Relazione del Card. Polycarp PENGO, Presidente del "Symposium of Episcopal Conferences
of Africa and Madagascar" (S.E.C.A.M.), per l'Africa
Parlo qui a nome del Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar
(SECAM) di cui sono attualmente presidente. Il Simposio delle Conferenze Episcopali
dell’Africa e del Madagascar ha un legame intrinseco con la Chiesa nel Medio Oriente,
soprattutto grazie alla Chiesa in Egitto, che fa parte sia dell’Africa che del Medio
Oriente. L’Egitto, nonostante le differenze culturali e linguistiche con l’Africa
sub-Sahariana, fa parte per necessità geografica della Chiesa in Africa (SECAM), così
come fa parte della Chiesa in Medio Oriente grazie a fattori linguistici e culturali.
Le due componenti dell’appartenenza della Chiesa in Egitto sono certamente non incompatibili,
anzi, possono essere sfruttate positivamente per il bene della Chiesa sia in Africa
che nel Medio Oriente. Da una parte, i cristiani emigrano dal Medio Oriente a causa
di quelle che possono essere considerate situazioni di oppressione contro la fede
cristiana in alcuni paesi del Medio Oriente. Dall’altra, molti giovani cristiani africani
migrano ogni anno dall’Africa sub-Sahariana a quella del Nord (Egitto compreso) per
motivi di studio, di lavoro o di transito verso l’Europa e il Medio Oriente. Molti
di questi giovani che lasciano i loro paesi sono cristiani praticanti ferventi. Quando
giungono nel Nord dell’Africa, si trovano in un’atmosfera a predominanza islamica,
che consente una libertà molto limitata di praticare la loro fede cristiana.
Questo
mi fa ricordare come si è affrontata la situazione in Africa orientale non molti anni
fa. Fino a circa cinquant’anni fa, l’Islam era talmente predominante lungo la costa
orientale dell’Oceano Indiano, da minacciare la fede dei giovani cristiani che provenivano
dalle zone interne del continente alla ricerca di lavoro nelle piantagioni di agave
e negli uffici governativi delle aree costiere. Quel che ha salvato la situazione
nell’Africa orientale è stata la stretta cooperazione tra i missionari cristiani dell’interno
e quelli della costa. I giovani che si spostavano verso la costa ricevevano lettere
di presentazione dai loro missionari indirizzate ai missionari della costa, che accoglievano
i giovani in insediamenti cristiani ufficiali. Lì essi potevano continuare a praticare
liberamente la propria religione. Oggi nessun cristiano della costa dell’Africa
orientale avverte l’obbligo di nascondere la propria identità cristiana, nonostante
il fatto che l’Islam continui a essere la religione della maggioranza della popolazione.
E anche gli insediamenti cristiani separati non sono più necessari. Considerando
la situazione sopra descritta nel Nord Africa e nel Medio Oriente, i metodi di azione
potrebbero essere necessariamente molto differenti. Eppure una collaborazione più
stretta tra la Chiesa sub-Sahariana e la Chiesa nel Nord Africa e nel Medio Oriente
restano e resteranno sempre di importanza fondamentale per la sopravvivenza del Cristianesimo
in entrambi i luoghi. Il SECAM rappresenta un eccellente strumento per tale cooperazione.