Intervento di Mons. Kurt KOCH, Arcivescovo-Vescovo emerito di Basilea, Presidente
del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (CITTÀ DEL VATICANO)
Comunione e testimonianza: nel titolo del Sinodo dei Vescovi sono presenti anche due
concetti chiave dell'ecumenismo cristiano, a cui hanno fatto riferimento due anniversari
celebrati nel corso di quest'anno. In Scozia, ad Edimburgo, dove si è recato in
visita il nostro Santo Padre, Papa Benedetto XVI, nel settembre scorso, ha avuto luogo
cento anni fa la prima Conferenza Mondiale sulla Missione. Il suo scopo prioritario
era quello di prendere coscienza di uno scandalo, per porvi rimedio: lo scandalo insito
nel fatto che varie Chiese e Comunità cristiane si facevano concorrenza nella missione,
nuocendo così alla credibilità dell'annuncio del Vangelo di Gesù Cristo, soprattutto
nei continenti più lontani. Da quel momento, ecumenismo e missione sono diventate
sorelle gemelle, che si chiamano e si appoggiano a vicenda. Questo binomio corrisponde
anche alla volontà stessa di Gesù, che ha pregato per l'unità "affinché il mondo creda
che tu mi hai mandato" (Gv 17,21). Agli occhi di Gesù, l'autentica unità ecumenica
non è un fine in sé, ma si pone al servizio dell' annuncio credibile dell'unico Vangelo
di Gesù Cristo nel mondo odierno. La nostra testimonianza deve pertanto avere un diapason
ecumenico, affinché la sua melodia non sia cacofonica ma sinfonica. E questo diapason
deve essere percepibile nella quotidiana, rinnovata maturazione di ciò che è essenziale,
ovvero nell'unica fede, che opera nell' amore e attraverso l'amore.
Cinquant'anni
fa è stato istituito il Segretariato, oggi Pontificio Consiglio, per la promozione
dell’unità dei cristiani. Esso ha tuttora il compito di servire l'obiettivo ecumenico
di un 'unità visibile nella fede, nei sacramenti e nel ministero ecclesiale. Ecco
che torna in primo piano il secondo concetto chiave, ovvero la comunione, radicata
nel mistero trinitario di Dio, come sottolinea Giovanni nella sua prima lettera con
queste significative parole: "Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo
anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col
Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1 Gv 1,3). Il punto di partenza decisivo di ogni
comunione è l'incontro con Gesù Cristo come Figlio di Dio incarnato. Da questo incontro
scaturisce la comunione tra gli uomini, fondata sulla comunione con il Dio Trino.
La comunione ecclesiale si basa dunque sulla comunione trinitaria: la Chiesa è icona
della Trinità. Da quanto detto finora emerge il legame tra le due realtà, tra
la comunione e la testimonianza: la nostra testimonianza ha come contenuto il mistero
di Dio, che si è rivelato a noi nel suo Logos così come Egli è e vive in se stesso.
Ma questa testimonianza può essere credibile nel mondo odierno solo se la comunione
di vita e la ricerca appassionata di una più ampia comunione diventano esse stesse
icone visibili del mistero divino o, come dice Paolo, "lettere di raccomandazione":
"La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta
da tutti gli uomini" (2 Cor 3,2). L'ecumenismo può essere dunque inteso come processo
in cui la vita ecclesiale cresce verso la comunione: ciò significa che la comunione
di vita nella propria Chiesa diventa testimonianza concreta e s'irradia nella più
ampia comunione ecumenica. La comunione e la testimonianza richiedono anche in
questo Sinodo una declinazione ecumenica, che ci aspettiamo soprattutto dalle Chiese
orientali in Medio Oriente. Esse infatti sono chiamate in particolar modo a respirare
con due polmoni. Desidero pertanto concludere con questo invito pieno di speranza:
aiutate noi tutti e la Chiesa universale a respirare così, ecumenicamente!