All'udienza generale Benedetto XVI prega per i minatori cileni. La catechesi sulla
Beata Angela da Foligno
La salvezza dei minatori del Cile – che in queste ore stanno finalmente tornando alla
luce dopo 69 giorni di permanenza coatta sotto terra – affidata dal Papa alla “bontà”
di Cristo. E’ la breve preghiera che Benedetto XVI ha levato questa mattina all’udienza
generale in Piazza San Pietro. Il Papa ha dedicato la catechesi a una mistica del
13.mo secolo, la Beata Angela da Foligno. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La preghiera
del Papa attraversa l’oceano e si stende ad attirare i favori del cielo tra la polvere
e le lacrime di gioia di chi ha ricominciato a vivere dopo il lungo incubo. Le brevi
parole che Benedetto XVI pronuncia in spagnolo davanti alla folla di Piazza San Pietro
seguono di pochi minuti l’uscita da lungo tunnel buio del settimo minatore cileno,
uno dei 33 protagonisti di una delicata operazione di salvataggio che da ore ha catturato
le emozioni del mondo, collegato in diretta tv e web. A Cristo e “alla sua divina
bontà” prega Benedetto XVI...
“… sigo encomendando con esperanza… ...affido
con speranza i minatori della regione di Atacama, in Cile”.
La catechesi
ha visto Benedetto XVI ancora addentro alla feconda corrente spirituale del XIII secolo,
dalla quale emerge un’altra grande mistica, la Beata Angela da Foligno. Benestante
e inizialmente piuttosto mondana, Angela si sposa presto, mette al mondo dei figli
e, afferma il Papa, con la superficialità con la quale è stata educata “si permette
di disprezzare” i “penitenti”, coloro che per seguire Cristo vendevano a quel tempo
i propri beni per mettersi al servizio della Chiesa in povertà e penitenza. La vita
però si fa dura e Angela ha modo di riflettere. Nel 1285, la svolta: la futura Beata
invoca San Francesco, che le appare in visione, quindi decide di confessarsi. Parte
da lì il suo lento ma “ricco cammino spirituale”, un susseguirsi di passi e di visioni
interiori:
“Angela da Foligno presenta il suo ‘vissuto’ mistico,
senza elaborarlo con la mente, perché sono illuminazioni divine che si comunicano
alla sua anima in modo improvviso e inaspettato (...) Alla difficoltà per Angela di
esprimere la sua esperienza mistica si aggiunge anche la difficoltà per i suoi ascoltatori
di comprenderla. Una situazione che indica con chiarezza come l’unico e vero Maestro,
Gesù, vive nel cuore di ogni credente e desidera prenderne totale possesso”.
In
realtà l’ascesi di Angela da Foligno è faticosa. In una prima fase, spiega il Pontefice,
in lei non c’è la sensazione di essere amata di Dio, quanto piuttosto “vergogna”,
che si accompagna a un’acuta consapevolezza del proprio peccato e alla paura della
dannazione:
"Questo ‘timore’ dell’inferno risponde al tipo di fede
che Angela aveva al momento della sua “conversione”; una fede ancora povera di carità,
cioè dell’amore di Dio (...) Angela sente di dover dare qualcosa a Dio per riparare
i suoi peccati, ma lentamente comprende di non aver nulla da darGli, anzi di ‘essere
nulla’ davanti a Lui”.
Nonostante abbia fatto una buona confessione,
Angela – prosegue Benedetto XVI – è combattuta nell’anima: si trova perdonata ma è
"ancora affranta dal peccato, libera e condizionata dal passato, assolta ma bisognosa
di penitenza”. C’è ancora un passo prima di arrivare al culmine di questa maturazione
spirituale in cui, afferma il Papa, “il perdono di Dio apparirà alla sua anima come
dono gratuito di amore del Padre”. E questo passo è la comprensione del sacrificio
estremo di Gesù:
“Ciò che la salverà dalla sua ‘indegnità’ e dal
‘meritare l’inferno’ non sarà la sua ‘unione con Dio’ e il suo possedere la ‘verità’,
ma Gesù crocifisso, 'la sua crocifissione per me', il suo amore (...) Contempla di
preferenza il Cristo crocifisso, perché in tale visione vede realizzato il perfetto
equilibrio: in croce c’è l’uomo-Dio, in un supremo atto di sofferenza che è un supremo
atto di amore”.
Un atto supremo di amore che però oggi il mondo
ignora, banalizza, preferisce dimenticare. E da questa constatazione scaturisce la
riflessione spontanea con la quale il Papa conclude la catechesi:
“Oggi
siamo tutti in pericolo di vivere come se Dio non esistesse: sembra così lontano dalla
vita odierna. Ma Dio ha mille modi, per ciascuno il suo, di farsi presente nell'anima,
di mostrare che esiste e mi conosce e mi ama. E la beata Angela vuol farci attenti
a questi segni con i quali il Signore ci tocca l'anima, attenti alla presenza di Dio,
per imparare così la via con Dio e verso Dio, nella comunione con Cristo Crocifisso”.
Tra
i saluti in lingua, da rilevare quello in ungherese con il quale Benedetto XVI ha
voluto ricordare gli abitanti di Kolontár, il villaggio colpito lo scorso 4 ottobre
da un gravissimo disastro ambientale. Prego, ha detto il Papa per coloro “che hanno
dovuto lasciare le loro case, e tutti coloro che sono stati colpiti dal fango tossico,
specialmente coloro che hanno perso la vita”. Non è mancato un invito, in lingua polacca,
a pregare per il Sinodo della Chiesa del Medio Oriente, in corso da alcuni giorni
in Vaticano, e un saluto e un augurio per una ulteriore crescita è stato indirizzato
al gruppo “Amici e Benefattori di Telepace”, in PIazza San Pietro per il 20.mo di
presenza dell’emittente a Roma. L’ultimo pensiero del Papa, rivolto tradizionalmente
ai giovani, agli ammalati ed ai nuovi sposi, è stato all’insegna della Madonna di
Fatima, di cui il 13 ottobre si ricorda l'ultima apparizione, avvenuta nel 1917.