Memoria di Santa Teresa d'Avila: la preghiera vissuta come amicizia con Cristo diventa
amore per gli altri
Fu accolta nel Carmelo di Avila, in Spagna, all’età di vent’anni, ma soltanto 19 anni
dopo giunse a quella che lei stessa chiamò la sua “conversione”. Parliamo di Santa
Teresa d’Avila che la Chiesa ricorda oggi. A lei, donna dal forte carattere vissuta
nel XVI secolo, si deve la riforma dell’ordine carmelitano. Fedele alla Chiesa, nello
spirito del Concilio di Trento, contribuì anche al rinnovamento dell'intera comunità
ecclesiale. Ma come definire Teresa d’Avila? Tiziana Campisi lo ha chiesto
a suor Chiara Maria di Cristo Re e Sacerdote, monaca carmelitana scalza del
monastero Regina Coeli di Roma:
R. – Una
donna molto intelligente, una donna di una grande vivacità, di un coraggio non comune.
Una donna molto volitiva, anche. Forse, l’elemento che colpisce di più è che si tratta
di una donna che ha ricevuto una capacità di amare molto grande, che all’inizio costituisce
un po’ il suo limite, perché non sapeva bene come indirizzarla, ma al momento in cui
lei la fissa tutta su Gesù ridiventa capace anche di amare gli altri in una maniera
nuova, in una maniera grandissima. Per cui colpisce il modo in cui sapeva adattarsi
a tutti: sa farsi vicina alle persone religiose, alle sue figlie spirituali, ma anche
alla gente comune.
D. – Quale spiritualità propone Santa Teresa d’Avila?
R.
- Sicuramente il centro della sua spiritualità è la preghiera, intesa soprattutto
come amicizia con Dio. Lei chiede alle sue figlie ma propone anche a tutti i cristiani
- dunque non si tratta di una cosa solo per frati e monache ma per tutta la Chiesa
- di vivere l’orazione come un colloquio con il Signore e anche come ascolto, che
sempre più diventa, ascolto di Lui, per vivere questo rapporto come un rapporto di
amicizia: Dio come un amico.
D. – Come vivono oggi questa spiritualità
le carmelitane scalze?
R. – Coltivando questo rapporto di amicizia col
Signore e, poi, anche vivendo intensamente la nostra vita comunitaria. Teresa diceva
che non è possibile misurare quanto si ama il Signore, ma che la cartina di tornasole,
il riscontro, è verificare se si è capaci di amare concretamente le persone più vicine.
Vivendo e amando veramente chi si ha vicino si può capire se questo amore cresce e,
allora, sapere anche se la preghiera diventa feconda per tutto il mondo, ma prima
si deve cominciare da quelli che sono vicini.
D. – In che modo la vostra
spiritualità incontra gli altri?
R. - Li incontra sicuramente nel Signore,
cioè per questa via nascosta, misteriosa. Siamo disponibili sempre all’incontro che
il Signore propone, magari attraverso incontri occasionali, come possono essere i
colloqui, ma soprattutto l’incontro più profondo per noi è quello che ci fa arrivare
a un più gran numero di persone attraverso la preghiera.
D. - Cosa dice
all’uomo contemporaneo Teresa d’Avila?
R. – Penso che se potesse dire
una parola all’uomo di oggi sicuramente direbbe: “Rientra in te stesso”. Perché è
nell’interiorità che l’uomo si rende conto di avere la cosa più preziosa che il Signore
gli ha dato: l’anima. Quando Santa Teresa parla dell’anima dice che è come un castello
fatto di un solo diamante e che è lì che la persona non solo incontra se stessa, ma
incontra anche Colui che sta al centro di questo castello che è Dio e non lo incontra
poi per rimanere solo lì, ma quanto più lo incontra tanto più diventa capace di ridonarsi
a tutti. Quello che abbiamo dentro è molto più importante e molto più prezioso di
quello che c’è fuori, che pure è importante, ma non così tanto come quello che il
Signore ci ha dato dentro e che raffigurerà poi tutta la situazione umana, nell’eternità.