Povertà in Italia. Le Acli: problema cruciale per la democrazia
I poveri in Italia sono 8 milioni e 370 mila, pari al 13 per cento dell’intera popolazione.
E’ il dato allarmante che emerge dal decimo ed ultimo rapporto della Caritas Italiana
e della Fondazione “Emanuela Zancan” su povertà ed esclusione sociale in Italia, presentato
lo scorso mercoledì a Roma, presso la sede della Commissione Europea. Emblematico
il titolo del dossier - “In caduta libera” - che aggiorna in senso peggiorativo la
stima fornita a luglio dall’Istat, che indicava in 7,8 milioni il numero di coloro
che vivono sotto la soglia di povertà. “Alle stime sui poveri – spiega la Caritas
- va aggiunto un 10 per cento, circa 800 mila italiani, classificati come “impoveriti”:
persone che, pur non essendo povere, hanno cambiato il proprio tenore di vita e vivono
in “forte fragilità economica”. Federico Piana ha intervistatoAndrea
Olivero, presidente delle Acli:
R. - Il
problema è cruciale per la cittadinanza, vorrei dire anche per la democrazia del nostro
Paese, perché se il 13 per cento dei nostri cittadini vive in condizioni di povertà,
allora non può stare bene nessuno. L’Italia, oggi, è uno tra i pochissimi Paesi che
non ha delle misure strutturali contro la povertà e questo è particolarmente grave
in questo momento, cioè quando da un lato abbiamo una stabilizzazione su numeri altissimi
della povertà assoluta e una crescita della povertà relativa.
D. - Però
non crede che bisogna anche puntare sul lavoro? Perché la povertà deriva dal fatto
di non avere lavoro o l’avere un lavoro precario …
R. – Certo, noi dobbiamo
avere una logica sempre di più del mondo dell’impresa volta a produrre lavoro e non
soltanto a produrre utili. Ci scontriamo ancora purtroppo con una mentalità che considera
le persone come "esuberi", cosa che è inammissibile, perché contrasta con la visione
della persona come elemento della dignità del lavoro. Io credo però che noi dobbiamo
lavorare su molti campi insieme: sull’assistenza e certamente sul reddito. Oggi esiste
anche una situazione, che è paradossale: il lavoro che non dà mezzi di vita sufficienti
per vivere. Quindi, bisogna mettere in condizioni soprattutto giovani o anziani con
le pensioni minime di poter vivere dignitosamente con quello che è il provento del
proprio lavoro, di oggi o di ieri, e poi bisogna fare politiche più integrate tra
il terzo settore e tutte le opere, anche della Chiesa, con le istituzioni, in particolare
con le istituzioni locali.
D. – Si dice che la povertà aumenta soprattutto
al Sud; al Nord aumenta ma in maniera minore rispetto al Sud. Quindi, ancora un’Italia
a due velocità?
R. – Sì, anche qui ci sono situazioni diversificate
tra zona e zona, tra grandi città e piccoli luoghi, ma non dimentichiamoci che l’Italia
in questi anni ha un record negativo drammatico che è quello dell’allargamento della
forbice tra ricchi e poveri. Se noi non riusciamo ad invertire quelle che sono le
politiche redistributive del Paese rimettendo in campo anche un’attenzione ai redditi
medi e medio bassi, noi non riusciamo ad andare avanti. Invece, sono anni che gli
sconti fiscali, i bonus, sono a senso unico a favore di chi di risorse ne ha di più.
D.
– Presidente Olivero, le famiglie non si sentono sicure, non procreano e si impoverisce
il Paese; il Paese diventa più povero e induce le famiglie a non procreare. E’ un
circuito vizioso?
R. - I figli oggi sono visti quasi come un rischio,
quantomeno, per tutte le famiglie. Bisognerebbe da questo punto di vista essere un
po’ coraggiosi. Noi da più anni stiamo assistendo a vari progetti per le famiglie,
ma poi vediamo passettini che sono quasi nulli nella direzione di un sostegno vero.
D.
– Su questo c’è l’intervento dei vescovi che hanno detto una cosa chiara: bisogna
recuperare i soldi dall’evasione fiscale, eppure non si fa: l’evasione è ancora alta
nel nostro Paese…
R. – Sì, ma perché il tema dell’etica pubblica è un
tema che non passa, perché si ha paura di non avere il consenso. Alla fine si accetta
che l’italiano faccia così, però soltanto una parte degli italiani fa così e quelli
che lo fanno distruggono il resto, minano uno degli elementi base della stessa convivenza
civile, perché pagare le tasse è uno degli elementi fondativi del patto sociale.