Il Papa all'udienza generale prega per i minatori in Cile. Catechesi dedicata alla
mistica Angela da Foligno
Il Papa, oggi all’udienza generale in Piazza San Pietro, ha elevato la sua preghiera
per la buona riuscita dell'operazione di salvataggio dei minatori in Cile: "continuo
ad affidare con speranza i minatori" - ha detto - "alla divina bontà" di Cristo.
Benedetto XVI ha dedicato la catechesi alla beata Angela da Foligno, grande mistica
medioevale vissuta nel XIII secolo, di cui ha tracciato il cammino spirituale: “dalla
conversione all’unione mistica con il Cristo crocifisso, all’inesprimibile. Un cammino
altissimo – ha spiegato Benedetto XVI - il cui segreto è la preghiera costante”. Angela
da Foligno - ha ricordato parlando a braccio - era lontana da Dio, immersa in una
vita mondana. Gli incontri con San Francesco e col Cristo Crocifisso risvegliano la
sua anima: capisce che solo con Dio la vita diventa vera vita. Oggi - ha osservato
- corriamo tutti il pericolo di vivere come se Dio non esistesse. Ma Dio ha mille
modi per farsi presente alla nostra anima, per dimostrare che esiste, mi conosce e
mi ama. La beata Angela da Foligno ci invita ad essere attenti ai segni con i quali
Dio ci tocca l'anima.
"La prima parte della vita di Angela - ha detto il Papa
nelal sua catechesi - non è certo quella di una fervente discepola del Signore. Nata
intorno al 1248 in una famiglia benestante, rimase orfana di padre e fu educata dalla
madre in modo piuttosto superficiale. Venne introdotta ben presto negli ambienti mondani
della città di Foligno, dove conobbe un uomo, che sposò a vent’anni e dal quale ebbe
dei figli. La sua vita era spensierata, tanto da permettersi di disprezzare i cosiddetti
“penitenti” - molto diffusi in quell’epoca – coloro, cioè, che per seguire Cristo
vendevano i loro beni e vivevano nella preghiera, nel digiuno, nel servizio alla Chiesa
e nella carità. Alcuni avvenimenti, come il violento terremoto del 1279, un uragano,
l’annosa guerra contro Perugia e le sue dure conseguenze incidono nella vita di Angela,
la quale progressivamente prende coscienza dei suoi peccati, fino ad un passo decisivo:
invoca san Francesco, che le appare in visione, per chiedergli consiglio in vista
di una buona Confessione generale da compiere: siamo nel 1285, Angela si confessa
da un Frate a San Feliciano. Tre anni dopo, la strada della conversione conosce un’altra
svolta: lo scioglimento dai legami affettivi, poiché, in pochi mesi, alla morte della
madre seguono quelle del marito e di tutti i figli. Allora vende i suoi beni e nel
1291 aderisce al Terz’Ordine di San Francesco. Muore a Foligno il 4 gennaio 1309.
Il
Libro della beata Angela da Foligno, in cui è raccolta la documentazione sulla nostra
Beata - ha continuato il Papa - racconta questa conversione; ne indica i mezzi necessari:
la penitenza, l’umiltà e le tribolazioni; e ne narra i passaggi, il susseguirsi delle
esperienze di Angela, iniziate nel 1285. Ricordandole, dopo averle vissute, ella cercò
di raccontarle attraverso il Frate confessore, il quale le trascrisse fedelmente tentando
poi di sistemarle in tappe, che chiamò “passi o mutazioni”, ma senza riuscire a ordinarle
pienamente (cfr Il Libro della beata Angela da Foligno, Cinisello Balsamo 1990, p.
51). Questo perché l’esperienza di unione per la beata Angela è un coinvolgimento
totale dei sensi spirituali e corporali, e di ciò che ella “comprende” durante le
sue estasi rimane, per così dire, solo un’“ombra” nella sua mente. “Sentii davvero
queste parole - ella confessa dopo un rapimento mistico -, ma quello che vidi e compresi,
e che egli [cioè Dio] mi mostrò, in nessun modo so o posso dirlo, sebbene rivelerei
volentieri quello che capii con le parole che udii, ma fu un abisso assolutamente
ineffabile”. Angela da Foligno presenta il suo “vissuto” mistico, senza elaborarlo
con la mente, perché sono illuminazioni divine che si comunicano alla sua anima in
modo improvviso e inaspettato. Lo stesso Frate confessore fa fatica a riportare tali
eventi, “anche a causa della sua grande e mirabile riservatezza riguardo ai doni divini”
(Ibid., p. 194). Alla difficoltà per Angela di esprimere la sua esperienza mistica
si aggiunge anche la difficoltà per i suoi ascoltatori di comprenderla. Una situazione
che indica con chiarezza come l’unico e vero Maestro, Gesù, vive nel cuore di ogni
credente e desidera prenderne totale possesso. Così in Angela, che scriveva ad un
suo figlio spirituale: “Figlio mio, se vedessi il mio cuore, saresti assolutamente
costretto a fare tutte le cose che Dio vuole, perché il mio cuore è quello di Dio
e il cuore di Dio è il mio”. Risuonano qui le parole di san Paolo: “Non vivo più io,
ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Consideriamo allora - ha proseguito Benedetto
XVI - solo qualche “passo” del ricco cammino spirituale della nostra Beata. Il primo,
in realtà, è una premessa: “Fu la conoscenza del peccato, - come ella precisa – in
seguito alla quale l’anima ebbe un gran timore di dannarsi; in questo passo pianse
amaramente” (Il Libro della beata Angela da Foligno, p. 39). Questo “timore” dell’inferno
risponde al tipo di fede che Angela aveva al momento della sua “conversione”; una
fede ancora povera di carità, cioè dell’amore di Dio. Pentimento, paura dell’inferno,
penitenza aprono ad Angela la prospettiva della dolorosa “via della croce” che, dall’ottavo
al quindicesimo passo, la porterà poi sulla “via dell’amore”. Racconta il Frate confessore:
“La fedele allora mi disse: Ho avuto questa divina rivelazione: «Dopo le cose che
avete scritto, fa’ scrivere che chiunque vuole conservare la grazia non deve togliere
gli occhi dell’anima dalla Croce, sia nella gioia sia nella tristezza che gli concedo
o permetto»” (Ibid., p. 143). Ma in questa fase Angela ancora “non sente amore”; ella
afferma: “L’anima prova vergogna e amarezza e non sperimenta ancora l’amore, ma il
dolore” (Ibid., p. 39), ed è insoddisfatta.
Angela - ha sottolineato il Pontefice
- sente di dover dare qualcosa a Dio per riparare i suoi peccati, ma lentamente comprende
di non aver nulla da darGli, anzi di “essere nulla” davanti a Lui; capisce che non
sarà la sua volontà a darle l’amore di Dio, perché questa può solo darle il suo “nulla”,
il “non amore”. Come ella dirà: solo “l’amore vero e puro, che viene da Dio, sta nell’anima
e fa sì che riconosca i propri difetti e la bontà divina […] Tale amore porta l’anima
in Cristo e lei comprende con sicurezza che non si può verificare o esserci alcun
inganno. Insieme a questo amore non si può mischiare qualcosa di quello del mondo”
(Ibid., p. 124-125). Aprirsi solamente e totalmente all’amore di Dio, che ha la massima
espressione in Cristo: “O mio Dio - prega - fammi degna di conoscere l’altissimo mistero,
che il tuo ardentissimo e ineffabile amore attuò, insieme all’amore della Trinità,
cioè l’altissimo mistero della tua santissima incarnazione per noi. […]. Oh incomprensibile
amore! Al di sopra di quest’amore, che ha fatto sì che il mio Dio si è fatto uomo
per farmi Dio, non c’è amore più grande” (Ibid., p. 295). Tuttavia, il cuore di Angela
porta sempre le ferite del peccato; anche dopo una Confessione ben fatta, ella si
trovava perdonata e ancora affranta dal peccato, libera e condizionata dal passato,
assolta ma bisognosa di penitenza. E anche il pensiero dell’inferno l’accompagna perché
quanto più l’anima progredisce sulla via della perfezione cristiana, tanto più essa
si convincerà non solo di essere “indegna”, ma di essere meritevole dell’inferno.
Ed ecco che, nel suo cammino mistico - ha detto il Santo Padre - Angela comprende
in modo profondo la realtà centrale: ciò che la salverà dalla sua “indegnità” e dal
“meritare l’inferno” non sarà la sua “unione con Dio” e il suo possedere la “verità”,
ma Gesù crocifisso, “la sua crocifissione per me”, il suo amore. Nell’ottavo passo,
ella dice: “Ancora però non capivo se era bene maggiore la mia liberazione dai peccati
e dall’inferno e la conversione a penitenza, oppure la sua crocifissione per me” (Ibid.,
p. 41). E’ l’instabile equilibrio fra amore e dolore, avvertito in tutto il suo difficile
cammino verso la perfezione. Proprio per questo contempla di preferenza il Cristo
crocifisso, perché in tale visione vede realizzato il perfetto equilibrio: in croce
c’è l’uomo-Dio, in un supremo atto di sofferenza che è un supremo atto di amore. Nella
terza Istruzione la Beata insiste su questa contemplazione e afferma: “Quanto più
perfettamente e puramente vediamo, tanto più perfettamente e puramente amiamo. […]
Perciò quanto più vediamo il Dio e uomo Gesù Cristo, tanto più veniamo trasformati
in lui attraverso l’amore. […] Quello che ho detto dell’amore […] lo dico anche del
dolore: l’anima quanto contempla l’ineffabile dolore del Dio e uomo Gesù Cristo, tanto
si addolora e viene trasformata in dolore” (Ibid., p. 190-191). Immedesimarsi, trasformarsi
nell’amore e nelle sofferenze del Cristo crocifisso, identificarsi con Lui. La conversione
di Angela, iniziata da quella Confessione del 1285, arriverà a maturazione solo quando
il perdono di Dio apparirà alla sua anima come il dono gratuito di amore del Padre,
sorgente di amore: “Non c’è nessuno che possa portare scuse – ella afferma - perché
chiunque può amare Dio, ed egli non chiede all’anima se non che gli voglia bene, perché
egli l’ama ed è il suo amore” (Ibid., p. 76).
Nell’itinerario spirituale di
Angela - ha affermato il Papa - il passaggio dalla conversione all’esperienza mistica,
da ciò che si può esprimere all’inesprimibile, avviene attraverso il Crocifisso. E’
il “Dio-uomo passionato”, che diventa il suo “maestro di perfezione”. Tutta la sua
esperienza mistica è, dunque, tendere ad una perfetta “somiglianza” con Lui, mediante
purificazioni e trasformazioni sempre più profonde e radicali. In tale stupenda impresa
Angela mette tutta se stessa, anima e corpo, senza risparmiarsi in penitenze e tribolazioni
dall’inizio alla fine, desiderando di morire con tutti i dolori sofferti dal Dio-uomo
crocifisso per essere trasformata totalmente in Lui: “O figli di Dio, - ella raccomandava
- trasformatevi totalmente nel Dio-uomo passionato, che tanto vi amò da degnarsi di
morire per voi di morte ignominiosissima e del tutto ineffabilmente dolorosa e in
modo penosissimo e amarissimo. Questo solo per amor tuo, o uomo!” (Ibid., p. 247).
Questa identificazione significa anche vivere ciò che Gesù ha vissuto: povertà, disprezzo,
dolore, perché – come ella afferma - “attraverso la povertà temporale l’anima troverà
ricchezze eterne; attraverso il disprezzo e la vergogna otterrà sommo onore e grandissima
gloria; attraverso poca penitenza, fatta con pena e dolore, possederà con infinita
dolcezza e consolazione il Bene Sommo, Dio eterno” (Ibid., p. 293).
Dalla
conversione all’unione mistica con il Cristo crocifisso, all’inesprimibile. Un cammino
altissimo - ha spiegato il Papa - il cui segreto è la preghiera costante: “Quanto
più pregherai – ella afferma - tanto maggiormente sarai illuminato; quanto più sarai
illuminato, tanto più profondamente e intensamente vedrai il Sommo Bene, l’Essere
sommamente buono; quanto più profondamente e intensamente lo vedrai, tanto più lo
amerai; quanto più lo amerai, tanto più ti diletterà; e quanto più ti diletterà, tanto
maggiormente lo comprenderai e diventerai capace di capirlo. Successivamente arriverai
alla pienezza della luce, perché capirai di non poter comprendere”.