Intervento del Sig. Harés CHÉHAB, Segretario Generale del Comitato Nazionale per il
Dialogo Islamico-Cristiano (LIBANO), Uditore
È paradossale osservare che questi cristiani, che sono parte costituente di questo
Oriente da molto tempo prima dell’Islam, attualmente si trovano davanti al terribile
dilemma di scegliere tra la scomparsa e l’isolamento, che porrebbe fine al loro ruolo
storico e alla loro missione. La gravità del problema è diventata sempre più grande
fino ad assumere tutta la sua ampiezza nel corso degli ultimi decenni, che hanno visto
la nostra regione svuotarsi lentamente dei suoi cristiani, che tuttavia tanto hanno
contribuito a formare la sua civiltà e che sono sempre stati pionieri nella lotta
per la sua libertà e il suo accesso alla modernità. Questo esodo non può in nessun
modo essere attribuito a motivi di ordine puramente economico, altrimenti si sarebbe
spopolata l’intera regione, ed è evidente che la discriminazione, la persecuzione
in alcuni luoghi, la paura in altri, la mancanza di libertà, la disparità di diritti
sono alla base di questo movimento. Ogni domanda relativa al futuro dei cristiani
nella nostra regione ci porta a dedicarci a molte altre questioni ad essa intimamente
legate, a cominciare dal dialogo interreligioso, a che punto è e quali sono i suoi
orizzonti, che ne è del rapporto tra religione e Stato, o in altri termini tra ciò
che è spirituale e ciò che è temporale, la laicità, la libertà, l’estremismo, il fondamentalismo,
il terrorismo, tutti argomenti che vengono spesso ripresi dai media. Purtroppo,
i colloqui e molte conferenze che trattano del dialogo islamico-cristiano, dal cui
successo dipende in gran parte il mantenimento della presenza attiva cristiana nella
nostra regione, non concedono lo spazio importante che tali argomenti meritano, accontentandosi
di porre l’accento sui punti di convergenza, certamente utili, ma nascondere i problemi
o, nella migliore delle ipotesi, affrontarli in modo timido, non ha fatto progredire
molto la nostra causa, anzi. I risultati ottenuti continuano a essere fragili e svaniscono
davanti al il primo vero ostacolo. Ed è così che si allarga sempre di più il divario
tra le tavole di incontri sul dialogo e il vissuto quotidiano, ed è qui che la letteratura
utilizzata e la convergenza su alcuni punti non trovano la via di un’applicazione
pratica. Perciò d’ora in poi questo stile dovrebbe lasciare il posto a un’altra
forma, dalla quale sarà bandito il linguaggio compiacente per incentrarsi soprattutto
sulla verità, per quanto dura possa essere, ma con amore e sincerità, preoccupandosi
di sensibilizzare i musulmani affinché prendano coscienza della realtà dei nostri
problemi, e ciò, nel mutuo interesse di tutte le parti e della nostra regione. Bisognerebbe
intensificare la celebrazione di congressi e di riunioni, per portare i partecipanti
ad affrontare queste questioni spinose. Fino ad oggi, e perfino nei documenti preparati
dagli esperti musulmani in vista del Sinodo, le osservazioni non vanno oltre il quadro
classico e tradizionale, perché semplice, in una società in rapido cambiamento e i
cui relativi problemi di natura multiculturale e multireligiosa sono tanto complessi.
Inoltre, far risalire un problema cronico, vecchio ormai di diverse centinaia di anni
e quindi molto precedente l’inizio del conflitto tra israeliani e arabi, all’appoggio
che l’Occidente dà a Israele, e confondendo i cristiani con l’Occidente, deriva dalla
volontà di nascondere le vere cause del problema. Ma parallelamente vi è una crescente
azione da parte di molti musulmani che, fedeli alla loro fede e alla loro religione,
non cessano di proclamare che essa rifiuta e vieta simili modi di agire. Allo stesso
tempo, al livello di alcuni Stati, constatiamo una tolleranza che certamente non ha
ancora raggiunto il livello auspicato, ma che lascia comunque una nota di speranza
per il futuro. Ad ogni modo, in Libano siamo determinati, cristiani e musulmani,
ad andare avanti, a consolidare la nostra vita comune e ad affrontare insieme le minacce
rappresentate dalle correnti estremiste, dal fanatismo, dall’integralismo, che negano
il diritto alla differenza, consapevoli delle difficoltà ma decisi a riuscire a trasmettere
il nostro messaggio di vita comune.