Ieri il concerto in Aula Paolo VI per il Papa e i padri sinodali: Verdi si definiva
ateo - dice il Papa – ma la sua Messa da Requiem è un grande appello a Dio
“Un grande appello all’Eterno Padre nel tentativo di superare il grido di disperazione
davanti alla morte”: è la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi nelle parole di Benedetto
XVI che ne ha seguito ieri sera l’esecuzione in Aula Paolo VI. Il Concerto alla presenza
dei padri sinodali, è stato offerto al Pontefice dal direttore e compositore Enoch
Zu Guttenberg che ha guidato la comunità Corale di Neubeuern e l’Orchestra Klang-Verwaltung.
Il servizio è di Gabriella Ceraso.
(musica)
“Un
momento di vera bellezza in grado di elevare il nostro spirito”: parlando brevemente
in tedesco alla platea e agli interpreti ringraziati più volte, il Papa così definisce
l’esecuzione verdiana sentita come “eccellente”. Da fine conoscitore della musica,
nel suo intervento Benedetto XVI è tornato all’origine della Messa scritta nel 1873
per la morte di Alessandro Manzoni che Verdi, ha ricordato il Papa, ammirava e quasi
venerava:
“Nella mente del grande compositore, quest’opera doveva
essere il culmine, il momento finale della sua produzione musicale. Non era solo l’omaggio
al grande scrittore, ma anche la risposta ad un’esigenza artistica interiore e spirituale
che il confronto con la statura umana e cristiana del Manzoni aveva in lui suscitato”.
Poi
il Papa va al cuore della Messa che, come le altre opere verdiane, sottolinea, riecheggia
la visione tragica dei destini umani. In particolare, dice, qui tocchiamo la realtà
ineluttabile della morte e la questione fondamentale del mondo trascendente:
“Verdi,
libero dagli elementi della scena, rappresenta, con le sole parole della liturgia
cattolica e con la musica, la gamma dei sentimenti umani davanti al termine della
vita, l’angoscia dell’uomo nel confronto con la propria fragile natura, il senso di
ribellione davanti alla morte, lo sgomento alle soglie dell’eternità”.
Dunque
una musica, che invita a riflettere sulle realtà ultime con tutti i contrastanti stati
d’animo del cuore umano tra dramma e speranze. La riflessione di Benedetto XVI va
quindi al senso più profondo della Messa stretta tra il pianissimo iniziale Requiem
aeternam… e il sommesso ma reiterato Libera me finale:
“Giuseppe
Verdi, che in una famosa lettera all’editore Ricordi si definiva un po’ ateo, scrive
questa Messa, che ci appare come un grande appello all’eterno Padre, nel tentativo
di superare il grido della disperazione davanti alla morte, per ritrovare l’anelito
di vita che diventa silenziosa ed accorata preghiera: Libera me, Domine”.
E’
la descrizione, conclude il Pontefice, del dramma spirituale dell’uomo al cospetto
di Dio cui anela nel profondo del suo animo e in cui solo può trovare pace e riposo.