Tensione in Medio Oriente dopo il via libera israeliano alla costruzione di nuovi
insediamenti a Gerusalemme Est
Dure critiche dall’Autorità nazionale palestinese al via libera di Israele alla costruzione
di 240 nuovi alloggi a Gerusalemme est. Dopo la diffusione della notizia da parte
della radio pubblica dello Stato ebraico, i vertici palestinesi hanno invocato l’intervento
diplomatico degli Stati Uniti accusando gli israeliani di aver provocato il collasso
dei negoziati di pace. Sugli scenari futuri, Eugenio Bonanata ha intervistato
Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore ed esperto dell'area mediorientale:
R. - Che
il negoziato di pace tra arabi ed israeliani fosse "collassato", ne avevamo già avuto
la sensazione nei giorni scorsi e la decisione adesso di riprendere a costruire gli
insediamenti può essere addirittura una sorta di pietra tombale. Bisognerà vedere,
appunto, quali saranno gli effetti. Da una parte potrebbe esserci un aspetto quasi
paradossale, perché Netanyahu con questa decisione si potrebbe anche rafforzare nei
confronti delle ali più estreme dello schieramento israeliano e, quindi, a questo
punto davvero potrebbe intavolare un negoziato con i palestinesi; dall’altra parte,
però, bisogna vedere quale sarà la reazione di Abu Mazen e soprattutto delle ali più
estreme dello schieramento arabo e palestinese, che potrebbero vedere in questo un
deciso “no” in realtà al negoziato. Di fronte al muro contro muro, si potranno aprire
delle brecce. Certo, tutto adesso è ancora più difficile!
D. - Dopo
il flop della missione in Israele dei ministri degli Esteri francese e spagnolo, si
è detto che il ruolo dell’Europa nella questione è poco incisivo. Ma cosa può fare
Bruxelles per il rilancio dei negoziati?
R. - Innanzitutto l’Unione
Europea deve mettersi d’accordo al suo interno. Perché è poco incisivo questo ruolo?
Prima di tutto perché la politica estera europea non è univoca. Se questa visita franco-spagnola
fosse stata una visita condivisa da almeno altre due nazioni importanti, come la Germania
o l’Italia, ecco allora che forse il peso sarebbe stato maggiore. Naturalmente, poi,
quando fallisce la diplomazia americana, ci si aggrappa un po’ all’ancora europea
per vedere cosa "salta fuori": in genere, soltanto delusioni!
D. - Secondo
lei, a questo punto la Lega Araba può dare delle risposte nuove?
R.
- Diciamo che qui la Lega Araba dovrà, in qualche modo, affrontare tutta una serie
di questioni. Anzitutto la Lega Araba, ancora di più dell’Unione Europea, è un quadro
frammentato e diviso. Ci sono adesso degli schieramenti che si sono delineati in questi
anni e che sono forse addirittura ancora più contrapposti che non in passato, perché
non è soltanto la questione arabo israeliana a dividere in questo momento la Lega
Araba, ma è - per esempio - il nuovo peso e il nuovo ruolo strategico dell’Iran nella
regione. La visita di Ahmadinejad in Libano e soprattutto nel Sud del Libano, da questo
punto di vista, è stata piuttosto evidente. E’ stata una sorta di marcia trionfale
del leader iraniano, che ha fatto e detto quello che ha voluto. Naturalmente tutto
questo non può che aumentare i sospetti e le divisioni all’interno dello schieramento
arabo.