Il cardinale Rodé inaugura l'anno accademico al Teresianum: credere è non temere l'impopolarità
“Dio è Verità. È il rifiuto di ogni forma di compromesso, di confusione voluta o di
falsità nelle relazioni, negli impegni, nei rapporti brevi o in quelli portano gravi
responsabilità a tutti i livelli”: è quanto ha affermato questa mattina il cardinale
Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le
Società di Vita Apostolica, all’inaugurazione dell’anno accademico della Pontificia
Facoltà Teologica Teresianum di Roma – affidata al patrocinio di Santa Teresa di Gesù
e San Giovanni della Croce – che quest’anno celebra 75 anni di storia. Nell’omelia
pronunciata durante la Messa presieduta questa mattina alle 10.30, il porporato ha
sottolineato che intendere Dio come Verità significa avere una “inclinazione positiva
a gestire la vita, le vicende, le cose, anche la cosa pubblica, con la trasparenza
di chi si lascia possedere dalla Verità, senza temere le conseguenze che possono conoscere
l’impopolarità e l’emarginazione”. Per il cardinale Rodé “c’è bisogno più che mai,
oggi, di questa certezza: ‘Dio è verità’” e l’esempio di Santa Teresa d’Avila, che
la Chiesa ricorda oggi, è un aiuto “per allontanare ogni suggestione di vanità”. A
docenti e studenti del Teresianum, nato il 16 luglio del 1935, festa della Beata Vergine
Maria del Monte Carmelo, il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita
Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha ricordato che proprio nell’istituto
carmelitano Santa Teresa “continua, nei secoli, a irradiare sulla Chiesa di Cristo
il suo insegnamento e la sua materna cura”, lei che è stata la prima donna nella storia,
ad essere stata proclamata Dottore della Chiesa Universale, quarant’anni fa, il 27
settembre del 1970, da Paolo VI. Ricordando l’esperienza della monaca, il porporato
ha evidenziato che è stata “la contemplazione della Passione” a farla giungere ad
un alto grado di maturazione spirituale. In preghiera davanti ad una “statua del Signore
piagato” udì “queste parole: ‘Non cercare di chiudere me in te, ma cerca di chiudere
te in me’”. Da quel momento si lasciò “impregnare dall’amore dell’Amato come la spugna
dall’acqua” e iniziò “a comprendere che amare il Signore Crocefisso significa accorgersi
della verità, della concretezza del suo amore”. (T.C.)