2010-10-12 15:34:15

Relazione del Card. Péter ERDŐ, Presidente del "Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae" (C.C.E.E.), per l'Europa


Nel nome dei vescovi europei rappresentati dai Presidenti di tutte le Conferenze Episcopali del continente, radunati dieci giorni fa a Zagabria alla quarantesima sessione plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) porgo i miei più sentiti e cordiali saluti ai Presuli qui presenti e a tutti i cattolici del Medio Oriente.

Guardando dall’Europa, la Terra Santa e il Medio Oriente si trovano a Est. È da lì che ci è arrivata la luce di Cristo che rimane per sempre il vero Sole Invincibile che non conosce tramonto. Il volto di Gesù brilla come il sole (Mt 17,2) ed illumina tutta la storia dell'umanità. Ma questo splendore i discepoli scelti l'hanno visto sul monte della trasfigurazione mentre si preparava già il dramma della passione e della risurrezione del Signore.

L’Europa è debitore del Medio Oriente. Non soltanto una moltitudine degli elementi fondamentali della nostra cultura proviene da quella regione, ma anche i primi missionari del nostro continente sono arrivati da lì. Con gratitudine conserviamo il ricordo dell'avvenimento raccontato negli Atti degli Apostoli: “Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macedone che lo supplicava ‘Vieni in Macedonia e aiutaci!’. Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo” (At 16,9-10). È stata una decisione provvidenziale del Santo Padre Benedetto XVI l’aver dedicato un intero anno a San Paolo, apostolo delle nazioni, il cui fervore e saggezza sono estremamente attuali per la nuova evangelizzazione.

A questo proposito devo ricordare il nostro pellegrinaggio episcopale europeo a Tarso, città di San Paolo, ma devo ripetere anche l’espressione di cordoglio e solidarietà dei Vescovi europei, che abbiamo manifestato in occasione della morte violenta di Sua Eccellenza Mons. Luigi Padovese, già presidente della Conferenza Episcopale della Turchia.
Pensando al Medio Oriente, noi europei dobbiamo esaminare la nostra coscienza. È vivo ancora il messaggio del Vangelo tra di noi, quella buona novella che abbiamo ricevuto dagli apostoli? O non si vede più nella nostra vita quella luce e quell'entusiasmo che scaturisce dalla fede in Cristo?

Nei nostri tempi, quando profughi ed emigranti cristiani arrivano in Europa dai diversi Paesi del Medio Oriente qual è la nostra reazione? Siamo abbastanza attenti alle cause che costringono migliaia se non milioni di cristiani a lasciare la terra dove abitavano i loro antenati da quasi duemila anni? È vero che anche il nostro comportamento è responsabile per quello che sta accadendo? Siamo proprio di fronte ad una grande sfida. Dobbiamo esaminare la natura e gli effetti dei cambiamenti in Europa e nel mondo occidentale. Sappiamo esprimere in modo efficace il nostro sostegno ai cristiani del Medio Oriente? I fattori principali della vita pubblica europea sono ancora sensibili ai valori umani illuminati dal cristianesimo? O sono piuttosto indifferenti e sfiduciati verso questa nostra preziosa eredità? Eredità senza la quale l’Europa non esisterebbe nemmeno in senso culturale.

I cristiani che arrivano dal Medio Oriente bussano alla porta dei nostri cuori e risvegliano la nostra coscienza cristiana.

Come accogliamo questi fratelli e sorelle, come contribuiamo al fatto che la loro antica eredità - anche ecclesiastica - venga conservata per il futuro?

Il tema di questo Sinodo è La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. Negli Atti degli apostoli leggiamo infatti che la moltitudine dei credenti aveva “un cuore solo e un'anima sola” (At 4,32). Tale comunione esiste nella Chiesa anche oggi, anzi, la comunione dei santi è un articolo della nostra professione di fede. Tale comunione essenziale dev' essere - come la Chiesa stessa - allo stesso tempo visibile e invisibile, deve muoversi nel mondo della grazia, ma anche nella società. I cattolici d’Europa pregano, lavorano, si sforzano e combattono per essere presenti ed efficaci anche nella società visibile. Malgrado tutte le tristezze, tutte le delusioni, tutte le esperienze negative e a volte anche le discriminazioni o le pressioni che colpiscono i cristiani che vogliono seguire la loro coscienza, non smettiamo di sperare che anche la nostra Europa possa ritrovare la sua identità radicata profondamente nella cultura della vita, della speranza e dell' amore. Più siamo consapevoli della nostra vocazione cristiana nella società, più saremo anche capaci di mostrare e irradiare la forza del vangelo che è potente e può trasformare la società umana anche nel nostro secolo. Fedeli all'insegnamento del Concilio Vaticano II manifestato in modo speciale nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes dobbiamo seguire l'invito della Chiesa: "Coloro che sono o possono diventare idonei per l'esercizio dell'arte politica, così difficile, ma insieme così nobile, si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e al vantaggio materiale. Agiscano con integrità e saggezza contro l’ingiustizia e l’oppressione, il dominio arbitrario e l’intolleranza d’un solo uomo o di un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita politica" (GS 75f).

"Medico, cura te stesso" (Le 4,23) - scrive San Luca, il "caro medico" (Col 4,14).
Dobbiamo quindi guarirci - noi, cristiani d'Europa - con l'aiuto dello Spirito Santo perché possiamo rispecchiare la luce di Cristo, ricevuta dall'Oriente, e ricambiare il dono ottenuto attraverso la nostra coraggiosa testimonianza.

In questo senso chiedo la benedizione di Dio al presente Sinodo e a tutti i cristiani del Medio Oriente. Stella Orientis, prega per noi!

[00020-01.04] [RC003] [Testo originale: italiano]







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