Intervento di Mons. Bosco PUTHUR, Vescovo titolare di Foratiana, Vescovo di Curia
di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi (INDIA)
Anzitutto l’Arcivescovo Maggiore, il Sinodo dei Vescovi, i sacerdoti, i religiosi
e i fedeli della Chiesa siro-malabarese sono grati al Santo Padre per averci invitato
a partecipare a questo Sinodo. Poiché il nostro Arcivescovo Maggiore, il cardinale
Varkey Vithayathil CSsR, non è attualmente in grado di viaggiare, sono stato pregato
di rappresentare la Chiesa siro-malabarese. La nostra Chiesa accoglie e sostiene pienamente
le iniziative intraprese dal Santo Padre per rafforzare la Chiesa cattolica in Medio
Oriente, affinché essa, in comunione, possa dare testimonianza al Vangelo in questa
regione. Comunque, con questo intervento, vorrei sottoporre all’attenzione di questa
augusta assemblea alcuni problemi pastorali indicati nell’Instrumentum laboris ai
numeri 49 e 50, che dicono: “Nei Paesi del Medio Oriente si fa strada un fenomeno
nuovo e importante: diverse Nazioni accolgono, come lavoratori immigrati, centinaia
di migliaia di africani ed asiatici... Queste persone sono spesso oggetto di ingiustizie
sociali... Tale immigrazione interpella anche le nostre Chiese. C’è qui una responsabilità
pastorale per accompagnare queste persone, tanto sul piano religioso che sociale”. I
fedeli siro-malabaresi sono presenti nella Regione del Golfo fin dagli anni ’60. Per
le loro necessità pastorali dipendono completamente dai Vicariati latini del Kuwait
e dell’Arabia. Queste strutture ecclesiastiche create nel XX secolo per poche migliaia
di emigranti non sono affatto adeguate per prendersi cura dei milioni di fedeli oggi
presenti nella regione. Riconosciamo con gratitudine gli sforzi dei due Vicari
apostolici della regione. Tuttavia, la situazione della cura pastorale dei fedeli
siro-malabaresi nei Paesi del Golfo Arabico è del tutto inadeguata e insoddisfacente.
Nella regione ci sono almeno 430.000 emigranti siro-malabaresi (Arabia Saudita, 190.000;
Emirati Arabi Uniti, 110.000; Oman, 45.000; Kuwait, 40.000; Bahrein, 35.000; Qatar,
10.000), ma nemmeno una parrocchia è eretta per loro. Fatta eccezione per Doha, non
ci sono un’assistenza pastorale e una catechesi-formazione alla fede appropriate per
i fedeli siro-malabaresi, in conformità con la loro tradizione ecclesiale. La gerarchia
siro-malabarese non è affatto coinvolta né invitata a questo. La sola chiesa costruita
a Doha per i nostri fedeli non è eretta a parrocchia, ma rimane un avamposto della
parrocchia latina. Inoltre alla gerarchia siro-malabarese sono poste gravi restrizioni
con un ‘rescritto’ della Santa Sede che impedisce ogni coinvolgimento della nostra
Chiesa nel fornire un’assistenza pastorale appropriata ai nostri fedeli nell’area. La
comunità si trova in una situazione precaria e molti sono diventati indifferenti alla
pratica della fede cattolica. Gli Ordinari locali non sono né in grado di fare né
sono preparati adeguatamente a dare una assistenza pastorale appropriata all’eredità
della singola Chiesa. Alla Chiesa siro-malabarese non è concessa nessuna libertà di
assistere i suoi fedeli nella regione, un diritto previsto dagli insegnamenti del
Concilio Vaticano II, dal Diritto Canonico e da altri documenti del Magistero. I sacerdoti
religiosi che lavorano attualmente nella regione non hanno la necessaria formazione
pastorale e liturgica per assistere la nostra gente. A causa dell’inadeguatezza dell’assistenza
pastorale, c’è il pericolo sempre crescente che i nostri siano fuorviati da gruppi
pentecostali che prosperano nella regione del Golfo. Perciò è essenziale affidare
la cura pastorale dei fedeli siro-malabaresi alla nostra Chiesa, erigendo strutture
ecclesiali adeguate e concedendo la giurisdizione alla nostra gerarchia. Contrariamente
all’opinione generalmente fatta circolare da alcuni ecclesiastici, i governi nella
Regione del Golfo in generale sono aperti alle comunità cristiane, poiché attualmente
hanno bisogno di lavoratori emigranti. Speriamo e preghiamo che la Sede Apostolica
svolga un’azione adeguata per porre rimedio alla grave situazione nella regione e
per consentire a tutte le parti coinvolte di offrire una cura pastorale adeguata ai
nostri fedeli, conformemente alla tradizione liturgica e spirituale dei cristiani
di San Tommaso.