Iran, diffusa la notizia dell'arresto del figlio di Sakineh
Il figlio di Sakineh, il suo avvocato e due reporter tedeschi sarebbero stati arrestati
ieri sera. Lo scrive il sito dell’“International Committee Against Execution”, che
sta seguendo la vicenda della donna iraniana condannata a morte per adulterio e concorso
in omicidio. La notizia è ancora in corso di verifica. Proprio ieri è stata celebrata
la Giornata contro la pena capitale. Nel mondo, la pena di morte è in vigore in 58
Paesi e nel 2009 sono state 5.679 le persone giustiziate. Quali Paesi hanno la maglia
nera? Debora Donnini lo ha chiesto a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty
International:
R. – L’Iran
purtroppo ha una buona posizione insieme all’Iraq e all’Arabia Saudita. Il primato
è sempre della Cina, ormai lo è costantemente. La Cina purtroppo mentre dice che ha
ridotto il numero delle esecuzioni ed è anche in fase di riduzione del numero dei
reati punibili con la pena di morte non fornisce dati e, quindi, possiamo stimare
che siano migliaia ogni anno le esecuzioni, ma il tema della pena di morte rimane
ancora - per quanto riguarda le cifre e altre questioni di procedura, i nomi dei detenuti
condannati a morte - un segreto di Stato in Cina.
D. - Anche negli Stati
Uniti permane la pena capitale…
R. – La Giornata mondiale contro la
pena di morte che si è svolta ieri, domenica, in realtà è il preludio a 40 giorni
di mobilitazione straordinaria che termineranno il 30 novembre con l’iniziativa di
Sant’Egidio “Città per la vita” - alla quale Amnesty International aderisce da anni
- e che hanno al centro della propria tensione, mobilitazione e appelli da sottoscrivere,
gli Stati Uniti. Perché Washington reclama una leadership globale anche nel campo
dei diritti umani e la pena di morte rappresenta un elemento di profonda incoerenza
in questo. Tutte buone ragioni per dire agli Stati Uniti che è giunto il momento di
agganciarsi a questo treno abolizionista, che sta correndo veloce e non si ferma più,
e farlo con gesti concreti: sospendendo le esecuzioni, votando almeno in modo non
negativo le Nazioni Unite quando a dicembre si presenterà la risoluzione sulla moratoria
nei confronti delle esecuzioni.