Intervento di Mons. Issam John DARWICH, Vescovo di Saint Michael's of Sydney dei Greco-Melkiti
(AUSTRALIA)
Il mio intervento è costituito da due parti: nella prima parte parlerò della mia
Chiesa in Australia, nella seconda della mia Chiesa nei Paesi arabi. Ringrazio
Sua Santità che ha espresso la sua attenzione paterna per la Chiesa intera convocandoci
a questa Assemblea che si tiene attualmente a Roma, la Città eterna dei santi Pietro
e Paolo. Dobbiamo riconoscere con profondo rispetto che la Chiesa latina in Australia
e in Nuova Zelanda, in particolare le Conferenze episcopali cattoliche, hanno svolto
un ruolo vitale nel mantenere le nostre eredità e tradizioni cattolico-orientali. Abbiamo
anche rapporti fraterni con i cristiani ortodossi provenienti dall’Egitto, dal Sudan
e dal Medio Oriente. Parimenti abbiamo buoni rapporti con i copti-ortodossi dell’Egitto
e del Sudan e altre comunità non calcidiche, come i siri e gli assiri, poiché troviamo
molti punti in comune quali la lingua, la cultura e le tradizioni. Le nostre diocesi
partecipano ad un dialogo con molte comunità musulmane in Australia e una delle attività
più importanti è stata di fondare una “Associazione per l’amicizia fra musulmani e
cristiani d’Australia”; essa ha operato per rafforzare le relazioni positive fra le
due religioni e ha fatto diminuire le tensioni fra loro con conferenze, visite mutue
e attività comuni, contribuendo così a risolvere i dissensi fra i musulmani e le comunità
australiane negli anni successivi al tragico evento dell’11 settembre 2001. Noi,
come cattolici orientali e fratelli delle Chiese ortodosse, in particolare quella
di Antiochia, speriamo che la Chiesa cattolica romana ci dia un ruolo più ampio nel
dialogo con i nostri fratelli ortodossi a livello locale ed internazionale. E ciò
ci avvicinerà di più alle nostre due Chiese d’Antiochia e questo sarà di per sé una
grande testimonianza che possiamo dare alle nostre società araba, musulmana e cristiana. Speriamo
anche che le Chiese cattoliche orientali superino gli ostacoli che affrontano nella
loro missione apostolica e pastorale, perché il volto di Cristo possa risplendere. I
problemi principali: 1. Vediamo ogni giorno una crescente intolleranza fra le Chiese
cattoliche orientali, specialmente nello spirito del clero e in chi lavora per le
amministrazioni ecclesiastiche. questa intolleranza semina il sospetto e influenza
chiaramente gli atteggiamenti e la vita dei laici. Per guarire da questo, dobbiamo
fare un piano preciso che possa essere realizzato per educare il clero e i laici con
programmi ben definiti; in tal modo i cattolici orientali potranno realizzare la realtà
dell’unica Chiesa universale. È triste constatare che non tutti i cattolici ascoltano
le parole di Papa Benedetto: “La Chiesa di Gesù Cristo non è latina o greca o slava,
ma cattolica. E perciò non distingue fra i suoi fedeli greci, latini, slavi o altre
nazionalità; tutti sono considerati uguali dalla Santa Sede”. 2. La comunicazione
fra le Chiese cattoliche orientali è ancora superficiale e c’è molta poca collaborazione
specialmente nei progetti sociali e apostolici; per esempio, la triste situazione
in Libano, dove ogni Chiesa sembra essere interessata ad ottenere benefici politici
per sé stessa e più delle altre Chiese, mentre queste dovrebbero cercare di fare il
bene di tutti i cristiani. Questo mostra sicuramente la nostra debolezza e divisioni. 3.
Sembra che noi, chiamati ad essere pastori di anime, sprechiamo molto tempo in questioni
politiche. Questo dovrebbe essere il ruolo dei laici, mentre noi, i consacrati, dobbiamo
mostrare maggiore interesse a proclamare la Parola di Dio e il Vangelo della salvezza
e dobbiamo dedicare tutte le nostre energie ad offrire il pane dell spirito e dell’educazione
al nostro popolo. La nostra gente cattolica orientale, impegnata nella fede in Medio
Oriente e fedele al mutuo rispetto e alla coabitazione fraterna, offre infine un contributo
molto grande e prezioso per aiutare il mondo arabo e musulmano.