2010-10-15 14:15:15

Il Sinodo dice no a cristianofobia e islamofobia. Parlano due esponenti musulmani


Il dialogo ecumenico ed interreligioso sono stati al centro dei lavori odierni del Sinodo per il Medio Oriente, in corso in Vaticano sul tema della “comunione e testimonianza”. Alla presenza di Benedetto XVI, questa mattina si è svolta l’ottava Congregazione generale con gli interventi degli uditori e dei delegati fraterni, che hanno portato anche il saluto del Consiglio ecumenico delle Chiese. Ieri pomeriggio, invece, l’atteso discorso di due invitati speciali, entrambi musulmani: il sunnita Muhammad al-Sammak, consigliere politico del Gran Mufti del Libano, e lo sciita Ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi, docente di Diritto all’Università di Teheran. Entrambi sono stati ricevuti anche in udienza dal Santo Padre. Il servizio di Isabella Piro:RealAudioMP3

Agire insieme per il bene dei cristiani in Medio Oriente, nell’ottica di una Chiesa universale basata sull’Eucaristia, unificare la Pasqua, istituire una festa dei martiri dell’Oriente. La pagina del dialogo ecumenico del Sinodo è ampia ed articolata guarda alla fine del conflitto israelo-palestinese per portare pace nella regione. Ma il dialogo si declini anche in forma interreligiosa, chiedono i vescovi, ricordando che Paese islamico non significa, automaticamente, Paese terrorista. In questo contesto, l’Aula suggerisce di promuovere una risoluzione Onu sulla libertà religiosa che tuteli sia dalla cristianofobia che dall’Islamofobia, perché non bisogna essere timidi nel difendere il diritto di professare la propria fede, così come non si deve usare la religione per giustificare guerre di interesse politico ed economico.

L’esperienze del dialogo tra le religioni viene raccontato anche dagli uditori del Sinodo, come il Movimento dei Focolari, il Cammino neocatecumenale e la Comunità di Sant’Egidio che ribadiscono l’importanza della presenza cristiana nei Paesi islamici, il suo operato nella promozione della pace e dell’unità. Vitale anche la collaborazione con i laici e la necessità di offrire alle donne e ai disabili la possibilità di scoprire la propria missione nella Chiesa e nel mondo, così come di educare i giovani all’apertura e all’accettazione dell’altro. In questo, può essere utile rilanciare la letteratura arabo-cristiana.

Poi, lo sguardo del Sinodo si allarga all’orribile dramma dei cristiani in Iraq: c’è una campagna deliberata per cacciarli dal Paese, dicono i vescovi, la comunità internazionale non può restare in silenzio. E il silenzio non deve scendere neanche sulla difficile situazione della Chiesa in Turchia, a volte ignorata e a rischio di sopravvivenza. La sua storia, dicono i Padri Sinodali, è stata scritta anche con il sangue di vittime come mons. Luigi Padovese, Vicario apostolico dell’Anatolia, ucciso in modo premeditato nel giugno scorso, dagli stessi poteri indicati come responsabili della morte di don Andrea Santoro e del giornalista armeno Dink.

Ieri, intanto, al centro dei lavori pomeridiani, anche l’intervento di due invitati speciali, entrambi musulmani: il sunnita al-Sammak e lo sciita Ayatollah Ahmadabadi:

Ahmadabadi: "Mutual understanding..."
"Comprensione reciproca". Questo il filo conduttore degli interventi dei due esponenti islamici per descrivere i rapporti tra cristiani e musulmani. In particolare, lo sciita ribadisce: la stabilità del mondo si può raggiungere solo se tutti possono vivere senza paura dell’altro. Ed è quindi essenziale che i fedeli di ogni religione possano esercitare i propri diritti senza vergogna. Certo, continua l’invitato speciale, nel corso del tempo ci sono stati momenti bui nei rapporti tra cristiani e musulmani e sussistono ancora punti di vista reazionari, ma ci sono Paesi islamici in cui i cristiani vivono fianco a fianco con i musulmani. Ed è questa la strada da seguire".

Al- Sammak: (parole in arabo)
Gli fa eco il sunnita: condividiamo la sofferenza dei cristiani, dice, ed ora siamo chiamati a lavorare insieme nel rispetto dei diritti e dei doveri, nella lotta all’estremismo, nella promozione della cultura dell’amicizia e del perdono. Perché una presenza cristiana in Oriente che opera insieme all’Islam è una necessità per il mondo intero.







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