2010-10-15 16:09:40

INTERVENTO DELL’INVITATO SPECIALE AL SINODO, SIG. MUHAMMAD AL-SAMMAK, CONSIGLIERE POLITICO DEL MUFTI DEL LIBANO


Alle ore 18.30 il Presidente Delegato, S. B. Ignace Youssif III YOUNAN, ha dato la parola all’Invitato Speciale, Sig. Muhammad AL-SAMMAK, Consigliere politico del Mufti della Repubblica (LIBANO) e successivamente all’Invitato Speciale, Ayatollah Seyed Mostafa MOHAGHEGH AHMADABADI, Professore della Facoltà di Diritto dell’Università “Shahid Beheshti” di Teheran; Membro dell’Accademia iraniana delle scienze (IRAN).
Riportiamo di seguito l'intervento integrale del Sig. AL-SAMMAK:

Quando sono stato invitato al Sinodo Speciale per il Medio Oriente, mi sono posto due domande. La prima è: perché questo Sinodo è dedicato ai cristiani d’Oriente? E la seconda: perché invitare un musulmano al Sinodo, che ruolo posso svolgervi ora e nel futuro?
Per quanto riguarda la prima domanda, cercare di rispondere solleva numerosi interrogativi.
Innanzitutto, se la situazione dei cristiani d’Oriente fosse stata positiva, ci sarebbe stato bisogno di convocare questo Sinodo? E poi, questo Sinodo può garantire la loro serenità e confermare il loro radicamento nella terra dei loro padri e dei loro avi, questa terra da cui è scaturita la fede cristiana per abbracciare il mondo intero?
Personalmente, in quanto musulmano, ritengo importante l’attenzione che il Vaticano riserva ai problemi dei cristiani in generale e dei cristiani d’Oriente in particolare, questo Oriente fonte e culla del cristianesimo. Allo stesso tempo, spero che l’iniziativa del re dell’Arabia Saudita, Abdallah Ben Abdel Aziz a favore del dialogo interreligioso e interculturale possa richiamare l’attenzione del mondo arabo e islamico verso questa causa, in tutte le sue dimensioni, nazionali, religiose e umane, affinché queste due iniziative, quella del Vaticano e quella dell’Arabia Saudita, possano completarsi a vicenda, in vista della risoluzione dei problemi dei cristiani d’Oriente, consapevoli del fatto che si tratta di un’unica questione islamo-cristiana.
Per quanto riguarda la seconda domanda, non credo di essere stato invitato al Sinodo per essere edotto sulle difficoltà dei cristiani in alcuni stati dell’Oriente. La nostra sofferenza in quanto orientali è una sola. Noi condividiamo le nostre sofferenze. Le viviamo nel nostro ritardo sociale e politico, nella nostra recessione economica e dello sviluppo, nella nostra tensione religiosa e confessionale. Tuttavia, prendere il cristiano come bersaglio a causa della sua religione, anche se si tratta di un fenomeno nuovo e contingente per le nostre società, può essere molto pericoloso, soprattutto se c’è reciprocità. Si tratta di un fenomeno estraneo all’Oriente, di un fenomeno in contraddizione con le nostre culture religiose e le nostre costituzioni nazionali, poiché questo fa emergere due fatti gravissimi:
innanzitutto, un tentativo di lacerare il tessuto delle nostre società nazionali, di demolirle e di sciogliere i legami del loro complesso tessuto costruito da molti secoli, in secondo luogo un tentativo di mostrare l’Islam sotto una luce diversa rispetto a quella reale, in contrapposizione con ciò che esso professa e in contraddizione con ciò su cui esso si basa essenzialmente, cioè la concezione delle differenze tra i popoli come uno dei segni di Dio nella creazione e come espressione viva della volontà di Dio, nonché l’accettazione della regola del pluralismo e del rispetto della diversità e della fede in tutti i messaggi divini e in ciò che Dio vi ha rivelato. Il Sacro Corano dice: “Non sono tutti uguali. Tra la gente della Scrittura c'è una comunità che recita i segni di Allah durante la notte e si prosterna. Credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, raccomandano le buone consuetudini e proibiscono ciò che è riprovevole e gareggiano in opere di bene. Questi sono i devoti” (3, 113, 114).
Due aspetti negativi sono la causa del problema dei cristiani d’Oriente:
il primo riguarda la mancanza di rispetto dei diritti dei cittadini nella piena uguaglianza di fronte alla legge in alcuni paesi. Il secondo riguarda l’incomprensione dello spirito degli insegnamenti islamici specifici relativi ai rapporti con i cristiani che il Sacro Corano ha definito “i più predisposti a amare i credenti” e ha giustificato questo amore affermando “che ci sono tra di loro sacerdoti e monaci e che essi non si riempiono d’orgoglio”.
Questi due aspetti negativi, in tutto ciò che comportano come contenuti intellettuali e politici negativi, e in tutto ciò che implicano come atteggiamenti relativi agli accordi e alla loro applicazione e che provocano come azioni preoccupanti e nocive, fanno del male a tutti - cristiani e musulmani - e ci offendono tutti nella nostra vita e nel nostro destino comuni. Per questo, siamo chiamati, in quanto cristiani e musulmani, a lavorare insieme per trasformare questi due aspetti negativi in aspetti positivi: in primo luogo, attraverso il rispetto dei fondamenti e delle regole della cittadinanza che opera l’uguaglianza prima nei diritti e poi nei doveri. In secondo luogo, ostacolando la cultura dell’esagerazione e dell’estremismo nel suo rifiuto dell’altro e nel suo desiderio di avere il monopolio esclusivo della verità, e rafforzando e diffondendo la cultura della moderazione, dell’amore e del perdono, in quanto rispetto della differenza di religione e di fede, di lingua, di cultura, di colore e di razza e poi, come ci insegna il Sacro Corano ci rimettiamo al giudizio di Dio riguardo alle nostre differenze. Sì, i cristiani d’Oriente sono messi alla prova, ma non sono soli.
Sì, i cristiani d’Oriente hanno effettivamente bisogno di aiuto e di appoggio, ma ciò non deve avvenire favorendone l’emigrazione o il ripiegamento su se stessi e neppure attraverso il venir meno da parte dei loro compagni musulmani, ai propri doveri nazionali e morali nei loro confronti. Facilitare l’emigrazione significa costringerli a emigrare. Ripiegarsi su se stessi significa soffocare lentamente. Rinunciare al dovere di difendere il diritto dell’altro a una vita libera e dignitosa significa ridurre l’umanità dell’altro e abbandonare i pilastri della fede.
La presenza cristiana in oriente, che opera e agisce con i musulmani, è una necessità sia cristiana che islamica. È una necessità non solo per l’Oriente, ma anche per il mondo intero. Il pericolo di un calo di questa presenza a livello quantitativo e qualitativo è una preoccupazione sia cristiana che islamica, non solo per i musulmani d’Oriente, ma anche per tutti i musulmani del mondo. Non solo, io posso vivere il mio Islam con qualunque altro musulmano di ogni stato e etnia, ma in quanto arabo orientale, non posso vivere la mia essenza di arabo senza il cristiano arabo orientale. L’emigrazione del cristiano è un impoverimento dell’identità araba, della sua cultura e della sua autenticità.
È per questo che sottolineo ancora una volta qui, dalla tribuna del Vaticano, ciò che ho già detto alla venerabile Mecca, ossia che sono preoccupato per il futuro dei musulmani d’Oriente a causa dell’emigrazione dei cristiani d’Oriente. Conservare la presenza cristiana è un comune dovere islamico nonché un comune dovere cristiano.
I cristiani d’oriente non sono una minoranza casuale. Essi sono all’origine della presenza dell’Oriente prima dell’Islam. Sono parte integrante della formazione culturale, letteraria e scientifica della civiltà islamica. Sono anche i pionieri della rinascita araba moderna e hanno salvaguardato la loro lingua, quella del Sacro Corano.
Come sono stati in prima linea nella liberazione e nella ripresa della sovranità, oggi sono in prima linea anche nell’affrontare e nel resistere all’occupazione, nel difendere il diritto nazionale violato, a Gerusalemme in particolare e nella Palestina occupata in generale.
Ogni tentativo di affrontare la loro causa senza considerare questi dati autentici e radicati nella coscienza delle nostre società nazionali, porta a conclusioni errate, fonda giudizi errati e conduce quindi a soluzioni errate.
È quindi importantissimo che questo Sinodo non sia solo un grido di sofferenza cristiana che risuona in questa valle di dolore qual è il nostro Oriente sofferente. La speranza si basa sulle fondamenta pratiche e scientifiche che il Sinodo getta a favore di un’iniziativa di cooperazione islamo-cristiana comune che possa proteggere i cristiani e tutelare i rapporti islamo-cristiani, affinché l’Oriente, luogo di rivelazione divina, sia ancora degno di innalzare lo stendardo della fede, della carità e della pace per se stesso e per il mondo intero.

[00003-01.08] [NNNNN] [Testo originale: arabo]







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