Il Sinodo dice no a cristianofobia e islamofobia. Parlano due esponenti musulmani
Il dialogo ecumenico ed interreligioso sono stati al centro dei lavori odierni del
Sinodo per il Medio Oriente, in corso in Vaticano sul tema della “comunione e testimonianza”.
Alla presenza di Benedetto XVI, questa mattina si è svolta l’ottava Congregazione
generale con gli interventi degli uditori e dei delegati fraterni, che hanno portato
anche il saluto del Consiglio ecumenico delle Chiese. Ieri pomeriggio, invece, l’atteso
discorso di due invitati speciali, entrambi musulmani: il sunnita Muhammad al-Sammak,
consigliere politico del Gran Mufti del Libano, e lo sciita Ayatollah Seyed Mostafa
Mohaghegh Ahmadabadi, docente di Diritto all’Università di Teheran. Entrambi sono
stati ricevuti anche in udienza dal Santo Padre. Il servizio di Isabella Piro:
Agire insieme
per il bene dei cristiani in Medio Oriente, nell’ottica di una Chiesa universale basata
sull’Eucaristia, unificare la Pasqua, istituire una festa dei martiri dell’Oriente.
La pagina del dialogo ecumenico del Sinodo è ampia ed articolata guarda alla fine
del conflitto israelo-palestinese per portare pace nella regione. Ma il dialogo si
declini anche in forma interreligiosa, chiedono i vescovi, ricordando che Paese islamico
non significa, automaticamente, Paese terrorista. In questo contesto, l’Aula suggerisce
di promuovere una risoluzione Onu sulla libertà religiosa che tuteli sia dalla cristianofobia
che dall’Islamofobia, perché non bisogna essere timidi nel difendere il diritto di
professare la propria fede, così come non si deve usare la religione per giustificare
guerre di interesse politico ed economico.
L’esperienze del dialogo
tra le religioni viene raccontato anche dagli uditori del Sinodo, come il Movimento
dei Focolari, il Cammino neocatecumenale e la Comunità di Sant’Egidio che ribadiscono
l’importanza della presenza cristiana nei Paesi islamici, il suo operato nella promozione
della pace e dell’unità. Vitale anche la collaborazione con i laici e la necessità
di offrire alle donne e ai disabili la possibilità di scoprire la propria missione
nella Chiesa e nel mondo, così come di educare i giovani all’apertura e all’accettazione
dell’altro. In questo, può essere utile rilanciare la letteratura arabo-cristiana.
Poi,
lo sguardo del Sinodo si allarga all’orribile dramma dei cristiani in Iraq: c’è una
campagna deliberata per cacciarli dal Paese, dicono i vescovi, la comunità internazionale
non può restare in silenzio.E il silenzio non deve scendere
neanche sulla difficile situazione della Chiesa in Turchia, a volte ignorata e a rischio
di sopravvivenza. La sua storia, dicono i Padri Sinodali, è stata scritta anche con
il sangue di vittime come mons. Luigi Padovese, Vicario apostolico dell’Anatolia,
ucciso in modo premeditato nel giugno scorso, dagli stessi poteri indicati come responsabili
della morte di don Andrea Santoro e del giornalista armeno Dink.
Ieri,
intanto, al centro dei lavori pomeridiani, anche l’intervento di due invitati speciali,
entrambi musulmani:il sunnita al-Sammak e
lo sciita Ayatollah Ahmadabadi:
Ahmadabadi: "Mutual understanding..." "Comprensione
reciproca". Questo il filo conduttore degli interventi dei due esponenti islamici
per descrivere i rapporti tra cristiani e musulmani. In particolare, lo sciita ribadisce:
la stabilità del mondo si può raggiungere solo se tutti possono vivere senza paura
dell’altro. Ed è quindi essenziale che i fedeli di ogni religione possano esercitare
i propri diritti senza vergogna. Certo, continua l’invitato speciale, nel corso del
tempo ci sono stati momenti bui nei rapporti tra cristiani e musulmani e sussistono
ancora punti di vista reazionari, ma ci sono Paesi islamici in cui i cristiani vivono
fianco a fianco con i musulmani. Ed è questa la strada da seguire".
Al-
Sammak: (parole in arabo) Gli fa eco il sunnita: condividiamo la sofferenza
dei cristiani, dice, ed ora siamo chiamati a lavorare insieme nel rispetto dei diritti
e dei doveri, nella lotta all’estremismo, nella promozione della cultura dell’amicizia
e del perdono. Perché una presenza cristiana in Oriente che opera insieme all’Islam
è una necessità per il mondo intero.