Intervento di Mons. Guy-Paul NOUJAIM, Vescovo titolare di Cesarea di Filippo, Vescovo
ausiliare e Sincello per Sarba (LIBANO)
L’Instrumentum Laboris (76), citando il Vaticano II, dichiara che la divisione dei
cristiani è fonte di scandalo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione
del Vangelo. Successivamente (78), ricorda che Sua Santità, Papa Giovanni Paolo II,
ha auspicato una nuova forma di esercizio del primato che non danneggi la sua missione
e che sia ispirato alle forme ecclesiali del primo millennio, le quali, benché diverse,
non impediscono ai cristiani di sentirsi a proprio agio in tutte queste forme, sia
che riguardino la spiritualità, la vita morale o la struttura. Ecco l’invito a
rivedere il ruolo e il posto dei patriarchi d’Oriente in funzione delle origini. Un
principio reggeva all’epoca l’organizzazione della Chiesa: per uno stesso spazio,
una sola giurisdizione. La Chiesa, da cui ne erano scaturite altre più o meno centrali,
ne assicurava l’unità essendo elevata al rango di patriarcato. Il concilio di Nicea
nel 325 parla di tre patriarcati: Roma, Alessandria e Antiochia. Nel V secolo, la
Pentarchia è organizzata secondo il seguente ordine: prima di tutto il Papa di Roma,
poi il patriarca di Costantinopoli, poi quello di Alessandria, poi quello di Antiochia
e infine quello di Gerusalemme. Un ritorno all’unità implica quindi una teologia
e un’organizzazione giuridica della Chiesa che ridiano ai patriarchi d’Oriente i privilegi
dei primi tempi della Chiesa universale, presso il Papa, capo di tutta la Chiesa.
Le principali difficoltà per un simile progetto sono: - la fondazione, dal primo
millennio, di nuovi patriarcati; - l’esistenza, per una stessa sede, di più patriarchi
cattolici e di uno ortodosso; - una curia romana con prerogative non ben definite
rispetto a quelle dei patriarchi. Proposta: Sua Santità incarichi una commissione,
composta da esperti teologi, storici e pastori, per proporre soluzioni concrete a
queste difficoltà e la Chiesa si impegni a applicarle senza attardarsi.