Un grande evento spirituale e di speranza: le aspettative sul Sinodo del vescovo
William Shomali e del nunzio Antonio Franco
Dopo la Messa solenne di stamani in San Pietro, inizieranno domani mattina i lavori
del Sinodo per il Medio Oriente. Grande l’attesa per questo evento che riunisce 185
Padri sinodali a rappresentanza di 5.5 milioni di cattolici di 16 Paesi, oltre a Gerusalemme
e i Territori Palestinesi. Ma quali frutti attendersi da questo Sinodo? Tracey
McClure lo ha chiesto a mons. William Shomali, vescovo ausiliare del Patriarcato
latino di Gerusalemme:
R.
- Direi che dipende da quanto preghiamo, perché abbiamo bisogno della sapienza dello
Spirito Santo per dire la cosa giusta, al momento giusto e nel posto giusto. Noi sappiamo,
in base all’esperienza, che una verità detta in un tempo non opportuno, può anche
fare del male. Allora io prego il Signore, affinché i nostri vescovi siano anzitutto
ispirati dallo Spirito Santo per dire quello che debbono dire, per dire la verità,
ma con carità perché una verità senza carità non è vera. Quando parleremo di temi
e di relazioni interreligiose, bisogna essere veramente prudenti. Possiamo parlare
del fatto che la comunità cristiana vive male, che è perseguitata, ma questo sarà
controproducente: avremo esattamente il contrario di quello che ci aspettiamo. Possiamo
dire la verità, ma non dobbiamo generalizzare mai. E questo anche quando parliamo
di temi politici, bisogna fare attenzione. La finalità del Sinodo non è politica.
Prima di tutto è spirituale: come consolidare e come fortificare la fede basata sulla
Parola Dio per creare una maggiore comunione e testimonianza. Dobbiamo anzitutto costruire
la fede della comunità cristiana e cercare di migliorare le relazioni di comunione
fra le diverse Chiese: questa è la cosa più importante del Sinodo e dobbiamo lavorare
su questo.
Sulle speranze per il Sinodo ascoltiamo, infine, mons.
Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme
e i Territori palestinesi, sempre al microfono di Tracey McClure:
R.
– Noi siamo credenti e quindi siamo persone che vivono di speranza e di attesa, e
la speranza prima di tutto è teologale; quindi, la speranza nell’azione di Dio che
attraverso gli uomini, le realtà umane nelle situazioni e nelle circostanze concrete,
attua un piano che è sempre un piano di Salvezza, un piano per il bene dell’umanità.
Io sono molto fiducioso che il Signore in questa speciale occasione in cui sono riuniti
i vescovi, i responsabili delle comunità ecclesiali di tutti i Paesi del Medio Oriente,
anche attraverso queste realtà, che avranno tutti i pregi e anche tutti i limiti delle
realtà umane, porterà un nuovo entusiasmo, una nuova forza, nuove motivazioni e ideali
per far progredire la comprensione, il rispetto, l’amore e quindi la pace. Tutto questo
viene dall’Alto: non è che siamo noi che operiamo e compiamo queste trasformazioni.
E’ l’azione di Dio che, attraverso le persone umane, attua il suo piano. Quindi c’è
molta speranza!