Indagine Ue sulle esenzioni dell'Ici in Italia: non privilegi, ma riconoscimento di
attività di forte rilevanza sociale
La Commissione europea di Bruxelles ha annunciato ieri l’apertura di una indagine
per verificare se le esenzioni dal pagamento dell’Ici, che in Italia riguardano immobili
ecclesiastici e appartenenti ad associazioni no profit, sono contrarie alle regole
europee sulla libera concorrenza. Il governo italiano – afferma una nota della Farnesina
– è convinto di poter dimostrare in maniera chiara e definitiva alla Commissione le
buone e fondate ragioni che giustificano la disciplina cointestata, la quale non determina
una violazione della normativa europea sugli aiuti di Stato. Sulla questione Sergio
Centofanti ha sentito Patrizia Clementi, esperta dell’avvocatura dell’arcidiocesi
di Milano per il settore tributario:
R. – Innanzitutto,
va fatta una premessa: non c’entra niente il Vaticano, non c’entra niente la Chiesa
italiana come entità astratta. Si tratta dei singoli enti ecclesiastici – le parrocchie,
gli istituti religiosi, le fondazioni di culto, le diocesi: sono questi gli enti ecclesiastici.
Non c’entra niente il Vaticano e non significa niente dire “la Chiesa” in generale.
Seconda puntualizzazione sulle esenzioni: si tratta di una norma prevista dallo Stato
italiano che non riguarda soltanto gli enti ecclesiastici e non riguarda tutti gli
immobili degli enti ecclesiastici, ma riguarda gli immobili dove gli enti non commerciali
svolgono otto – e solo otto – tipi di attività. Possiamo ricordarle: sono le attività
assistenziali, culturali, sanitarie, didattiche, ricettive, sportive, ricreative e
previdenziali. Sono attività connaturate da una forte valenza di rilevanza sociale.
D.
– Si parla solo della Chiesa, ma sono interessate dall'indagine europea anche associazioni
laiche no-profit e onlus …
R. – Sì, decisamente! Tutti quelli che, secondo
la normativa, rientrano nella categoria degli enti non commerciali. Certamente gli
enti ecclesiastici ma, appunto, le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni
di volontariato, tutte le onlus: sono tutti enti che hanno l’assenza del fine di lucro
soggettivo, cioè non hanno un padrone che ha il diritto di portare a casa gli eventuali
utili, non solo, ma che svolgono in maniera non esclusiva attività commerciali così
come qualificati dalla norma fiscale.
D. – Ci può fare un esempio?
R.
– Ad esempio: se una parrocchia apre una mensa per i poveri e, magari, ha un contributo
in convenzione dal comune o dalla provincia, dalla regione, oppure o in aggiunta prevede
una specie di prezzo anche se minimo, di 50 centesimi - magari a scopo educativo -
ecco, per il fisco questa è un’attività commerciale perché c’è una prestazione e c’è
una contro-prestazione. Ma secondo la norma di esenzione dell’Ici, l’immobile in cui
si svolge questa attività è un immobile esente perché è un immobile utilizzato da
un ente non commerciale – la parrocchia – dove si svolge un’attività che rientra in
una delle otto tipologie di cui abbiamo parlato: sarebbe, in questo caso, l’attività
di carattere esistenziale. Capisce che dal punto di vista del fisco è comunque un’attività
commerciale perché c’è una prestazione e una contro-prestazione.
D.
– Che cosa dire per quanto riguarda una casa religiosa che ospiti, per esempio, pellegrini
o ritiri spirituali?
R. – Gli immobili destinati alle attività ricettive
sono esenti a condizioni che rispettino determinate condizioni. E’ un’attività non
alberghiera; deve rivolgersi innanzitutto a un’utenza predeterminata. La parrocchia
che ha la casa per ferie, la utilizzerà per i propri parrocchiani. Facciamo l’esempio
del collegio: la utilizzerà per i propri studenti e le loro famiglie. Nel caso di
un istituto religioso, deve avere un’utenza di riferimento. Può, naturalmente ospitare
tutti, ma se vuole rientrare nei limiti previsti per l’esenzione, deve darsi un limite
in riferimento all’utenza. Non deve poi essere disponibile all’accoglienza per tutto
l’anno. Se risponde a tutte queste caratteristiche, ha diritto ad avere l’esenzione
dall’Ici; se invece no, non ne ha diritto.
D. – Questa esenzione non
è dunque un privilegio, come viene presentata...
R. – Non è un privilegio!
Come tutte le norme di esenzione, ha una logica e la logica è: il comune – perché
è il comune che riceve l’Ici – rinuncia all’Ici in cambio del beneficio che tutta
la collettività riceve dal fatto che nel suo territorio, in un immobile situato nel
suo territorio, un ente senza fine di lucro svolge un’attività di rilevante importanza
sociale.