Appello dei Padri sinodali in favore dei cristiani in Iraq. Mons. Warduni: a volte
ci sentiamo soli
Al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente è risuonato l’appello in favore dei cristiani
in Iraq, “vittime della guerra, ma non tenuti sufficientemente in considerazione dalla
comunità internazionale”. Secondo mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale
di Babilonia dei Caldei, “per garantire la presenza dei cristiani nel Paese occorre
lavorare di più per costruire la pace e la sicurezza. Inoltre – ha detto – sono di
fondamentale importanza l’unità tra le Chiese del Medio Oriente e il dialogo interreligioso”.
Al microfono di Paolo Ondarza, mons. Warduni spiega le attese dei cristiani
iracheni da queste giornate di lavori in Vaticano.
R. – Ho portato
i saluti dei bambini, dei giovani, delle famiglie irachene che aspettano maggiore
efficacia nel sostenerli perché sì, ringraziamo tutti per le loro preghiere, ma veramente
tante volte abbiamo sentito che siamo soli.
D. – Quando si parla di
Iraq, poco si parla dei cristiani …
R. – Purtroppo è così. Però, noi
in genere parliamo di tutti gli iracheni, perché siamo nella stessa situazione. Il
terrorismo non fa differenza: le autobombe, i kamikaze e i rapimenti delle persone
non sanno se chi colpiscono sia cristiano o musulmano … Però bisogna insistere anche
sui cristiani, perché i cristiani non fanno male a nessuno; i cristiani vogliono vivere
in pace con tutti. Allora, perché fanno questo ai cristiani?
D. – Che
risposta dà a questo essere i cristiani obiettivo dei terroristi?
R.
– Io direi che il fanatismo è il male seminato nei cuori dei terroristi che produce
questo; poi, un po’ c’è anche l’odio contro il cristianesimo, la cattiveria. Perciò
noi preghiamo anche per i terroristi, perché il Signore dia loro la grazia, l’apertura
della mente e del cuore.
D. – Mons. Warduni, i cristiani in Iraq sanno
dello svolgimento di questo Sinodo per il Medio Oriente in Vaticano?
R.
– Certamente. Abbiamo parlato anche con i laici; abbiamo organizzato un incontro con
oltre 200 tra ragazze e ragazzi laici e ne abbiamo parlato, e abbiamo chiesto le loro
preghiere per il buon esito di questo Sinodo.
D. – Una domanda sulla
situazione in generale in Iraq: le notizie adesso sono anche meno frequenti rispetto
a quelle che ci giungevano fino a qualche anno fa. Oggi, a che punto siamo?
R.
– C’è un po’ di miglioramento, ma non è assolutamente sufficiente. Poi, riguardo ai
mass media, direi che veramente non fanno il loro lavoro come dovrebbero, perché quando
ci sono centinaia di morti, allora parlano; se i morti sono soltanto dieci, allora
questo non ha importanza e questo è molto grave. Richiamo quindi la coscienza dei
mass media affinché facciano bene il loro dovere, di portare la verità al mondo, di
mettere concordia fra gli uomini, e questo lo possono fare; dire anche le cose positive
che possono esserci, e quindi seminare la fratellanza e la pace.
D.
– Se dovesse suggerire appunto ai mass media un argomento positivo che riguarda la
situazione in Iraq, che cosa direbbe?
R. – La prima cosa è che i cristiani
ancora resistono, e sono lì e vivono malgrado tutte le difficoltà e anche malgrado
il fatto che tanti abbiano lasciato l’Iraq. La seconda cosa è che le Chiese svolgono
tutte le loro attività nonostante tutte le difficoltà: il catechismo, gli incontri
dei giovani, gli incontri dei cristiani, la celebrazione delle funzioni liturgiche;
e poi, le nostre chiese, le nostre case sono sempre aperte a tutti. Quindi resistiamo
fondandoci sulla Parola del Signore: “Sono con voi fino alla fine del mondo”.