a basso costo. Questo comporta praticamente che vi sia un rimescolamento delle forze economiche mondiali. Il vecchio mondo - cominciando dall’Europa, ma ormai anche l’America - sta cedendo aliquote di ricchezza ai Paesi del terzo mondo e questo comporta ovviamente che il primo mondo si debba adattare a sistemi e a tenori di vita completamente diversi.

D. – Professore si può parlare in Europa di uno scollamento tra la politica e la società?

R. - Sono entrambe disorientate, perché entrambe non sanno uscire dal vicolo cieco in cui si sono cacciate con il declino dell’industria e l’emergere del post industriale. D’altra parte abbiamo pregato per venti secoli Iddio perché risolvesse il problema della miseria dei Paesi poveri ed ora ci sta ascoltando e, quindi, bisogna abituarsi a ripartire le ricchezze mondiali, che sono ricchezze abbastanza limitate, finite e non più divise tra pochi ricchi e moltissimi poveri, ma tra un certo numero crescente di ricchi.

D. - Secondo lei, ci si può aspettare una recrudescenza delle manifestazioni di protesta…

R. - Non c’è dubbio che bisogna aspettarsi questo.

D. - Cosa consigliare alle imprese europee in questo momento?

R. - Di ridurre gli orari di lavoro in modo da consentire a tutti un poco di lavoro in più, cominciando naturalmente dai manager che stanno dieci ore al giorno in ufficio togliendo il lavoro ai loro figli.

D. - Professore, un’ultima considerazione relativa ai consumatori: cosa consigliare a loro in questa fase?

R. - Di consumare soprattutto “sapere” in modo da arricchire il proprio bagaglio culturale. Questo consente di vivere meglio anche con meno soldi, perché il problema non è quello di accumulare più cose, ma di dare più senso alle cose che già abbiamo.







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