Relazione di Mons.Raymundo DAMASCENO ASSIS, Presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano
(C.E.L.AM.), per l'America Latina
In primo luogo vorrei ringraziare il Santo Padre Benedetto XVI per avermi designato
a partecipare, in qualità di Presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano e
dei Caraibi, a questo Sinodo delle Chiese pellegrine nei Paesi del Medio Oriente.
Molte grazie, Santo Padre, per questa nomina che mi onora e mi rallegra e che è un
segno di apprezzamento di Sua Santità verso la Chiesa in America Latina. Le Chiese
sorelle del Medio Oriente sono state la culla della Chiesa di Gesù Cristo e il primo
luogo della sua .espansione e, ancor di più, il luogo privilegiato della manifestazione
della “pienezza dei tempi” nella persona del Signore Gesù. Nel partecipare a questo
Sinodo per il Medio Oriente devo riconoscere con gratitudine la immensa ricchezza
che abbiamo ricevuto attraverso di voi. Prima di tutto i libri sacri della Bibbia
che ci alimentano nel nostro incontro con il Signore e ci illuminano in ogni decisione
che dobbiamo prendere per la nostra vita personale ed ecclesiale. Anche la Tradizione
viva e i Concili che, nella loro ricezione dinamica, permettono alle nostre Chiese
con le loro ricchezze uniche e diverse di far condividere ai nostri popoli la vita
di Gesù Cristo. Senza dimenticare la ricca Pneumatologia delle Chiese orientali. La
vostra multiculturalità fondante è un fatto fin dalla prima espansione ecclesiale.
Con il tempo certamente ha subito molti adattamenti e squilibri numerici e sociopolitici,
nonché correzioni. Anche oggi, nel nostro mondo globalizzato e segnato da molte tensioni,
essa è qualcosa che tutti sperimentiamo giorno per giorno e dalla quale possiamo apprendere
molto delle storie e delle difficoltà presenti di queste Chiese. Il tema della
laicità dei governi che guidano i nostri popoli in molti casi è diventato discriminatorio
sia per intransigenze ideologiche, sia, come per alcuni di voi, per una imposizione
teocratica, una “islamizzazione” della vita pubblica. Questa è una sfida che condividiamo
con voi, che ci impone di lottare per una libertà religiosa autentica in ambito pubblico.
Dobbiamo tenere ben presente questo fatto anche nella catechesi allo scopo di formare
cristiani e cittadini profondamente consapevoli dei loro diritti e doveri. Il Santo
Padre Benedetto XVI, nella sua visita in Francia (2008), ha ripreso il prezioso concetto
di una “laicità positiva”. Da questa situazione nasce una sfida di cui abbiamo
preso nuova coscienza. Si tratta della formazione dei laici delle nostre Chiese. Nella
nostra ultima Conferenza generale dell’America Latina e dei Caraibi (nel 2007), svoltasi
ad Aparecida in Brasile, si è sottolineato che questa formazione deve partire da un
profondo incontro personale con Gesù Cristo, che segni e perduri come esperienza costante
nella vita di ciascuno, e da una adeguata formazione nella roccia costituita dalla
parola di Dio di fronte alla nuova situazione culturale che viviamo. Ciò deve permettere
la presenza dei laici nei nuovi areopagi e nei vari compiti del servizio pubblico. Nel
menzionare i discepoli laici non si può fare a meno di menzionare l’enorme importanza
della famiglia come formatrice di valori umani e cristiani. Tutte le famiglie attualmente
soffrono una frattura generazionale causata dalla velocità con cui oggi tutto cambia.
Pero questo non deve inibire la sua forza educatrice. In alcuni aspetti della famiglia
possiamo coincidere con credenti musulmani e lo abbiamo visto in occasione di votazioni
di organismi internazionali. Ci sono però altri aspetti della concezione concreta
della famiglia che ci distanziano da questi, per esempio per quanto concerne il ruolo
della donna nella famiglia e nella società. Formare laici per i tempi di oggi non
dispensa, anzi richiede di formare anche presbiteri che comprendano la grande necessità
di una profonda “conversione personale e pastorale” per fare delle loro parrocchie
e dei loro apostolati luoghi e ministeri di animazione missionaria alla maniera delle
prime comunità cristiane. È necessario passare da una pastorale di conservazione a
una pastorale animata dallo spirito missionario. Nella Conferenza generale di Aparecida
il Santo Padre ha affermato che essere “discepoli e missionari di Gesù Cristo” sono
due facce della stessa medaglia. Non si è discepolo, se non si è missionario, e non
si è missionari, se non si è discepoli. Questa necessaria “conversione” avrà anche
forti conseguenze nella pastorale vocazionale. Il giovane di oggi vuole darsi con
generosità al Dio della Vita, ma si tira indietro quando percepisce solo sforzi di
conservazione e non scopre la novità trasformatrice del Vangelo nella nostra storia
presente. La pastorale vocazionale deve aiutare i giovani a scoprire Gesù come “Via,
Verità e Vita” e mostrar loro le diverse strade per seguirlo, mettendo in risalto
la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata. Nei nostri paesi latino-americani
e dei Caraibi abbiamo molti emigranti mediorientali - di prima e seconda generazione
- la maggior parte dei quali sono cristiani. Molti sono entrati a far parte della
Chiesa latina e ci sono piccoli gruppi con le proprie eparchie. Il nostro desiderio
è che si cresca ancora di più nella coscienza della nostra comune fede cattolica e
che ci si avvicini maggiormente a un’azione missionaria condivisa. In questo momento
stiamo realizzando in tutte le nostre Chiese la cosiddetta “Missione Continentale”,
frutto della Conferenza Generale di Aparecida. Sarebbe una splendida testimonianza
poterci unire in questo sforzo evangelizzatore. Da ultimo, vogliamo condividere
con voi la preoccupazione per il conflitto israelo-palestinese. Anche in questo siamo
in comunione con il Santo Padre nel suo sforzo di trovare una soluzione al conflitto.
Che sia ristabilita nella terra di Gesù la pace fra questi due popoli! Chiediamo
al Signore Gesù, per intercessione di Maria Santissima, Regina degli Apostoli, che
diffonda su questa Assemblea Sinodale il suo Spirito che fa nuove tutte le cose.