Intervento di Mons. Youssef BÉCHARA, Arcivescovo di Antélias dei Maroniti (LIBANO)
Il mio intervento fa riferimento ai numeri 25 e 39 dell’Instrumentum Laboris in cui
si parla di laicità positiva. Successivamente al numero 109, si afferma che non c’è
laicità nei paesi musulmani. Dato che la stragrande maggioranza dei paesi del Medio
Oriente sono musulmani e rifiutano quindi la laicità, sarebbe meglio utilizzare invece
per il nostro Sinodo il termine cittadinanza o stato civico perché si tratta di un
termine più accettato e che si riferisce alle stesse realtà. Inoltre è stato usato
dalle autorità religiose e dagli scrittori musulmani in Libano e non solo. Fra
l’altro i Patriarchi Cattolici d’Oriente, nelle loro lettere pastorali, in particolare
in quella che affronta i rapporti tra cristiani e musulmani, al n. 32, hanno largamente
impiegato il termine cittadinanza. Ma affinché la realtà della cittadinanza venga
ammessa, generalizzata e integrata a livello delle costituzioni e soprattutto delle
mentalità, occorre un duplice lavoro: - a livello societario popolare, i mezzi
di comunicazione sociale possono essere di grande aiuto poiché si tratta di radicare
nelle masse i principi che la cittadinanza comporta, soprattutto l’uguaglianza di
tutti e l’accettazione della diversità religiosa e culturale. - a livello educativo,
nelle scuole e nelle università, la cittadinanza può essere approfondita durante gli
anni della formazione. Occorre un lavoro di risanamento dei programmi per eliminarne
le discriminazioni. Questo duplice lavoro è necessario se si vuol andare oltre
le classi alte - per le quali la cittadinanza, il dialogo e anche la libertà sono
ammesse - per raggiungere le masse che possono essere manipolate e abbandonarsi a
ogni tipo di estremismo.